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 2010  agosto 04 Mercoledì calendario

MOSCA TAGLIA LA PRODUZIONE DI GRANO

La folle corsa del grano si è fermata. Per ora. I fondi di investimento – che lunedì al Chicago Board of Trade avevano comprato futures equivalenti a 1,8 milioni di tonnellate del cereale – si sono concessi un momento di pausa (e di presa di beneficio). Le quotazioni sono scese dell’1,9% rispetto ai massimi da 22 mesi, chiudendo a 680 cents per bushel. Un’analoga correzione c’è stata all’Euronext diParigi, dove il prezzo del frumento per consegna novembre è ora 204,25 euro per tonnellata (-1,7%).
A fornire lo spunto per un’inversione di tendenza è stato il viceministro per l’Agricoltura russo, Alexander Belyayev: «Per il momento non introdurremo restrizioni all’export », ha assicurato il funzionario, citato dall’agenzia Ria Novosti. «È il governo ha aggiunto - a prendere simili decisioni, ma oggi come oggi non ne vediamo la necessità. È molto facile perdere quote di mercato all’estero, ma è molto difficile conquistarle».
Per Mosca è anche una questione di orgoglio. Dopo il collasso dell’Unione sovietica, la Russia ha faticato non poco per riconquistare un ruolo di primo piano come esportatore di frumento (oggi è al quinto posto nella classifica mondiale). Appena un anno fa il presidente Dmitrij Medvedev aveva creato la United Grain, società statale cui sono stati conferiti 31 silos e terminal di esportazione. La sfida dichiarata era raddoppiare nel giro di 10-15 anni le vendite di cereali sui mercati internazionali, superando la soglia dei 50 milioni di tonnellate l’anno e strappando alla concorrenza statunitense i ghiotti mercati del Far East.
Poi è arrivata la siccità. Temperature torride, oltre 40 gradi. Una catastrofe climatica che non si verificava da almeno 130 anni e che ha distrutto coltivazioni in un’area più grande del Portogallo. Negli ultimi giorni, anche gli incendi: solo nelle ultime ventiquattr’ore la furia delle fiamme ha ucciso 40 persone, mentre altre 58 sono annegate mentre cercavano un po’ di refrigerio.
Il ministero dell’Agricoltura, pur rassicurando sull’export di cereali, ieri è stato costretto a tagliare le stime di produzione, da 85 a 70-75 milioni di tonnellate, contro le 97,1 della passata stagione. Lo stop alle esportazioni non è ancora scongiurato, avvertono gli analisti ucraini di UkrAgroConsult: Mosca sarà costretta a bloccarle non appena le vendite all’estero avranno raggiunto tra 5 e 7 milioni di tonnellate, cioè nel giro di due o tre mesi. Ma già ieri c’era chi invocava un intervento immediato, per arginare la pericolosa escalation dei prezzi sul mercato locale: il grano è rincarato di circa il 20% in una settimana e cominciano a registrarsi fenomeni di accaparramento.
«Il governo dovrebbe immediatamente porre un bando temporaneo alle esportazioni», sostiene Nikolai Demyanov, vice amministratore delegato della International Grain Co, divisione cerealicola del gigante del trading Glencore. «Un bando totale sarebbe meglio di una tariffa sull’export, perché questa non consente agli esportatori di dichiarare lo stato di forza maggiore».
Anche in Europa occidentale, intanto, gli agricoltori sono in allarme. Caldo e siccità – sia pure in modo molto meno grave che nell’area del Mar Nero – hanno peggiorato la resa di molte coltivazioni, dai pomodori in Italia ai bulbi di tulipano in Olanda. Anche per il frumento l’annata non è delle migliori: Francia e Germania, i due maggiori produttori della Ue, dovrebbero comunque subire flessioni meno gravi del temuto. In Italia, dove il raccolto è stato quasi del tutto completato, la produzione di grano tenero è scesa dell’1% a 2,86 milioni di tonnellate, quella di grano duro è salita del 4% a 4,16 milioni.
Il rally del frumento sui mercati dei futures, assicurano gli esperti, si è spinto oltre ogni ragionevole limite. Gli acquisti degli speculatori potranno proseguire ancora per un po’, ma arriverà il momento in cui ci si renderà conto della realtà dei numeri. La produzione delle repubbliche ex sovietiche rappresenta tutta insieme non più del 15% della produzione globale di grano, che secondo le ultime stime dell’International Grain Council (già tagliate per tenere conto dei problemi russi) ammonterà a 651 milioni di tonnellate, il 7% in più rispetto al raccolto del 2007-08, quando i prezzi volarono al record storico. Ma soprattutto, dopo due anni di raccolti da primato, nel mondo le scorte sono oggi più alte del 59%: ben 192 milioni di tonnellate.