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 2010  agosto 05 Giovedì calendario

L’HARLEY DAVIDSON SCAPPA DA CASA

Milwaukee rischia di perdere la sua icona per eccellenza: la motocicletta Harley-Davidson. L’amministratore delegato della società americana, Keith Wandell, ha fatto sapere che l’azienda deciderà entro i prossimi due mesi se lasciare la città o meno. I dirigenti Harley hanno già visitato altri Stati, ma Wandell non ha voluto precisare quali. Sono 1.630 i lavoratori a rischio a Milwaukee e quasi tutti potrebbero rimanere senza lavoro se per abbattere il costo del lavoro la fabbrica dovesse trasferire la produzione. Già nell’aprile scorso i manager della Harley-Davidson avevano avvisato i dipendenti del possibile trasferimento delle attività industriali. Quello che è certo è che il quartier generale dell’azienda rimarrebbe comunque nella città del Wisconsin, ma si tratta di una magra consolazione per i suoi cittadini. E poi per la cittadina del Wisconsin non sarebbe il primo addio traumatico. Nel 2008 il colosso della birra, Miller Brewing, ha infatti trasferito a Chicago il suo quartier generale, dopo la fusione con Molson Coors Brewing. Anche la Schlitz, che un tempo si presentava come “la birra che ha reso famosa Milwaukee”, è stata costretta a vendere tutto a una società di Detroit già alla fine degli anni ’80.
UTILI TRIPLICATI
E dire che quest’anno le cose non sembrano andar male per la casa motociclistica che ha servito l’esercito americano in due guerre e che è diventata l’icona cinematografica di centinaia di attori e gente comune. Lo scorso 20 luglio l’azienda ha annunciato che, nel secondo trimestre il fatturato è triplicato grazie soprattutto alla ripresa delle vendite, mentre la divisione finanziaria è rimasta in
attivo. Il periodo aprile-giugno si è chiuso, sul fronte dei conti societari, con un risultato netto di bilancio da 71,2 milioni di dollari, a fronte di 19,8 milioni registrati giusto un anno prima. Resta quindi sostanzialmente stabile il fatturato complessivo del gruppo a 1,14 miliardi. Superando anche le attese degli analisti (41 cents per azione) con utili a 59 cents per azione.
TUTTI IN INDIA
Ciò che temono i lavoratori dello stabilimento sorto in un capanno di legno nel 1903, è che l’azienda voglia cogliere l’occasione delle difficoltà economiche attuali, per delocalizzare la produzione, non solo in un altro stato americano, ma magari anche all’estero.
Un timore confermato dall’apertura ad inizio luglio la prima succursale in India, con l’intenzione di aprirne altre in uno dei Paesi piú trafficati del mondo. «Speriamo di dare inizio a una nuova era per la motocicletta», ha affermato Anoop Prakash, direttore esecutivo di Harley-Davidson India.
Il mitico marchio americano ha aperto il primo centro a Hyderabad, nel sud, e spera di aprire altre concessionarie entro la fine dell’anno, anche a Nuova Delhi o a Bombay.
L’India, del resto, è il secondo mercato mondiale di moto, ma si tratta soprattutto di ciclomotori di piccole dimensioni ed economiche, concepite per infilarsi nelle vie intasate delle grandi città. Sono attualmente 12 i modelli Harley-Davidson in vendita in India, per un prezzo base di 695.000 rupie (11.780 euro) fino a 3,5 milioni di rupie. Tanti tantissimi soldi per i redditi medi del Paese asiatico, salvo ricordare che l’India ha circa 100 mila nuovi ricchi che vogliono consumare occidentale per farne uno status symbol.
Attualmente le motociclette americane sono fabbricate negli Stati Uniti, e poi le moto vengono importate in India dove i dazi doganali sono molto onerosi. E proprio queste barriere potrebbero convincere i dirigenti di Milwaukee a posizionarsi su un mercato promettente come quello indiano. Magari procedendo a piccoli passi.