Massimo Gaggi, Corriere della Sera 5/8/2010, 5 agosto 2010
BARNES
& NOBLE IN VENDITA ULTIMA VITTIMA DEL LIBRO DIGITALE
La «giant big box», il grande «superstore» dei libri col quale Leonard Riggio ha trasformato Barnes & Noble nella forza dominante del mercato della lettura, spazzando via gran parte delle librerie indipendenti d’America, non è più una corazzata invincibile. Anzi, è un vascello con le stive già invase dall’acqua che rischia di essere affondato dall’ebook. dal nostro inviato
L’uomo che ha inventato un nuovo modo di vendere i libri e che è riuscito a trasformare il negozio della Quinta Strada di New York, acquistato nel 1971, in una catena di 720 supermercati della carta stampata sparsi in tutti i 50 Stati americani (più altri 600 negozi «tradizionali»), non si è fatto certo cogliere di sorpresa dalla rivoluzione digitale: è dal 1999 che dichiara in convegni e interviste che «entro un decennio l’elettronica rivoluzionerà l’editoria, i business concepiti prima del 1997, nel 2010 saranno dei fossili».
Riggio si è preparato per tempo: vendendo volumi online, trasformando i negozi di Barnes & Noble in luoghi in cui ci si incontra e si possono acquistare anche oggetti diversi dai libri. E poi ha cominciato a investire massicciamente (ma in ritardo, dice qualcuno) nel settore dei libri elettronici, vendendo ai suoi clienti il Nook: il suo e-reader, alternativo al Kindle di Amazon e all’iPad di Apple.
Ma competere coi due giganti della tecnologia non è facile, anche se il Nook utilizza l’avanzatissima piattaforma Android di Google: B&N è stata costretta comunque a inseguire e a effettuare massicci investimenti proprio mentre la diffusione dell’ebook, che sta procedendo più rapidamente del previsto, erode le vendite dei volumi tradizionali. Insomma, più spese, meno entrate e conti in rosso.
Ne approfitta il miliardario californiano Ronald Burkle, un amico personale di Bill Clinton fin qui noto soprattutto come proprietario dei Pittsburgh Pinguins (hockey su ghiaccio) e comproprietario di Whole Foods (i supermercati dei cibi biologici). Burkle, che già possiede circa il 20 per cento di B&N (contro il 31 per cento della famiglia Riggio), ha deciso di lanciare l’attacco, cercando di salire al 37 per cento: vuole prendere il controllo della società, vendere o chiudere buona parte delle librerie e concentrarsi sul business del libro digitale.
Leonard, un figlio di Bensonhurst, il distretto italoamericano di Brooklyn, non è tipo da mollare facilmente la presa: i geni del combattente li ha ereditati dal padre, un pugile che per due volte sconfisse il leggendario Rocky Graziano, prima di finire a fare il tassista. Così ha deciso di difendere con tutti i mezzi la sua posizione di controllo nel gruppo librario. E ha scagliato contro il suo avversario una cosiddetta «pillola avvelenata»: un meccanismo che consente a una società sotto attacco di diluire il capitale.
Burkle ha fatto ricorso in tribunale contro questa poison pill che, in pratica, alza l’asticella che lo scalatore deve superare per ottenere il controllo dell’azienda. Il giudice non si è ancora pronunciato, ma ieri il vecchio Leonard, avendo capito che, a parte Burkle, sta crescendo il malumore di tutto l’azionariato per le perdite che si sono accumulate, ha deciso a sorpresa di rompere l’assedio mettendo in vendita la società.
Il proprietario della maggiore catena di librerie del mondo che lascia con un palmo di naso il suo nemico mortale, ma getta comunque la spugna? Probabilmente non è così: sono in molti a pensare che una cordata di imprenditori guidati dallo stesso Riggio potrebbe rilevare la società, toglierla dal listino azionario e a quel punto, con le mani più libere, avviare una rapida ristrutturazione.
Operazione non impossibile, ma di certo non facile: Riggio sa che il futuro è del libro elettronico, ma è anche convinto che i negozi tradizionali, riveduti e corretti, continueranno ad avere un loro ruolo, che non è necessario chiudere molti punti vendita.
La storia, fin qui, gli ha dato ragione: è stato lui, negli scorsi decenni, che ha trasformato la libreria da cattedrale austera che intimoriva i possibili clienti, che sembrava riservata a una ristretta élite, nel luogo della cultura popolare, dove c’è uno spazio per i giochi dei bimbi, per prendere il caffè e il gelato, dove ci si può sedere per terra, sfogliare e leggere a volontà.
Una rivoluzione che si materializza negli anni Ottanta con la crescita ruggente e controversa del business di Riggio: gli altri librai lo attaccano, sospettando che la sua ascesa, alimentata anche dai forti sconti praticati su molti bestseller, sia il frutto di accordi «sottobanco» con gli editori. Leonard nega e intanto fa strage: conquista la catena delle librerie Dalton, finanziando la scalata con i junk bond della Drexel del finanziere d’assalto Mike Milken. Poco dopo la banca fallirà e Milken finirà in galera, ma il business di Barnes & Noble non ne risente e, anzi, il gruppo conquista anche le librerie Scribner’s e Doubleday.
Dieci anni fa quella di Riggio sembrava una macchina inarrestabile: semimonopolista dei libri e con la capacità di entrare anche in nuovi business come la distribuzione dei videogiochi. I videogame, un’attività in piena crescita intercettata con grande tempismo e poi separata in un’altra società. Quella della catena di negozi GameStop. Un altro successo commerciale di un imprenditore che non ha mai avuto l’ambizione di presentarsi come un operatore culturale: «La vita mi ha portato a vendere libri, ma sono entrato in questo affare con lo stesso spirito con il quale avrei potuto vendere utensili». Fatto sta che, nel momento del suo massimo splendore, Barnes & Noble realizza vendite per 4 miliardi e mezzo di dollari, mentre la Borsa attribuisce alla società un valore di 2,2 miliardi. Amazon, fortezza dell’editoria online, in quel momento capitalizza 3,6 miliardi di dollari.
Impressionante il cambiamento a pochi anni di distanza: sull’onda del successo di Kindle, Amazon oggi vale ben 55 miliardi, mentre Barnes & Noble, dopo un lungo, lento declino che è diventato precipitoso nei mesi scorsi (il 7 per cento perso in una sola settimana di luglio) è scesa a 800 milioni di dollari di capitalizzazione, nonostante l’impennata (più 20 per cento) registrata ieri dopo la notizia della messa in vendita della società.
Cosa significa questa girandola di numeri per il business delle librerie? Se la spunterà Riggio, probabilmente non ci saranno molte chiusure, ma certo delle vecchie librerie romantiche, quelle piene di cunicoli col parquet di legno scuro, ne sopravviveranno ben poche. Per avere un’idea del bookshop Usa del XXI secolo — non molto diverso dai nuovi supermercati librari italiani tipo Fnac — bisogna scendere nel nuovissimo store aperto da Barnes & Noble nell’Upper East Side di Manhattan: tre piani nel sottosuolo di un nuovo edificio dell’86ª Strada. Una specie di luminosissimo anfiteatro sotterraneo, nel quale metà dello spazio è riservato ai libri mentre nell’altra metà, a parte cafeteria e tavola calda, si vendono articoli di cancelleria e coperte per neonati, cioccolateria di Godiva e giochi per adulti (tipo Risiko), gadget elettronici e un’intera collezione di orologi «Art Déco».