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 2010  agosto 06 Venerdì calendario

DUE FONDAZIONI PER DIVIDERSI I BENI

E giunse l’ora di spartirsi i beni. Intanto, è stato messo al lavoro un comitato di giuristi che stabilisca come trasformare l’Associazione che detiene immobili e fondi che furono del Msi e poi di An, in due Fondazioni, una finiana e un’altra degli ex colonnelli di Fini, rimasti nel Pdl. I giuristi incaricati appartengono a quattro principali aree: Fini, Gasparri-La Russa, Alemanno, Matteoli. Aree rappresentate anche nel Comitato dei garanti dell’Associazione: solo che dalla metà del 2008 fino a oggi, il Comitato ha chiuso pigramente un occhio (talvolta due) e ogni decisione veniva presa dal presidente dei garanti, Donato Lamorte, assieme al Comitato di gestione formato da Franco Pontone e Rita Marino, tutti e tre finiani (fin da quando ancora la definizione non esisteva). Nel Comitato di gestione c’è anche Giovani Catanzaro (vicino a La Russa), che però dice: «Non so nulla di quello che è successo».
Adesso che i finiani hanno riformato un nucleo a sé, gli ex di An rimasti nel Pdl non vogliono vedersi sfuggire i frutti di una lotta politica, di un’organizzazione comune durata trent’ anni. «Se qualcuno si sentiva padrone dei beni di An, non è più così — dice Maurizio Gasparri —. Non finisce qui...». Gasparri è «dispiaciuto» per la storia della casa a Montecarlo, che dal patrimonio di An finisce in affitto al fratello della compagna di Fini: «Spero che le notizie non siano vere. Ma non si può stropicciare un patrimonio. Non è come una piramide eretta a un faraone...». E il ministro Altero Matteoli ieri ha detto al Corriere: «Il patrimonio, magari, verrà diviso in due fondazioni...».
Dunque, i giuristi sono al lavoro per arrivare alle due Fondazioni. Ma — racconta Roberto Petri, capo della segreteria di La Russa alla Difesa e segretario del Comitato dei garanti — c’è anche un tecnico incaricato di una ricognizione del patrimonio immobiliare di proprietà ex An e c’è una società di revisione applicata a rivedere i conti del Secolo d’Italia. Secondo Gasparri, «non possiamo continuare a finanziare con i soldi di tutti un quotidiano diventato solo di alcuni». Di Fini e dei suoi, vuol dire.
Ma di quale patrimonio stiamo trattando? Per cominciare, circa 100 beni immobili. L’«ammiraglia» è il palazzo di tre piani di via della Scrofa, già sede nazionale del Msi e di An. Poi, il palazzo di via Mancini a Milano ed ex sedi a Venezia, a La Spezia, 600 metri quadrati a Ravenna, e così in tutta Italia. Valore stimato, fra i 300 e i 400 milioni. Tutti gli immobili sono in due società, Immobiliare srl e Nuova Mancini, amministrate in esclusiva da Lamorte. Alcune ex sedi sono affittate al Pdl, con sconti medi del 30 per cento. Poi, c’è il denaro contante, circa 90 milioni di euro al momento, se consideriamo gli ultimi rimborsi elettorali, quelli per l’anno 2010 della legislatura 2006-2011. Perché i rimborsi arrivano ai partiti anche per le legislature interrotte: allora An si presentava da sola e così riceverà, fino all’anno prossimo, circa 12 milioni l’anno. E ci sono i rimborsi per l’attuale legislatura, che vanno al Pdl ma, in base agli accordi Fini-Berlusconi, sono stati spartiti: 25% ad An, 75 a Forza Italia. Adesso andrà stabilita una sottospartizione fra finiani e non finiani: in Parlamento, i primi sono un terzo, gli altri due terzi.
Da questa cassa liquida l’Associazione di An ha preso i soldi per ripianare i bilanci del Secolo d’Italia: venivano dati 900 mila euro l’anno, bloccati in questi giorni dall’intervento dei garanti non finiani (6 su 9). È stata anche criticata un’operazione di «cartolarizzazione» per ottenere dalle banche 155 milioni di euro per tutto il Pdl, come anticipo dei rimborsi elettorali. L’Associazione An ha pagato un interesse alle banche del 6 per cento, ma con la sua liquidità si sarebbe forse potuta permettere l’1 per cento. Inoltre — sostengono alcuni garanti — i 90 milioni di liquidità potrebbero essere messi molto meglio a frutto.
La storia di Montecarlo, ormai, cambierà ogni cosa.