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 2010  agosto 04 Mercoledì calendario

BAUDO: PREGHIERE E DISPETTI AL PARROCO FU L´ALTARE IL MIO PRIMO PALCOSCENICO

Pippo Baudo, principe dei presentatori tv, uomo di spettacolo ed ex chierichetto. «Sì, anche io ha fatto il chierichetto nella mia parrocchia di Santa Maria della Stella a Militello, dove ho servito Messa, senza disdegnare di commettere qualche marachella che faceva tanto arrabbiare il nostro parroco. Anni bellissimi che mi fecero scoprire anche lo spettacolo e il palcoscenico».
Vuol dire che il futuro Baudo nazionale fin da chierichetto già presentava e recitava?
«Come in tutte le parrocchie, suonavamo qualche strumento e recitavamo davanti a parenti ed amici. Scoprii poi l´amore per il pianoforte perché il parroco mi faceva girare il mantice dell´antico organo. In un dramma dal titolo "Credo" interpretavo la parte di un bambino malato guarito per grazia ricevuta, figlio di un papà ateo che trovò la fede proprio in seguito a quella guarigione pronunziando con tutte le sue forze, alla conclusione del dramma, "Io credo!". Ogni volta che lo recitavamo io ne ero affascinato e colpito. E mi innamorai del teatro».
Le marachelle che facevano arrabbiare il parroco?
«Bere il vino da Messa e mangiare le ostie non consacrate in sacrestia. Un classico. Con me una volta il parroco si arrabbiò tanto perché di nascosto mi piaceva aprire la sacra teca dove era conservata la statua lignea della Madonna. Mi rimproverava perché a suo dire avevo commesso un sacrilegio: la teca per tradizione andava aperta solo ogni 8 settembre».
E durante le funzioni liturgiche come vi comportavate?
«Sull´altare ovviamente eravamo seri e concentrati, anche se non capivamo quasi nulla perché oltre a servire il sacerdote dovevamo rispondere in una lingua, il latino, che non comprendevamo per niente. Durante le risposte ai momenti liturgici del rito della Messa rispondevamo, né più, né meno, con lo stesso latinorum recitato a memoria delle vecchiette che siedevano tra i banchi, chiudendo ogni parola con un "us" o "orum". Anche sull´altare, però, mi abituai a stare davanti al pubblico, detto con rispetto, quasi come in un teatro».