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 2010  agosto 05 Giovedì calendario

Spaghetti, business e tanti segreti l’altra vita di Ventura in Argentina - Una persona dura e capricciosa, un carattere difficile

Spaghetti, business e tanti segreti l’altra vita di Ventura in Argentina - Una persona dura e capricciosa, un carattere difficile. Non ha mai parlato del suo passato; secondo me neanche alla moglie ha detto la verità». Deni de Biaggi, classe 1948, veneto emigrato in Argentina giovanissimo, è stato per molto tempo amico, socio e braccio destro di Giovanni Ventura, morto lunedì a Buenos Aires a 65 anni. Da due anni non lo vedeva né parlava con lui. «La malattia, distrofia muscolare, l’ha segnato, ho saputo della morte dai giornali». Di Biaggi parla del Ventura argentino, del filosofo appassionato di cucina veneta, affabile con i clienti e commensali di Filo, uno dei ristoranti con la miglior cucina italiana di Buenos Aires, che insieme hanno gestito fino al 2008. Il Ventura del silenzio assoluto, mai una parola su piazza Fontana, sulla stagione delle stragi, sui morti, i mandanti, i complici. «Ogni tanto gli chiedevo perché non si decideva a parlare, ma lui mi chiudeva subito la bocca, argomento proibito, si cambiava subito discorso». Misterioso, come la prima parte della sua vita argentina. Ci arriva nel 1978, in fuga dall’Italia, viene arrestato e sconta parte della condanna per gli attentati anteriori a piazza Fontana. C’è la dittatura, in Sud America trovano rifugi anche altri terroristi di destra come Stefano Delle Chiaie, in Bolivia. Si tenta in segreto uno scambio fra lui e Mario Firmenich, leader del gruppo guerrigliero Montoneros in esilio a Roma ma non se ne fa nulla. Si parla, sono mille i rumori che circondano la sua biografia, di un intervento a suo favore della Chiesa e della P2. Nel 1983 cade la dittatura, lui è un uomo libero anche perché non c’è l’estradizione. Si avvicina ai radicali, partito di centrosinistra al potere con Raúl Alfonsín. Diventa amico di Enrique Coti Nosiglia, operatore dietro le quinte del governo, frequenta assiduamente la libreria Gandhi, circolo intellettuale di Buenos Aires. La democrazia argentina è fragile, Alfonsín deve sedare un paio di rivolte militari. Ventura si avvicina al Mpt (Movimento Patria para Todos), gruppo guerrigliero protagonista, senza di lui, di un maldestro assalto a una caserma nel 1989; una soffiata avvisa i militari che sorprendono i ribelli con i fucili puntati. Pochi mesi dopo arriva al potere il peronista di destra Carlos Menem. Ventura fonda Filo, ristorante italiano con spaghetti al dente e pizza, impossibili da trovare a Buenos Aires. E’ un locale alla moda, ci vanno i big della politica e dello spettacolo, ai tavoli con le tovaglie nere e gialle passano i Rolling Stones, Madonna, Francis Ford Coppola. Deni gestisce i conti, Giovanni intrattiene i clienti parlando un po’ di tutto ma evitando qualsiasi riferimento agli anni di piombo. Al piano di sotto viene allestita una galleria d’arte, lui si incarica dell’impresa di catering e prende in gestione il ristorante del Circolo Italiano, club degli emigranti d’élite. «Non è mai stato - confessa Di Biaggi - un socio facile, da buon veneto si arrabbiava molto quando credeva di aver ragione. Era amico dei socialisti argentini, ma una volta mi sorprese perché prese le difese di Bush sulla guerra in Iraq». Viene interrogato da magistrati italiani che cercano, invano, di farlo parlare. «Mi diceva - spiega l’amico -: passami a prendere fra mezz’ora, tanto non ho nulla da dire». Viene tirato in ballo nel 2004, quando un attentato fa saltare in aria a Buenos Aires l’edificio dell’associazione mutualistica ebraica, causando 85 vittime. «Era il sospettato di sempre - ricorda de Biaggi -, lo interrogarono degli agenti del Mossad in cerca di connessioni internazionali ma non trovarono nulla». Inizia a viaggiare in Veneto per trovare la sorella e il nipote. «L’Italia di oggi è cambiata, non la riconosco più», spiega nell’unica intervista qualche anno fa. Avvia un’attività per l’esportazione di cuoio delle Pampas e si sposa con Sandra, una ragazza argentina, da cui ha un figlio. Sei anni fa gli viene diagnosticata la malattia. Va al Filo fino a quando può camminare, aiutato da un bastone, poi vende la sua parte e si ritira. Gli ultimi due anni li passa bloccato a letto. Nessun segno di pentimento, nessun rimorso, persino la morte viene tenuta, per un giorno, nascosta.