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 2010  agosto 04 Mercoledì calendario

IL POTERE DEI CHIERICHETTI /1 COSÌ CRESCE LA CHIESA DEI RAGAZZINI

Sembra di essere allo stadio. «Alé, alé, Padova alé». «Ba-ri, Ba-ri». «Piazza Armerina, c’ è solo piazza Armerina». Cappellini verdi, bianchi e rossi, foulard usati come bandane. Eccoli, i nuovi chierichetti, arrivati al pellegrinaggio internazionale. Bambine e bambini che trottano dietro al parroco come pulcini e ragazze e ragazzi che sembrano pronti per la movida. «Io ho cominciato tre anni fa - dice Emanuela, 14 anni, di Monterotondo - per stare a contatto con il Signore. Sono stata la prima chierichetta della mia parrocchia. Prima le femmine non erano ammesse». «Ho indossato la veste bianca con la croce di legno - racconta Alessandro, anche lui quattordicenne - perché si sta proprio sull’ altare. Si prega meglio e ci si diverte anche un po’ ». Il loro parroco, don Elio Piccolo, li guarda come fossero pepite d’ oro. «Anch’ io servivo Messa, ho cominciato a 6 anni. Stare accanto all’ altare e al prete può aiutare la vocazione. Adesso ho una decina di chierichetti. Un paio mi hanno già accennato a un futuro da sacerdoti». Ecco, un tempo tutto era più semplice. Il chierichetto veniva vestito come un piccolo prete, suonava il campanello alla consacrazione e portava il turibolo con l’ incenso, così poteva innamorarsi di un futuro in abito talare. Adesso tutto è cambiato (in apparenza). Innanzitutto il nome. Chierichetto è in teoria parola del passato, finita con il Concilio Vaticano II. Questo è infatti il «Pellegrinaggio dei ministranti», dal latino «ministrans», colui che serve. Non più un prete in miniatura ma un giovane che partecipa attivamente alla liturgia con l’ obiettivo principale di diventare un buon cristiano. Ci sono però numeri che raccontano la difficoltà di questa trasformazione. Gli italiani, a questo pellegrinaggio, sono un secchio d’ acqua nel mare: 1.300 in tutto. I tedeschi sono invece 44.000. I ministranti della piccola Austria, ad esempio, sono più del doppio degli italiani. Monsignor Martin Gachter, vescovo ausiliare di Basilea e presidente europeo del Cim (Coetus internationalis ministrantium), ha le idee chiare. «In Germania i ministranti sono 440.000, e non per caso. In quella Chiesa sono sempre più importanti. Ogni diocesi ha una pastorale loro dedicata e c’ è un coordinamento nazionale. Ogni vescovo ha uno o due responsabili dei ministranti. Ma non è solo questione di organizzazione. Dopo il Concilio, la Chiesa tedesca ha aperto subito le porte alle ragazze e ha capito che quella del ministrante non è una cosa da bambini. Gran parte degli ex chierichetti tedeschi resta attiva fino alla fine dell’ università. I ministranti hanno giornali, radio e trasmissioni in tv. Chierichetto o ministrante non è una questione di parole. Chierichetto in Italia vuol dire piccolo chierico, così come, con un altro nome brutto, in Spagna i bimbi che servivano la Santa Messa si chiamavano monachini. In Italia questa nuova figura non avanza perchéè troppo legata ai seminari, come nel passato. Il primo obiettivo è quello di trovare vocazioni sacerdotali, mentre in Germania questo non è la priorità. Lì vogliono formare giovani cristiani convinti, laici, preparati. Il ministrante è diventato una figura tanto nota che nelle televisioni ci sono showmen che si vantano del loro passato al servizio dell’ altare». I ministranti sono la prima organizzazione cattolica della Germania e nella Chiesa hanno conquistato spazi e potere. Diventano accoliti (possono distribuire la Comunione), lettori, animatori, catechisti. Tutte le attività della parrocchia sono nelle loro mani: il sacerdote ormai è un coordinatore, cui resta la sola «esclusiva» della consacrazione dell’ Eucarestia. In Italia il cammino dei chierichetti - ministranti verso il potere è ancora lungo. «Ma qualcosa - dice don Carlo Ballerini, parroco a Firenzuola - sta cambiando anche da noi. I miei chierichetti - sì, io continuo a chiamarli così - sono bimbe e bimbe di quarta e quinta elementare e il loro "lavoro" non è più