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 2010  agosto 05 Giovedì calendario

L’ex An sbugiarda i tesorieri: «Ecco la verità su Montecarlo» - A pensar male si fa pecca­to

L’ex An sbugiarda i tesorieri: «Ecco la verità su Montecarlo» - A pensar male si fa pecca­to. Dunque lo diciamo subito: su questa storia di Montecarlo riconosciamo i nostri peccati. Perché intorno alla vicenda dell’appartamento donato dalla contessa Colleoni ad An, venduto a prezzi stracciati a società off-shore dei Caraibi e poi affittato al «cognato» di Fi­ni, i buchi neri si sprecano, le versioni date e smentite pure, le coincidenze inquietanti si autoalimentano di pari passo a nuove rivelazioni shock pro­venienti da documenti segre­tati nei paradisi fiscali dove An sentì il bisogno di rivolger­si per alienare il bene di una vecchietta simpatizzante fin dai tempi del Msi. E certo non contribuiscono a fare chiarez­za i silenzi di Fini e dei familia­ri acquisiti, oltreché degli am­ministratori del patrimonio di An, Donato Lamorte e France­sco Pontone, finiani di ferro, che ancora ieri hanno fornito versioni che oltre a fare a caz­zotti con le loro stesse (prece­denti) dichiarazioni, divergo­no clamorosamente con quel­le di alcuni testimoni diretti dell’ affaire immobiliare nel Principato. Lamorte prima aveva detto di non saperne nulla dell’im­mobile, e di rivolgersi a Ponto­ne. Poi s’è ricordato d’aver vi­sto l’appartamento nel 2008, e che era fatiscente. Ma sbaglia­va data, e la sbagliava di ben otto anni perché nel 2000, ap­pena deceduta la contessa, con altri esponenti di An andò a prendere possesso dell’ap­partamento in Boulevard Charlotte 14, parlando con gli inquilini e con coloro che era­no, già allora,interessati a met­tere le mani sull’immobile. Og­gi Donato Lamorte e France­sco Pontone vanno pericolosa­mente oltre l’evidenza. Il pri­mo, al Fatto Quotidiano , dice due cose:che siccome l’appar­tamento era fatiscente «più della cifra che ci abbiamo tira­to fuori, 300mila euro, di certo non poteva valere»; e che non sa com’è stata scelta la società ( off-shore ) che ha acquistato l’immobile di Montecarlo po­sto che «di solito prendevamo chi offriva di più». Il secondo, al Corriere della Sera , di cose curiose ne dice parecchie: che «l’appartamento costava tan­to al partito di condominio», che «ordinammo una perizia e il valore indicato era 300mila euro», e che «prima di quel giorno (della vendita, ndr ) non ci erano arrivate offerte milionarie. Trovatemi le rac­comandate: io non ne ho vi­ste, vi assicuro». Tralasciando i passaggi in cui Lamorte non spiega asso­lutamente i motivi che porta­rono lui ed An a scegliere co­me acquirente una società off­shore nel paradiso fiscale di Santa Lucia, la risposta data al perché proprio l’inquilino-co­gna­to del suo presidente è riu­scito ad occupare quell’appar­tamento, è un capolavoro: «Ma chi è Tulliani? Per me re­sta un estraneo, io ho scoperto solo un paio di mesi fa che quello era il cognome della si­gnora Elisabetta (al Giornale , il 29 luglio, sapendo chi era Tulliani era invece caduto dal­le nuvole: «Tulliani? E chi Tul­liani? Mai sentito questo co­gnome, non mi dice niente»). Pontone, ovviamente, non entra nel merito della cono­scenza, da parte di Fini, della vendita dell’appartamento di Montecarlo che finirà nella di­sponibilità del fratello della sua compagna. Eppure il suo collega Lamorte ripetutamen­te lo fa presente sui giornali. Ancora ieri sul Fatto : «Chi de­cideva la vendita degli immo­bili era il senatore Pontone di concerto con il presidente di An, Fini (...) Immagino che Pontone lo avesse messo (a Fi­ni, ndr ) a conoscenza della vendita»). E prim’ancora, per la proprietà transitiva, sul Cor­riere del primo agosto: «Non me ne intendo di queste cose, quando Almirante mi diceva firma, io firmavo». A smentire definitivamente Pontone e Lamorte, oltre a uno degli aspiranti acquirenti che intervistiamo in queste pa­gine e che ha invano offerto al partito, ripetutamente, oltre un milione di euro per una ca­sa poi rivenduta a un quarto del valore, ci pensa un parla­mentare del Pdl, che fu prota­gonista diretto della gestione dell’appartamento di Monte­carlo. Antonio Caruso, garan­te del comitato di gestione del patrimonio di An, è preciso coi ricordi, analitico nei detta­gli, sconcertato da quel che sta leggendo sul Giornale : «Ho trattato la vicenda dell’appar­tamento di Montecarlo, ho se­guito le vicende personali po­stume della contessa, ma a dif­ferenza della comitiva di An che andò in gita per vedere l’appartamento della Colleo­ni, io mi mossi da solo. Presi contatto con il nostro ufficio consolare a Montecarlo per farmi accreditare presso un notaio monegasco che mi des­se assistenza su questo appar­tamento. Mi fu consigliato il notaio Aureglia. Andai dal no­taio che mi diede consigli su come fare dal punto di vista fi­scale e giuridico, in osservan­za delle leggi locali. In quell’oc­casione poi incontrai anche al­tre persone collegate all’im­mobile di Boulevard Princes­se Charlotte 14 ( l’amministra­tore del condominio, l’archi­tetto e altri). Dopo qualche me­se, prima dell’entrata in vigo­re dell’euro, dunque entro il 2001, venni contattato da una persona che facendo riferi­mento all’incontro dal notaio mi disse che c’erano più sog­getti interessati all’acquisto dell’immobile e che offrivano fino a 6 milioni e mezzo di fran­chi francesi, pari a due miliar­di di lire dell’epoca. Cifra trat­tabile, aggiunsero. Risposi lo­ro – continua Caruso- che ave­vo esaurito il mio compito, non mi occupavo più della vi­cenda dell’appartamento ma che avrei comunque chiesto a Roma». A chi si rivolse Caruso? A co­lui che sul Corriere ieri ha giu­rato di non aver mai ricevuto una proposta d’acquisto: «Ho chiamato subito il senatore Pontone – prosegue Caruso ­l’ho messo al corrente della ri­chiesta d’acquisto, ma lui ri­spose che i tempi ancora non erano maturi e che per il mo­mento non se ne faceva nien­te ». Ricorda male Pontone? «No, non è un problema di me­moria. Qui i problemi sono evi­dentemente altri. Poco prima che il Giornale iniziasse que­sta inchiesta noi garanti aveva iniziato ad affrontare spinose questioni interne al partito. Dal mio punto di vista quanto sta emergendo mi inquieta, mi sconvolge, mi rende pro­fondamente malinconico. Co­me mi spiego che nella casa della contessa oggi ci abita il cognato di Fini? Non me lo spiego».