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 2010  agosto 05 Giovedì calendario

LE CREPE DI UNA MALLAHCRAZIA INOSSIDABILE

«Agenti al soldo degli stra­nieri », «controrivoluzio­nari », «nemici di Dio», «corrotti sulla terra». Sono questi i ter­mini con cui il governo iraniano de­finisce abitualmente i propri conte­statori.
In verità, l’opposizione iraniana è molto articolata e spazia da quella che non mette in discussione – almeno ad alta voce – legittimità della Repubbli­ca islamica, a quella monarchica, au­tonomista o armata, che contestano invece i pilastri stessi del regime.

L’«Onda verde»
L’opposizione riformista «Onda ver­de », come è stata chiamata l’orga­nizzazione perlopiù spontanea dei contestatori del presidente Ahmadi­nejad, è guidata da Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi, entrambi candidati alle ultime elezioni. È considerata l’erede politico dell’al­leanza del “2 Khordad” che riuniva, ai tempi del presidente Mohammed Khatami, 18 formazioni riformiste.
«Onda verde» non ha mai preso par­te ad azioni di violenza contro il re­gime, a parte gli scontri occorsi du­rante le proteste di piazza scoppiate dopo la contestata rielezione di Ah­madinejad, al prezzo di alcune deci­ne di morti, migliaia di arresti, al­meno due impiccagioni e parecchie condanne. Proprio dieci giorni fa, i giudici d’appello iraniani hanno confermato le sentenze emesse dal­le Corti rivoluzionarie contro alcuni leader dell’opposizione. Nove anni e sei mesi di reclusione sono stati in­flitti a Bahareh Hedayat, una diri­gente dell’organizzazione studente­sca Tahkim Vahdat.

I seguaci di Montazeri
Un impressionante ritorno in piazza di «Onda verde» si è verificato nel dicembre scorso, in occasione dei funerali dell’autorevole ayatollah dissidente Hussein Ali Montazeri.
Non era possibile prevedere che la cerimonia prendesse una piega po­litica del genere, con gente che gri­dava «Morte al dittatore!» in una città conservatrice come Qom, po­polata per la maggioranza di chieri­ci e studenti religiosi. Alcuni siti web hanno anche riportato di scon­tri avvenuti tra la folla e i membri della milizia filo-governativa Basij.
Un’altra occasione si è presentata lo scorso febbraio, alla ricorrenza del 31esimo anniversario della Rivolu­zione islamica, quando Khatami e Karrubi sono stati aggrediti dal ser­vizio d’ordine per impedire loro di prendere la parola davanti ai propri sostenitori.

I Mojahedin-e Khalq
Ma i nemici giurati del regime ira­niano rimangono quelli votati alla lotta armata. Tra questi spiccano i Mojahedin-e Khalq, ossia i Combat­tenti del popolo (Mko). Il movimen­to, fondato nel 1981 da Massoud Rajavi, disponeva fino alla scorsa e­state di un vero e proprio esercito e­quipaggiato con carri armati, stan­ziato perlopiù in Iraq, nella base di Ashraf, 80 chilometri ad ovest dalla frontiera iraniana, chiusa con la for­za dal governo iracheno. Il ’parla­mento’ in esilio del Mko ha eletto la moglie di Rajavi, Maryam, come presidente dell’Iran per il periodo transitorio che dovrà seguire l’ab­battimento del regime degli ayatol­lah. Il 30 agosto 1981, è stato un membro infiltrato del gruppo a piazzare la bomba che ha ucciso l’allora presidente della Repubblica Mohammad Ali Rajai e suo primo ministro Mohammed Bahonar. Por­ta la firma del Mko anche l’assassi­nio dell’ayatollah Ashrafi Isfahani, stretto collaboratore di Khomeini, e del gene­rale Ali Sayyad Shira­zi, “numero due” dell’esercito irania­no. L’ultima azio­ne spettacolare del Mko risale al 2000 quando ha lanciato colpi di mortaio contro luoghi simbolo del regime, come il palazzo presi­denziale e una base dei Pasda­ran.

Il Baluchistan
Un’altra organizza­zione armata è quella dei Jundullah (Soldati di Dio), un gruppo se­paratista sunnita del Baluchistan iraniano, nel sudest del Paese, che negli ultimi anni ha messo a segno diversi at­tacchi e rapimenti di solda­ti iraniani, ma anche attentati terroristici contro moschee sciite. Nel dicembre 2005 Jundullah ha tentato addirittura di uccidere Ah­madinejad mentre era in visita nella provincia. Tre anni dopo il movi­mento perpetra il primo dei suoi at­tacchi suicidi, nella città di Caravan, presso il Quartier generale locale delle forze di sicurezza iraniane.
Ma l’attentato più grave Jundullah lo ha compiuto il 18 ottobre scorso quando con un attacco suicida ha ucciso 42 persone, tra cui 6 ufficiali dei Pasda­ran. Attacchi deva­stanti per Teheran che ha risposto con l’impicca­gione di molti membri del gruppo e la cattura del suo capo Ab­dulmalik Rigi.