FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 5/8/2010, pagina 4, 5 agosto 2010
Ex An, tregua armata per l’eredità del partito - È tregua armata manco fosse il confine tra Libano e Israele, dentro quel che resta di Alleanza nazionale, ovvero il Comitato dei Garanti, nove in tutto, che dovranno traghettare patrimonio immobiliare, cassaforte e giornale dal vecchio partito alla futura fondazione
Ex An, tregua armata per l’eredità del partito - È tregua armata manco fosse il confine tra Libano e Israele, dentro quel che resta di Alleanza nazionale, ovvero il Comitato dei Garanti, nove in tutto, che dovranno traghettare patrimonio immobiliare, cassaforte e giornale dal vecchio partito alla futura fondazione. I nove si sono visti ieri e alla fine di una tesa riunione hanno deciso di congelare ogni decisione per un mese; se ne parlerà il 21 settembre di fare qualsiasi scelta. Nel frattempo, però, sono state legate le mani al tesoriere, il senatore Nicola Pontone, presidente del Comitato di Gestione, che non potrà adottare alcuna decisione di carattere straordinario. E quindi sì al pagamento degli stipendi, delle bollette, di qualche spesuccia inaspettata (ma nel limite di cinquemila euro); no a stanziamenti per il «Secolo d’Italia», che pure boccheggia, ma ha la colpa di essere divenuto l’organo personale di Gianfranco Fini, e tanto meno si potrà vendere qualsiasi immobile. Ancora scotta la storia dell’appartamento di Montecarlo, svenduto a una società off-shore e misteriosamente finito in affitto a Giancarlo Tulliani, genero del presidente della Camera. E’ la battaglia forse più aspra, quella che si combatte attorno al patrimonio di An ora che i finiani hanno dato vita a un loro gruppo parlamentare autonomo e preparano un partito. Patrimonio di idee, certo. Di voti, elettori, storie. Ma anche patrimonio economico non indifferente. Le case sono un’ottantina di appartamenti nei diversi capoluoghi di provincia, già sedi delle direzioni provinciali, più gli uffici di via della Scrofa dove c’era la direzione nazionale del Msi, poi An. Valore stimato di questi immobili, circa 300 milioni di euro. E poi c’è lo storico giornale: redazione, macchinari, giornalisti. Infine la liquidità: avendo accumulato diversi rimborsi elettorali, e senza quasi spese, la cassaforte contiene circa 100 milioni di euro e un’altra dozzina è in arrivo. Ecco, se questa è la ricchezza in gioco, è chiaro che fa gola a tutti. A chi deve costruire un partito ex-novo e a chi invece vorrebbe impedirglielo. La soluzione trovata ieri, dopo due giorni di discussioni, «non piane», dice uno dei partecipanti, è congelare tutto per almeno un mese. E poi si vedrà. A settembre si deciderà a quale importante società di revisione dare incarico di rivedere i conti del «Secolo d’Italia». Quando si è accennato alla questione, in una delle precedenti riunioni, l’amministratore del giornale, Marino, finiano doc, s’è molto arrabbiato. Ma una revisione a questo punto la vogliono gli antifiniani. E sono in maggioranza dentro il Comitato dei Garanti. Bloccata la via anche a qualsiasi aiuto economico sottobanco al giornale. «E’ attività straordinaria e non ordinaria. Non si può», è stato letteralmente scritto nel documento finale della riunione di ieri. E se il giornale si trovasse in difficoltà, amen. Non è passata, invece, e sarebbe stata la definitiva umiliazione per il senatore Pontone, la proposta di far condividere a tutto il Comitato di Gestione (composto da lui e da due funzionari) ogni delibera di spesa, anche quelle minute. Così i Garanti di area Pdl a questo punto si sentono più tranquilli. «La situazione dovrebbe essere blindata», dicono. Quanto al futuro, si vedrà. La Fondazione resta scritta nei deliberati del congresso e a parole è nei desideri degli uni e degli altri. Ma quale Fondazione è la vera partita. Perché se a via della Srofa si dovesse insediare una sorta di «Generazione Italia» allora Fini avrebbe vinto la sua partita. Se fosse una sorta di «Fondazione Sturzo» avrebbero vinto gli altri.