Mariolina Iossa, Corriere della Sera 4/8/2010, 4 agosto 2010
I PARTITI APPROVANO INSIEME IL PIANO ANTIMAFIA
Il piano straordinario antimafia diventa legge e viene votato all’unanimità (un solo astenuto), cosa che dà al testo la forza politica della firma bipartisan. Il Senato ieri ha approvato definitivamente il ddl con la delega al governo che già la Camera a fine maggio aveva licenziato con 367 voti favorevoli su 367 presenti. «Una vittoria dell’antimafia dei fatti», ha commentato il premier Silvio Berlusconi. Maggioranza e opposizione hanno votato insieme, anche se Pd, Udc e Idv chiedono adesso di proseguire, andando avanti nelle misure per rendere lo strumento normativo più efficace.
Il provvedimento delega il governo ad adottare «entro un anno» un decreto legislativo con il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione; la confisca dei beni dei mafiosi potrà essere disposta sempre, anche se i beni sono all’estero o sono stati trasferiti ad altri; è prevista la tracciabilità dei flussi finanziari «finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali» negli appalti; ci saranno più controlli fiscali e patrimoniali sui condannati per mafia e saranno istituite nelle Regioni una o più «stazioni uniche appaltanti» per garantire la trasparenza e la regolarità dei contratti pubblici e prevenire il rischio di infiltrazioni.
Accanto alle parole di soddisfazione della maggioranza per quello che il ministro Angelino Alfano ha definito «un grande giorno per la lotta alla mafia», è serpeggiata, parallela, una polemica dopo che il deputato finiano Fabio Granata, vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia, aveva parlato di «infiltrazioni e zone d’ombra» sulle «candidature ma anche tra gli eletti». Granata ha denunciato il fatto che all’Antimafia risulta che alle elezioni regionali ci sono stati candidati ed eletti che «non rispondono ai requisiti del codice etico sottoscritto dai partiti per vigilare». «C’è stata una colpa della vigilanza sia da parte dei partiti sia dei candidati, e c’è stato un ritardo da parte delle prefetture nel raccogliere i dati. I nomi non possiamo farli adesso, la Commissione riferirà al Parlamento», ha detto il deputato di Futuro e Libertà. Gli ha subito dato una stoccata il presidente del Senato Renato Schifani che, ringraziando l’opposizione «per il senso di responsabilità» dimostrato con il voto, ha sottolineato come questa unanimità significhi che «la legalità non è esclusiva di qualcuno ma patrimonio di tutti».
Il sasso lanciato da Granata ha agitato le acque nel giorno dell’approvazione del piano e le sue accuse hanno fatto reagire indispettiti molti esponenti del Pdl. «Cambia casacca ma parla sempre a vanvera, faccia i nomi o altrimenti la smetta di cercare pubblicità a buon mercato», ha ribattuto il senatore Francesco Casoli. «Intervenga il presidente dell’Antimafia Pisanu con una riunione straordinaria», attacca il deputato Amedeo Laboccetta. Anche il sottosegretario Alfredo Mantovano se la prende con Granata, rammaricandosi del fatto che sono «sufficienti poche battute tra il detto e il non detto di qualche professionista dell’antimafia per far passare in secondo piano il varo di una legge così importante».
L’opposizione plaude alle parole di Granata («fa piacere che il deputato finiano denunci quanto il Pd va dicendo da mesi», dice il capogruppo in commissione Antimafia Laura Garavini) e spiega il sì al ddl, anche se con riserva. «Abbiamo contribuito in maniera consistente — ha detto la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro —. Ma ci sono questioni che restano aperte, per esempio la durata del tempo entro il quale i collaboratori debbono fare le loro dichiarazioni e le questioni dell’introduzione del reato di autoriciclaggio e del voto di scambio mafia-politica. Ora il ministro Maroni deve mantenere le sue promesse».