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 2010  agosto 01 Domenica calendario

«L’EX CAPO DI AN SAPEVA CHE NON L’AVREI SEGUITO LA SCISSIONE? È COLPA DEI FALCHI, NON DEI FONDATORI»

«Consumato lo strappo, Fini e Berlusconi devono trovare un modo per portare a termine la legislatura». Andrea Augello, senatore ex An che nel Lazio sposta diverse migliaia di voti, negli ultimi mesi, insieme a Silvano Moffa, ha fatto da mediatore tra il premier e il presidente della Camera. Poi ha deciso, insieme alla sua pattuglia di tre senatori, di restare nel PdL. Senatore, Fini ci è rimasto male? «Fini conosceva le mie intenzioni e sapeva che in caso di scissione non lo avrei seguito. Ha rispettato la mia scelta e mi ha ringraziato per il lavoro di diplomazia svolto nelle ultime settimane per cercare di tenere unito il partito». Qualche finiano in Senato però ci sarà rimasto male: con gli augelliani il gruppo poteva essere molto più solido.
«Il gruppo autonomo può nascere tranquillamente senza di me: i numeri li hanno. Ora però si pongono i veri problemi: la tenuta del governo e il proseguimento della legislatura con una maggioranza più debole».
Come si fa?
«In un solo modo: tornando al dialogo e al confronto politico e abbandonando i toni muscolari e le dimostrazioni di forza. Senza lasciare spazio a tutti quegli attori che in questi mesi, da una parte e dall’altra, pensavano solo a incendiare la prateria. I falchi sono anche cattivi consiglieri: quelli berlusconiani avevano assicurato al premier che i finiani sarebbero stati otto deputati e un senatore». I pasdaran però hanno vinto sui pontieri e c’è stata la scissione. «Paradossalmente la rottura è avvenuta più per colpa loro che dei due leader. Si è innescata un’escalation di polemiche continue, di
campagne stampa e guerriglia mediatica che ha messo in moto un meccanismo inarrestabile. Questa scissione avviene senza una divisione vera in Parlamento su un tema importante. I socialdemocratici uscirono dal Pci dopo l’invasione d’Ungheria da parte delle truppe sovietiche. Qui non c’è stato nulla di simile».
Sta di fatto che ora alla Camera la maggioranza non c’è più e al Senato è sul filo del rasoio... «Confido che il gruppo di Futuro e Libertà rispetti il vincolo di maggioranza e il mandato elettorale. Certo, oggi il governo è costretto a camminare sulle uova. E per andare avanti Berlusconi dovrà scendere a compromessi». Martedì c’è la prima prova: la mozione di sfiducia a Caliendo.
«Non ci sono elementi per sfiduciarlo: un voto contro di lui sarebbe un mero atto strumentale contro il governo».
Se la maggioranza non ce la fa, meglio elezioni anticipate o un esecutivo di larghe intese? «Le chiavi di questa decisione appartengono a Bossi. Se il Cavaliere vuole tornare alle urne deve essere sicuro che Bossi sia con lui e non pronto, magari, a sostenere un altro tipo di esecutivo. Per quanto mi riguarda, comunque, meglio il voto del ribaltone». Lei ha scelto di stare con Berlusconi, ma è stato molto critico con il documento del PdL contro Fini... «Quel testo dal punto di vista politico è inaccettabile: non si può espellere una persona solo perché non la pensa come te. Ecco, io all’interno del PdL mi batterò affinché ci sia maggiore libertà interna e rispetto per le opinioni diverse. La politica non si fa con le ordalìe e gli anatemi. Di questo deve convincersi anche Berlusconi.