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 2010  agosto 03 Martedì calendario

Mino Milani e l’orgoglio di scrivere in serie «C» Ma chi è Guglielmo Milani da Pavia, e quale posto occu­pa n­elle patrie let­tere? Chi lo sa alzi la mano

Mino Milani e l’orgoglio di scrivere in serie «C» Ma chi è Guglielmo Milani da Pavia, e quale posto occu­pa n­elle patrie let­tere? Chi lo sa alzi la mano. Nessu­no la può alzare perché nessuno conosce Guglielmo Milani, ma pa­recchi invece conoscono Mino Milani prolificissimo scrittore per ragazzi, collaboratore del Corriere dei Piccoli e de La Domenica del Corriere , ma anche direttore della Biblioteca Civica di Pavia e (an­che se per breve tempo) del quoti­diano La provincia pavese , autore di decine e decine di romanzi per la gioventù, ma anche per adulti, di opere storiche, di saggi, di sceneggiature per fumetti eccetera, eccete­ra. Frequentatore di tutte le possibili sfaccettature dei generi popolari,dal­l’avventura al western, dal romanzo d’amore al­la storia di guerra, dalla ricostruzione storica al fantastico, ma anche alla fantascienza (perlomeno quella a fumetti con l’indi­menticabile I cinque del­la Selena , disegnato da Di­no Battaglia per il Corrie­rino ). Ma di lui, come di molti altri, la critica cosid­detta ufficiale poco s’inte­ressa poiché sono «autori di se­rie C». È la definizione che lo stesso Mi­lani dà di se stesso in un volumet­to autobiografico ( L’autore si rac­conta , Franco Angeli,pag.110,eu­ro 14) dedicato a questa parte del­la sua attività letteraria, poi am­pliato anche alle altre e alla sua vi­ta (ha oggi 82 anni) come Piccolo destino (Mursia, pag. 186, euro 14),entrambi non solo una minie­­ra d’informazioni, di personaggi e di aneddoti, ma anche una possi­bilità di entrare nel cantiere di la­v­oro dello scrittore e soprattut­to nel suo universo : perché ha scritto di certi argo­menti e in che modo in­tendeva i «generi» di cui si occupava. Molto ironicamente Milani, parlando del­l’inizio della sua carriera di scrittore per ragazzi e constatando che, al di là del successo di vendite, era regolarmente ignorato sul piano critico, si rese conto, come detto, «d’essermi letterariamente iscritto alla serie C». Ma Alessan­dra Avanzini e Luciana Bellatalla, curatrici della collana«Linee»del­la Franco Angeli ideata apposita­mente per dar voce a questa cate­goria di narratori, presentando il testo di Milani chiosano: «Altro che “autori di serie C”! Per essere scrittori per bambini e per ragazzi bisogna essere scrittori di serie A, scrittori con una marcia in più. Questi scrittori, infatti, devono sa­per costruire un mondo nel quale il bambino/ragazzo possa “per­dersi senza perdersi”, usandolo per dar vita ad una piacevole e pro­­tetta versione personale ed origi­nale. D’altra parte non è forse que­sto lo scopo di tutta la buona letteratura?». Parole sa­crosante in un mondo, quella della lettera­tura per ragazzi, che a quanto pa­re resta valido sino ai 12-14 anni allorché i nostri pargoli, crescen­do, scoprono i videogiochi, il web, le chat, facebook e compagnia bel­­la, abbandonando la lettura come dimostrano da anni le statistiche che regolarmente si fanno. Ora, Milani nella sue “autobio­grafie” non fa altro che difendere a spada tratta il senso del proprio­la­voro in un mondo che pian piano lo sta dimenticando (è la verità, no­nostante i suoi personali succes­si). E questo è il lato dal mio punto di vista più importante dei suoi due libri, al di là delle tante perso­ne e situazioni che descrive (Mo­sca, la redazione del Corriere dei Piccoli , i disegnatori del settima­nale, la sua trasformazione in mano ai manager che volevano “adeguarlo ai tempi”, trasfor­mandolo in quell’ibrido - an­che linguistico- che fu Cor­rier Boy , la sua chiusura; ma anche la collabora­zione alla Domenica del Corriere con la gestione della famosa rubrica «La realtà romanzesca», ecc. ecc.). Disgustato da ragazzi­no dai libri edificanti che gli lasciavano «un senso di nausea»,il giovane Gu­glielmo già Mino trovò la sua «salvezza» prima in Salgari poi nella «Romantica mondiale» di Sonzogno e ne La morte di Arturo di Mallory : amore, morte, audacia, magia, viltà, co­raggio, tradi­m­ento gene­rosità, ven­detta, perdono. La strada era se­gnata. Romanzo dì avventura e quindi d’evasione: «Da un mon­do come il nostro, dove caparbia­me­nte si cerca di rendere tutto pre­vedibile... l’unica via d’uscita è il li­bro, e più è d’avventura,meglio te ne vai». Ma si sa l’obiezione: «Da dove vuoi evadere? La tua vita, la tua attualità, la tua quotidianità so­no qui, e te la devi vedere con loro, caro mio». Non si può sfuggire ai «temi forti». E quindi: «Evadere? Pessima idea». Ma dice Milani, e noi con lui avendolo scritto non si sa più quante volte: «Disastrosa la prospettiva di ritrovare a sera, sul­le pagine del libro, il richiamo ai problemi che mi hanno assillato durante il giorno, e che saranno gli stessi domani... Dico solo che, se domani li dovrò affrontare, non ho voglia di raccontarli, e meno che mai di farlo secondo regole non scritte, ma politicamente cor­­rette, sussurrate suadevolmente o raccomandate con indice seve­ro ». Ahi, ahi, ahi, Mino Milani non si rende conto di quel che dice? Non sa che l’Ordine dei Giornalisti o il Ministero delle Pari Opportunità hanno già annotato il suo nome nella lista nera dei reprobi? Non sa che passerà dalla serie C alla se­rie Z? Per nostra fortuna restano i suoi moltissimi romanzi per ra­gazzi e adulti che nessuna com­missione potrà emendare come leggiamo in 1984 , o come invece si fa con molte favole risciacquate nella melassa buonista. Ci resta così per fortuna la saga di Tommy River ispirato da Ombre rosse , usci­ta man mano sul Corrierino e poi in volume negli anni Sessanta (gli otto romanzi sono stati poi riuniti da Mursia in due tomi nel 1976): Tommy, guarda un po’, è niente­men­o che un sudista ferito a Getty­sburg che fa del coraggio, della for­za morale, del rispetto, del senso della giustizia e del dovere la sua livrea, come ogni vero eroe che si rispetti. Egli combatterà la sua «buona battaglia» anche se non «vince» sempre. La sua vera scon­fitta gli giunge solo dalla «realtà in­dustriale » che lo scaccia dalle sue terre,una realtà«nella quale Tom­my­non può e soprattutto non vuo­le vivere ».Tommy,come altri pro­tagonisti delle storie di Milani- Sir Crispino, o Efrem, il ragazzino sol­dato di ventura, o Martin Cooper (1968),il«fantarcheologo»precur­sore, se così si può dire, del Martin Mystére di Alfredo Castelli (1982) -sono tutti personaggi della«biasi­mata evasione » che ci raccontano «un’altra vita,improbabile e tutta­via parallela a quella reale». Questo è Mino Milani che ha an­che i­l coraggio politicamente scor­retto di parafrasare a modo suo il famigerato motto di Brecht, così: «Se sono beati i popoli cui non oc­corre un eroe, sono sventurati quelli che all’occorrenza non ne trovano»! Onore delle armi, dun­que, a Mino Milani che ha ormai scritto tutto quel che doveva scri­vere seguendo sino in fondo la pro­pria vocazione.