Varie, 5 agosto 2010
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Perotti Simone
• Frascati (Roma) 28 dicembre 1965. Ex manager. Scrittore • «[...] il Lenin dei downshifters [...] ex brillante manager, ora vagabondo dei mari sulle barche degli altri, skipper, postino di velieri, all’occorrenza anche pulitore di scafi [...] pur di tener fede a quell’Adesso basta pronunciato qualche anno fa, e diventato il titolo del suo fortunatissimo libro, biografia e manuale per ammutinati dalla schiavitù della carriera, del posto fisso, del successo. Ha venduto 45mila copie, ha ricevuto migliaia di email sospirose “vorrei fare come lei ma non ci riesco”, è diventato il guru della fuga all’ingiù, dello “scalare la marcia”, dell’addio al dover-essere sociale. [...]» (Michele Smargiassi, “la Repubblica” 2/8/2010) • «[...] a 28 era già dirigente di una grande azienda italiana. Per quasi vent’anni ha fatto il manager nel settore della comunicazione. Quando lavorava a Milano [...] approfittava come tanti colleghi dell’Happy Hour (lui preferisce definirla “l’ora d’aria”) per dare libero sfogo di fronte a un aperitivo ai sogni dell’Homo sapiens in carriera: mollare tutto, aprire un bar sulla spiaggia di un’isola più o meno remota, sottrarsi ai ritmi di una vita che relega in un angolo i ritagli di tempo da dedicare agli affetti o alle passioni. Poi, una mattina, bloccato dalla classica coda sul Grande Raccordo Anulare, si è detto: “Così non va”. E ha davvero mollato tutto. Dove per tutto s’intende una professione che gli aveva fatto guadagnare tanti soldi, visto che nel frattempo aveva inventato slogan pubblicitari per prodotti di largo consumo e organizzato eventi con migliaia di persone, occupandosi di strategie di comunicazione politica e campagne elettorali. Oggi Simone Perotti trascorre ogni anno quattro mesi in mare. Si è messo a fare lo skipper e l’affittabarche, ma anche la guida turistica e il barista e lo scultore e il restauratore di mobili. Trova anche il tempo per scrivere [...] La sua analisi ricorda Tocqueville: “Il potere si è evoluto, ha imparato che la dittatura e il totalitarismo non servono più. Bastano i vetrini luccicanti del consumo. I prodotti, la loro accessibilità, la loro apparente convenienza sono sufficienti a spingere orde intere di persone, pure benestanti, pure acculturate, a uscire tutte le mattine da casa con la loro vettura fiammante, a percorrere a passo d’uomo strade intasate, a lavorare per dieci, dodici ore in modo sempre identico, sentendosi anche privilegiate”. [...]» (Giuseppe Culicchia, “La Stampa” 11/10/2009).