solo servizio al prete e all’ altare ma una scuola di preghiera, di liturgia e di formazione cristiana. Certo, potrebbe nascere anche qualche vocazione, ma formare famiglie cristiane non è certo un obiettivo minore. Spero che facciano i chierichetti, scusi, i ministranti, fino a trent’ anni, magari da sposati». Ieri appuntamento prima in San Paolo fuori le mura poi in piazza San Pietro. Stamattina l’ udienza con papa Benedetto XVI. «In Italia - dice Adelindo Giuliani, dell’ ufficio liturgico del vicariato di Roma e organizzatore della parte italiana del pellegrinaggio - l’ età dei ministranti è compresa fra gli8ei 18 anni. Si comincia alla Comunione, si finisce con la Cresima. In Germania cominciano alle superiori, a 15 anni e vanno fino al termine dell’ università. Noi abbiamo forti limiti perché la pastorale dei ministranti in troppe diocesi non esiste. Non c’ è nemmeno un centro nazionale. Ci sono stati ritardi nell’ ingresso delle bimbe e delle ragazze. Dovrebbe essere deciso da un decreto del vescovo ma i decreti non arrivano e ogni parroco decide di testa sua. Certo, da noi il primo obiettivo resta quello di cercaree promuovere vocazioni - anche per le ragazze, che potrebbero diventare religiose - ma non siamo fermi al passato. Non si guarda solo a ciò che i ministranti faranno da grandi ma a ciò che stanno facendo. E di loro c’ è davvero bisogno. Dopo il Concilio, ci siamo illusi che con la traduzione in italiano del Messale la liturgia fosse aperta e compresa da tutti. Non è così. Cosa significa pregare assieme? Cosa significa cantare? E la processione per prendere la Comunione? C’ è gente che la taglia come fosse in fila alla posta. Il servizio dei ministranti è necessario perché è pedagogia liturgica». Seminare chierichetti per raccogliere preti non sembra però obiettivo solo dei parroci italiani. Papa Ratzinger, al raduno di quattro anni fa, fu esplicito. «Forse Cristo a qualcuno di voi dice: voglio che mi serva in modo speciale come sacerdote». Papa Wojtyla, all’ incontro del 2002, disse: «Ho parlato dell’ amicizia con Gesù. Sarei contento se da questa amicizia scaturisse qualcosa di più. Come sarebbe bello se qualcuno di voi potesse scoprire la vocazione al sacerdozio». Oggi, davanti a papa Benedetto XVI, cantando l’ «Inno dei ministranti», i ragazzi risponderanno così. «E se poi da te sarem chiam a t i / p e r e s s e r e a t e consacrati/rispondendo pronti alla tua voce/seguiremo con gioia la tua croce». Chi rimpiange i preti in miniatura è stato accontentato con il primo spettacolo peri chierichetti italiani: «La stola e la croce», dedicatoa Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’ Ars, protettore dei parroci. In scena,i seminaristi del Pontificio collegio Leoniano di Anagni. «Io credo - racconta Lorenzo Ucciero, primo anno di teologia- che certi messaggi siano ancora utili. Io ho fatto il chierichetto per anni, e ricordo le parole di una suora che era la nostra animatrice. "Pensate che prodigio", diceva. "I chierichetti sono come gli angeli. Loro stanno in cielo attorno a Dio e voi qui attorno all’ altare". Quelle parole mi sono sempre rimaste dentro e hanno aiutato la mia decisione di entrare in seminario». La Germania con il quasi mezzo milione di ministranti sembra davvero lontana. Nelle parrocchie si inventano iniziative che ancora sanno di oratorio. Come il «Chirichettometro», che assegna punti per ogni Messa servita, 6 per la feriale, 4 per la prefestiva e 2 per quella della domenica. O il gioco al computer per «mettere in fila» tutti i momenti della Messa, dal Confesso alla benedizione finale. Forse i chierichetti non spariranno mai. Non fino a quando ci saranno bambini come Guido e Duccio, arrivati con don Carlo da Firenzuola. Hanno 11 anni e dicono che «quando erano piccoli» erano invidiosi dei bambini che sull’ altare indossavano la veste bianca. «Abbiamo cominciato così, tre anni fa, ma adesso facciamo i chierichetti per passione. Con don Carlo di ride, si fanno le gite, si sta con gli amici». Si consultano sottovoce poi dichiarano: «Però siamo chierichetti anche per stare vicino a Gesù».