Andrea Franceschi, Il Sole-24 Ore 5/8/2010;, 5 agosto 2010
NIENTE TWEET TRA ECONOMISTI
Dagli addetti ai lavori Nouriel Roubini è detto Dottor Doom (sventura). Un pessimismo spesso giustificato, a dire il vero: molte le previsioni che Roubini ha azzeccato. Stavolta il vaticino riguarda l’economia Usa ed è stato diramato su Twitter: «Il Pil americano nel secondo trimestre cresce dell’1,7%,non del 2,4 per cento. La mia previsione per la seconda metà dell’anno è di un +1,5.
Nella migliore, non nella peggiore delle ipotesi». Con i suoi 18mila follower Roubini è uno degli economisti più seguiti sul social network, utilizzato dagli accademici per rilanciare articoli e interviste che li riguardano o per promuovere eventi e conferenze,un po’ meno per seguire altri economisti. Roubini è infatti collegato solo a esperti di nuovi media, da Tim O’ Reilly al broker sospeso (per truffa) Henry Blodget, guru del web, a Rory Cellan-Jones, technology correspondant della Bbc.
La palma del più popolare va a Paul Krugman. Su Twitter ha più di 415mila “follower”.Un numero molto alto:il Nobel 2008 ha un blog molto seguito sul New York Times che è in realtà il vero gestore del profilo: sul social network vengono rilanciati i suoi articoli mentre l’economista segue... gli altri blogger del quotidiano. Molto curato è il profilo di un altro Nobel: Joseph Stiglitz. Sulla sua pagina documenti, testi delle lezioni ed estratti dei suoi libri oltre che i commenti. Stiglitz, che insegna alla Business School della Columbia University di New York, ha un gruppo selezionato di circa 30 persone che segue su Twitter. Tra questi, oltre a Roubini e Krugman, troviamo David Harvey docente alla City University of New York, famoso per le sue riletture in chiave marxista della crisi economica. Una sorpresa? No, quando si scopre che il profilo di Stiglitz è in realtà dichiaratamente "non ufficiale". Più sobrio, il profilo "vero" di Barry Eichengreen, che segue il collega James Bradford DeLong, il quale però non lo ricambia preferendogli un politico democratico come John Edwards, noto più che altro per avere perso la corsa alla Casa Bianca con John Kerry nel 2004. Un profilo molto popolare è quello di Jeremy Rifkin, teorico della cosiddetta “Terza rivoluzione industriale” e di sviluppo sostenibile. Un tema molto seguito anche da Jeffrey Sachs, della Columbia University di New York, che su Twitter conta quasi 5mila “follower”.
Se si cercano economisti americani sul social network, è facile incappare in profili falsi. Come quello del presidente della Fed: un sedicente Ben Bernanke si autodefinisce «salvatore del capitalismo» e suggerisce al presidente Obama di vendere l’Alaska per ripianare i buchi di bilancio: «Putin è disponibile a comprarla –scrivepurché Sarah Palin faccia le valigie».