Paolo di Stefano, Corriere della Sera 4/8/2010, 4 agosto 2010
A Elvira Sellerio, fondatrice con il marito della casa editrice che porta il suo nome, è morta ieri mattina a Palermo
A Elvira Sellerio, fondatrice con il marito della casa editrice che porta il suo nome, è morta ieri mattina a Palermo. Era nata il 18 maggio 1936. Nel 1983, Elvira ed Enzo Sellerio avevano separato le loro edizioni: lei aveva continuato a occuparsi di narrativa e saggistica, mentre il marito aveva curato libri di fotografia e arte. Nel catalogo della casa editrice oggi ci sono oltre tremila titoli. I funerali si svolgeranno domani alle 11 nella chiesa di Santo Espedito a Palermo. quanto pare, qualcuno, nelle sale fumose di via Siracusa, cercò pure di ignorare quella giovane e bellissima presenza femminile con la sigaretta sempre tra le dita e la voce che sapeva di catrame. Raccontò a Simonetta Fiori che nei primi mesi si limitava a entrare, ogni tanto, per chiedere se desideravano un caffè. Nessuno poteva sospettare che in pochissimo tempo sarebbe diventata la Signora dell’editoria. Neanche Inge Feltrinelli, all’epoca, era ancora capitana d’impresa in un mondo declinato quasi esclusivamente al maschile. In realtà Elvira Giorgianni ha capovolto diversi cliché della cultura italiana: una donna — moglie del fotografo Enzo Sellerio — a capo di una casa editrice, per di più di successo, per di più in Sicilia. Del resto, figlia di un prefetto, primogenita di sei fratelli, orfana di madre, Elvira aveva cominciato a lavorare subito, già durante l’università (in Giurisprudenza), all’ente regionale per la riforma agraria. Ma si ritrovò a espropriare le terre ai contadini: per lei, disse ad Aldo Cazzullo nel 2004, era un’angoscia. Così, nel 1969 decise di investire la liquidazione (12 milioni) per mettere su casa (editrice) con il marito Enzo di fronte all’appartamento in cui vivevano. Aveva sposato Enzo («l’uomo più affascinante di Palermo», disse) anche per liberarsi del peso della famiglia d’origine («una scelta egoistica», confessò), e con lui ebbe due figli: Olivia, destinata a una brillante carriera di musicista jazz, e Antonio, che già da qualche anno regge le redini della Sellerio. La separazione dal marito e la scissione dell’impresa editoriale furono un colpo duro, per sua stessa ammissione («se trovavo in casa un golf di Enzo, mi ci avvolgevo dentro piangendo»), ma la casa editrice non ne soffrì, anzi. L’amicizia con Leonardo Sciascia si rinsaldò: al maestro di Racalmuto si dovevano i princìpi ispiratori delle edizioni, l’idea di un servizio civile reso alla società ma nello stesso tempo l’esigenza di una «cultura amena», impegnata sì, ma leggera, elegante, e soprattutto priva di zavorre ideologiche. Il carattere di Donna Elvira non le consentiva di essere succube di nessuno, ascoltava Sciascia ma spesso faceva di testa propria, pure a costo di litigarci. E ci litigò, qualche volta. Ma dalla sua consulenza e da quella dell’antropologo Antonino Buttitta venne fuori un catalogo solido, partendo dalla collana «La letteratura perfezionata», quasi libri d’arte, con velina su copertina bianca e fogli intonsi, e da indirizzi molto chiari: da una parte la letteratura (storico-documentaria) siciliana, dall’altra una selezione di opere straniere poco note al grande pubblico. Per una casa editrice nata a Palermo, ma programmaticamente svincolata da ossessioni territoriali, è quasi una beffa che le tappe fondamentali coincidano con tre nomi isolani: oltre a Sciascia (che nel 1978 consegna L’affaire Moro), il professore di Comiso Gesualdo Bufalino (che nell’81 esordisce con Diceria dell’un tore) e il Simenon di Porto Empedocle Andrea Camilleri (che si impone a tutti dal ’94). Accanto e intorno, autori non sempre (non ancora) noti, come Antonio Tabucchi, Laura Pariani e Carlo Lucarelli agli esordi. E un sacco di stranieri, dal primo Vázquez Montalbán a Roberto Bolaño. Svariando su molti generi, ma con una netta predilezione per il giallo. E passando per vere e proprie scommesse (dettate anche dall’affetto), come quella del Sofri memorialista (un «fratello del cuore» lo considerava). La raffinatezza blu della collana «La memoria» è un marchio di fabbrica che esporta ovunque il nome (e il fiuto geniale) di Elvira Sellerio, con parecchi tentativi di imitazione (non sempre riusciti) all’estero. La Signora (come la chiamano in via Siracusa) non si scompone troppo: così come non si era scoraggiata quando fu ingiustamente processata per questioni di finanziamenti regionali, non si lasciò prendere dall’entusiasmo per i successi planetari (Camilleri in primis, ma poi anche Carofiglio) che da metà anni ’90 allontanarono gli spauracchi della crisi economica (gli editori maggiori erano pronti come falchi). Donna Elvira è stata, quasi involontariamente, un’anti-Inge: ha viaggiato poco, non ha frequentato il bel mondo internazionale dell’editoria, è rimasta inchiodata alla sua vecchia scrivania, spesso ha conosciuto i suoi autori solo dopo averli pubblicati. Li leggeva (negli ultimi anni, più spesso, dalla sua casa in campagna nella Marina di Ragusa), senza lasciarsi distrarre dalle loro personalità (sincere, false, intelligenti, stupide, esuberanti, depresse), e dopo averli conosciuti continuava a dar loro del lei. «Leggeva tutto», dice il suo ultimo consulente princeps, Salvatore Silvano Nigro, «e la sua intelligenza strepitosa le permetteva di ascoltare gli altri ma di decidere da sola». Nel biennio ’93-94 Donna Elvira si allontanò da Palermo per partecipare al consiglio d’ammini strazione della Rai , quello dei professori : «Un’esperienza bellissima», disse. Ma il giorno in cui aveva scommesso con Enzo Siciliano sulle qualità letterarie di un oscuro erudito di Comiso fu un’altra cosa.