Marco Zucchetti, il Giornale 6/8/2010, pagina 7, 6 agosto 2010
Raisi, campione di incoerenza e incornate - Questa è un’impresa impossibile, quasi disperata. Qui si tenta di illustrare il pensiero politico del finiano Enzo Raisi
Raisi, campione di incoerenza e incornate - Questa è un’impresa impossibile, quasi disperata. Qui si tenta di illustrare il pensiero politico del finiano Enzo Raisi. Dove l’ostacolo insormontabile - va da sé - sta nell’accostare il termine «pensiero» a Raisi. Per rinvenirne qualche traccia, si può iniziare dalla puntata di mercoledì di Tg3 Linea Notte . Poca dottrina politica, ma una bella dimostrazione della sua coerenza. In studio si parla della mozione Caliendo e Raisi, ex missino bolognese, spiega la sua «posizione molto chiara e netta »:«Io sono garantista.Il sottosegretario non ha commesso un reato, ma c’è un problema di opportunità politica: frequenta pregiudicati». Marasma, Caliendo telefona e lo sbugiarda, Maurizio Lupi ironizza. E Raisi innesta una retromarcia disastrosa: «Non ho fatto il suo nome, non ho detto che è colpevole lei , non conosco le carte». Verrebbe da dire: perché parla, allora? E soprattutto: perché si astiene sulla sfiducia se non lo considera colpevole? Sono passati venti minuti e Raisi ha già rinnegato se stesso la prima volta. Per gli esegeti del deputato Fli, anche la seconda mezz’ora di trasmissione è illuminante. Si passa a discutere delle vicende immobiliari di Fini a Montecarlo e Raisi si produce in un carpiato da maestro: «Nessun reato, è un problema di opportunità». Momento di silenzio. «Ma è la stessa cosa che dicevi di Caliendo! Per Fini non vale?», gli fa notare Lupi. Raisi tentenna e nel suo accento da Alberto Tomba incravattato, si rinnega di nuovo: «Sono notizie date dal Giornale di famiglia, non significano niente. Figuratevi che una volta ha scritto nello sport “Finiani contro Lippi”». Nuovo, imbarazzato silenzio. Persino la Berlinguer sembra obiettiva:«Sarà,ma dovrebbe chiarire ». E già che ci siamo chiariamo anche noi: di un articolo del genere, sui finiani pro-Cassano e contro Lippi, non c’è traccia. Insomma, archeologi del pensiero: abbiamo qualche schizzo rupestre indicativo di come lavora Raisi. Ma, se si scava più a fondo, reperti di incoerenza vengono alla luce ovunque. Per esempio, a inizio legislatura si trova la sua firma su un ddl per l’abolizione delle Province; peccato che poi si trovi pure il suo volto sui manifesti elettorali come candidato (perdente) del centrodestra a presidente della Provincia di Bologna. Un abolitore di se stesso. Il capitolo bolognese è ricco di perle. Capogruppo Pdl in consiglio provinciale, ha fondato il gruppo alternativo di Futuro e libertà. Senza però dimettersi da coordinatore provinciale pidiellino. In sostanza, il Pdl deve farsi dettare la linea da un diretto avversario. Delirante. Lui, dalla sua, sta ancorato alla poltroncina atteggiandosi a martire. L’aria non ce l’ha neanche un po’, ma millantare epurazioni fa sempre scena. Raisi lo ha capito e non perde occasione per mostrarsi ribelle: «Fini che punta il dito contro Berlusconi è come lo studente cinese che si oppone al carroarmato in piazza Tienanmen ». Guerriero. Tutta questa foga è recente e coincide con il suo nuovo ruolo di prezzemolino tv. Imprenditore con interessi in Spagna, chi lo conosce lo descrive come «un ambizioso che cerca visibilità ad ogni costo». Dopo essere stato consigliere missino e assessore, ha cercato invano di farsi eleggere sindaco di Bologna, anche a costo di mettere i bastoni tra le ruote a Cazzola, che lo ha accusato di fare il doppio gioco. Ma la doppiezza, per i doppiopesisti, è normalità. Raisi criticava il Pdl bolognese che rimproverava a Fini la presentazione del suo libro nelle Coop («Si dovrebbero evitare polemiche pubbliche»), salvo poi andare in tv a fare strame del partito; oppositore a parole della sinistra cofferatiana, ha organizzato cene di inciucio a base di paella; ha promosso il partito unico di centrodestra e ora è protagonista della scissione; ha giurato che non avrebbe lasciato il Pdl dimettendosi dieci ore dopo; parla di legalità e ha rifiutato test anti-droga e impronte ai parlamentari. Ma è sul tema della giustizia che la sua bussola va definitivamente in tilt.«Negli anni ’90 era tra i più forcaioli »,ricordano gli ex Dc.Oggi lo è ancora, nonostante il mantra «io sono garantista». È tanto garantista da aver presentato quattro esposti contro la giunta Errani sconfessando sulla vicenda pure il Cav. Eppure Raisi dovrebbe sapere che la giustizia a volte sbaglia. Era il 1990 e lui, consigliere 28enne, fu accusato da due pentiti di aver fatto parte dei «Nuclei sconvolti» di estrema destra che incendiavano cassonetti. Incriminato per associazione a delinquere, fu prosciolto in due mesi. Era una bufala che avrebbe potuto distruggergli vita e carriera. Così non è stato, ma il rischio - evidentemente - non lo ha reso né più saggio, né più garantista. Insomma, poco pensiero e tante parole. Tante giravolte e la tendenza a sopravvalutarsi. Come quando, per tener testa a dei ladri, finì trascinato per cento metri da un’auto in corsa. O come quando, dopo anni di allenamento da torero dilettante nella sua arena privata in Spagna, ad Albacete, decise di fare il grande passo: affrontò il toro Malachia, 350 kg. Finì con due costole rotte, una gamba schiacciata e un trauma toracico. Una perfetta metafora dell’avventura finiana. Dove- a forza di minacciare con spada e muleta - prima o poi c’è il rischio di finire incornati.