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 2010  agosto 05 Giovedì calendario

La Procura indaga sull’appartamento dei misteri - L’inchiesta del Giornale approda in procura. I Pm ro­mani, da ieri, indagano sulla casa monegasca lasciata in ere­dità ad An e a Gianfranco Fini da Anna Maria Colleoni, e nel­la quale ora abita, in affitto da una società off-shore , il cogna­to del presidente della Came­ra

La Procura indaga sull’appartamento dei misteri - L’inchiesta del Giornale approda in procura. I Pm ro­mani, da ieri, indagano sulla casa monegasca lasciata in ere­dità ad An e a Gianfranco Fini da Anna Maria Colleoni, e nel­la quale ora abita, in affitto da una società off-shore , il cogna­to del presidente della Came­ra. Le ipotesi di reato sono ap­propriazione indebita e truffa aggravata, il fascicolo a piazza­le Clodio è per il momento con­tro ignoti. A portare la questio­ne all’attenzione della magi­stratura, la denuncia di due esponenti della Destra, il parti­to di Francesco Storace: Mar­co Di Andrea e Roberto Buona­sorte. Sarà dunque la procura capitolina a cercare di fare lu­ce sul destino di quel generoso lascito dell’erede del condot­tiero Bartolomeo Colleoni, che oltre alla ormai celebre abi­tazione di Montecarlo conta su altri beni mobili e immobili, per un valore di svariati milio­ni di euro. Eredità concessa per la «buona battaglia»: la donna, prima di morire, aveva infatti deciso di far testamento a favore di Alleanza nazionale nella persona del suo presiden­te Fini per una scelta di passio­ne ideale, ma in molti – tra cui i due autori della denuncia – hanno trovato che l’impiego che il partito ha fatto di quei be­ni, a cominciare dalla casa mo­negasca, svenduta a una socie­tà off-shore per una frazione del suo valore, non soddisfino il fine a cui la Colleoni avrebbe inteso vincolare il «dono». Forse ora che sulla vicenda è stato aperto un fascicolo d’in­dagine verrà anche rotto il mu­ro di silenzi e reticenze alzato dai protagonisti della storia. E sarà possibile scoprire se è dav­vero per una «particolare, in­spiegabile coincidenza » (paro­l­e del senatore Francesco Pon­tone, delegato da Fini a firma­re la vendita dell’appartamen­to alla società Printemps Ltd) che in quella casa, alla fine, sia andato ad abitarci, in affitto, proprio il «cognato» del presi­dente della Camera, Giancar­lo Tulliani. Intanto nel giallo dell’ affaire immobiliare salta fuori un filo che lega l’«intermediario» Ja­mes Walfenzao - l’uomo che firmò il contratto di acquisto della casa da An - proprio ad Alleanza nazionale, per il tra­mite dell’Atlantis World Group dell’italiano Francesco Corallo (figlio di Gaetano, già coinvolto in indagini legate ai casinò e ad affari con soggetti vicini al boss catanese Nitto Santapaola). L’Atlantis è atti­vo in Italia nel settore di slot e videopoker su concessione, e possiede quattro casinò ai Ca­raibi (tre a Saint Maarten e uno a Santo Domingo) che di­verranno sette dopo l’inaugu­razione dei prossimi tre, a Sa­int Maarten, Panama e Santo Domingo. E uno dei ristoranti del casinò Atlantis World di Sa­int Maarten ha avuto tra i suoi ospiti, nel 2004, Gianfranco Fi­ni, accompagnato da Amedeo Laboccetta, amico di Corallo ed ex rappresentante della At­lantis World Group per l’Italia. Fini era dunque in vacanza, portato da Laboccetta, in que­gli stessi mari tropicali che ba­gnano le coste di Saint Lucia, l’isola dove hanno sede sia Printemps che Timara, le so­cietà che compreranno da An la casa monegasca per poi affit­tarla al giovane Tulliani. Eredità, doppia vendita e in­quilino con nome ingombran­te sono le uniche certezze di questa storia complessa. Eredi­tata da An nel 2001, la casa è stata «dimenticata» per anni dal partito, che ha anche rifiu­tato una serie di vantaggiose proposte di acquisto dagli altri inquilini del palazzo che la ospita. Fino a quando, nel 2008, An la cede per appena 300mila euro a una società cre­ata presumibilmente ad hoc un mesetto prima, la Printem­ps, il cui amministratore è ap­punto James Walfenzao. E la Printemps la rivende, tre mesi dopo, con 30mila euro di plu­svalenza a una società gemella (stesso capitale sociale, stessa sede sull’isola caraibica di Sa­int Lucia), la Timara. Operazio­ni evidentemente mirate alla copertura del reale acquirente dell’immobile,visto che nel se­condo rogito firmano come venditore e compratore Tony Izelaar e Suzi Beach, che lavo­rano come colleghi nella stes­sa società di servizi monega­sca, la Jason sam, che si occu­pa tra l’altro di creare società in paradisi fiscali, tra cui ap­punto Saint Lucia, per aiutare clienti danarosi a concludere affari immobiliari lontani da occhi indiscreti e dalle atten­zioni del fisco del Paese d’origi­ne. Il vero acquirente della ca­sa, probabilmente, si sarà rivol­to per la bisogna alla Jason. Op­pure direttamente a Walfen­zao. Già, perché ieri Marco Lillo sul Fatto quotidiano ha rivela­to che mister Walfenzao, tra i suoi tanti incarichi a Miami, Monaco e Curacao, siede an­che sulla poltrona di una finan­ziaria londinese, la Atlantis Holding Uk. E da lì controlla, «in nome e per conto» di Fran­cesco Corallo, una quota della ex Atlantis giocolegale, da po­co ribattezzata B Plus, società del gruppo che si occupa di scommesse e slot nel nostro Paese. Insomma, ha già presta­to i suoi servizi per Corallo, im­prenditore vicino alla fu Alle­anza nazionale. Questo link potrebbe essere l’ennesima «particolare, inspiegabile coin­cidenza », o più probabilmen­te è una spiegazione di uno dei gialli della vicenda: ossia, co­me mai An si sia rivolta pro­prio a questo gruppo di profes­sionisti - legati alla «Corpag» di cui Walfenzao è rappresen­tante per le Antille Olandesi e per Miami, e Izelaar con la Ja­son per Montecarlo- per cede­re la casetta. Resta, ovviamen­te, il mistero di chi si nasconda dietro la struttura di copertura che impedisce di conoscere la reale proprietà dell’apparta­mento al piano terra del «Pa­lais Milton». Il Giornale , due giorni fa, ha cercato invano Walfenzao nel­­l’elegante «Residence Saint Roman», dove i portieri non ri­cordano di aver mai sentito il suo nome.E l’ha poi rintraccia­to telefonicamente. Ma il pro­fessionista al cellulare ha ta­gliato corto, spiegando di non voler parlare degli «affari dei suoi clienti», confermando im­plicitamente, dunque, di aver giocato un ruolo da interme­diario. Ma chi ha voluto pro­prio lui in quel ruolo? E perché la casa è stata poi affittata pro­prio al fratellino della compa­gna di Fini? Domande che ora potrebbero essere rivolte ai protagonisti della vicenda dai magistrati romani, investiti della questione.