Michele Serra, la Repubblica 5/8/2010, 5 agosto 2010
CORSIVI
Fermato su una motocicletta che guidava senza patente, in canottiera, nell´afa collosa della Milano d´agosto, Fabrizio Corona ci fa venire in mente, piuttosto che la lussuria sibarita nella quale lo colloca la leggenda gossipara, certe scenette popolari dell´Italia di una volta, con i guaglioni che finiscono nei pasticci perché non mettono giudizio. Cose da Maurizio Arena più che da James Dean, con dialoghi da Un giorno in Pretura, e la moto intestata "a un amico ecuadoriano" anziché a un cugino di Frosinone perché nel frattempo l´arte di arrangiarsi si è globalizzata.
Dev´essere una notevole fatica ammantare da "vita spericolata" un´esistenza tribolata come la sua, piena di inciampi giudiziari spesso ambientati per strada tra passanti incuriositi che dicono la loro, e di rotture di scatole fiscali, e di malinconiche carte bollate. Doversela vedere con una vigilessa (mica con il commissario Maigret), chiamare in soccorso un gestore di autoscuola che arriva trafelato a garantire, mancano solo le massaie alla finestra che strillano di lasciarlo stare, che in fondo è un bravo ragazzo. Anche nella cosiddetta trasgressione, noi italiani fatichiamo molto a essere credibili.