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 2010  agosto 06 Venerdì calendario

La Finanza perquisisce la sede di An a Roma a caccia di documenti - Finanzieri in via della Scrofa, a caccia di documenti relativi al passaggio di pro­prietà dell’appartamento al numero 14 di boulevard Charlotte

La Finanza perquisisce la sede di An a Roma a caccia di documenti - Finanzieri in via della Scrofa, a caccia di documenti relativi al passaggio di pro­prietà dell’appartamento al numero 14 di boulevard Charlotte. I militari, inviati ie­r­i dagli investigatori della Pro­cura di Roma che indagano sulla svendita dell’immobile monegasco che An ereditò dalla nobildonna Anna Ma­ria Colleoni, morta nel 1999, non avrebbero trovato gran­ché negli uffici della sede di An e gli inquirenti hanno quindi disposto una rogato­ria internazionale per chiari­re il pasticcio del quartierino monegasco che ora risulta af­fittato a Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini, presidente della Camera. Il quale Fini ieri è stato laconi­co: «Ben vengano le indagini su tutto ciò che concerne il pa­trimonio di An, anche se la de­nuncia proviene da avversari politici». Forse avversari ora, ma di si­curo compagni di partito al­l’epoca dei fatti. L’inchiesta ­ancora contro ignoti ma non è detto che nei prossimi gior­ni qualche nome non finisca sul registro degli indagati - è stata infatti avviata dai magi­strati di piazzale Clodio dopo la denuncia-querela presen­tata lo scorso 30 luglio «per l’eventuale ipotesi di reato di truffa aggravata» ai carabinie­ri di Monterotondo, alle por­te di Roma, da Roberto Buo­nasorte, 46 anni, e Marco Di Andrea, 47 anni. Si tratta di due esponenti della Destra (il primo è consigliere regionale del Lazio, il secondo consi­gliere comunale di Montero­tondo) già iscritti ad An e che come tali si ritengono dan­neggiati dagli «ignoti autori» della truffa che avrebbero «con artifizi indotto in errore tutti gli attuali partiti e/o mo­vimenti politici, a vario titolo, aventi causa dal disciolto par­tito Alleanza nazionale, al fi­ne di procurarsi o procurare ad altri un ingiusto profitto in danno dei partiti e/o movi­menti politici anzidetti ». Il to­no è burocratico, la sostanza chiara: perché di proprietà che il partito aveva ereditato da una militante animata da una sincera fede politiche be­neficiano parenti del leader del disciolto partito? Nelle dieci pagine della de­nuncia Buonasorte e Di An­drea ricostruiscono tutta la vi­cenda rifacendosi prevalen­temente agli articoli del no­stro giornale, che hanno alle­g­ato alla denuncia assieme al­la copia del testamento olo­grafo della «fu Anna Maria Colleoni». I due parlano di «formidabile coincidenza per la quale il giovane fratello trentatreenne dell’attuale compagna dell’onorevole Gianfranco Fini sia risultato il conduttore da preferire (in termini di pagamento del ca­none locatizio) da parte della finanziaria Timara Ltd», la so­cietà off­shore a cui l’immobi­le è stato ceduto. Insistono sull’«inverosimile circostan­za che quest’ultima società, a compagine anonima, abbia (presumibilmente) pagato somme superiori ai circa due milioni di euro che - stando alla cronaca - sarebbero stati già offerti al partito Alleanza nazionale dai proprietari de­gli­appartamenti finitimi insi­stenti nel medesimo fabbrica­to ». E definiscono «inverosi­mile »anche l’evasività di Do­nato Lamorte, capo della se­greteria di Fini, e di France­sco Pontone, segretario am­ministrativo di An, in merito alla compravendita dell’im­mobile monegasco, di fronte alla necessità per «un’asso­ciazione (Alleanza naziona­le) di rango costituzionale (ar­ticolo 49 della Costituzione) di rendere conto non solo al­la pluralità degli iscritti delle attività patrimoniali da ascri­vere regolarmente a bilan­cio, bensì alla pubblica opi­nione tutta». In un’intervista radiofonica ieri Di Andrea ha peraltro ricordato come nel 1991 presentò con Buonasor­te la contessa Colleoni allo stesso Fini: «Al ristorante La Marini di Monterotondo fa­cemmo una festa perché per la prima volta ottenemmo un consigliere comunale. Appar­tati in una stanzetta, la contes­sa disse a Fini che aveva inten­zione di lasciare i beni ad An per la sua “buona battaglia”. Io credo che gli eredi della contessa potrebbero impu­gnare­questo testamento lad­dove si provasse che non è sta­ta adempiuta la condizione indicata».