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 2010  agosto 03 Martedì calendario

«Meglio la polvere che i business rischiosi» - «M eglio la pol­vere » sem­brano pen­sare a volte alcuni so­vrintenden­ti ai Beni culturali, forse perché, in un certo immaginario popolare, l’accumulo di polvere nobilita mi­steriosamente le opere d’arte, pur oscurandole

«Meglio la polvere che i business rischiosi» - «M eglio la pol­vere » sem­brano pen­sare a volte alcuni so­vrintenden­ti ai Beni culturali, forse perché, in un certo immaginario popolare, l’accumulo di polvere nobilita mi­steriosamente le opere d’arte, pur oscurandole. Ieri sul Giornale Lu­ca Beatrice ha sollevato proprio ta­le questione: sono ancora troppe le opere d’arte italiane «immobi­li », che non viaggiano per il mon­do (spesate, naturalmente, da chi ne fa richiesta), troppe quelle rin­chiuse in laboratori di restauro o scantinati di musei in attesa di enigmatici percorsi espositivi che non vadano più in là dei confini co­munali e, infine, ancora troppe quelle tenute «sotto sequestro» da una visione eccessivamente con­servatrice dei loro sovrintendenti, noncuranti che i nostri capolavori possano avere anche una funzio­ne strategico-culturale su scala globale e persino un’elevata reddi­tività economica. Esempio lampante, riporta Bea­trice, il caso dei Bronzi di Riace, a cui il sovrintendente della Cala­bria, Simonetta Bonomi, ha nega­to la «tournée internazionale»pro­p­osta quasi come una provocazio­ne da Mario Resca, Direttore gene­rale per la Valorizzazione dei Beni culturali. I Bronzi rimarranno così dove si trovano, attirando, a fine re­stauro, meno sguardi di quelli che potrebbero. Il museo di Reggio Ca­labria che esporrà le statue, alla fi­ne, fatturerà quanto una pizzeria, mentre potrebbe «incassare» mil­le volte tanto organizzando per i Bronzi viaggi all’estero, seguiti da doverose permanenze in Cala­bria. Tutto ciò è sintomatico della faglia (culturale e generazionale) che si sta aprendo nei Beni Cultu­rali tra «custodi» duri e puri (che spesso, però, non si trattengono dal coltivare il loro orticello di pre­st­iti e scambi regionali di scarso va­lore) e «valorizzatori» propensi a una gestione più dinamica, mana­geriale- «irresponsabile» secondo alcuni- del nostro patrimonio arti­stico. «Resca ha proposto il tour mon­diale dei Bronzi- ci dice Simonet­ta Bonomi- e io detto di no. Le sta­tue non stanno facendo la polvere: abbiamo messo in piedi un’esposi­zion­e sostitutiva a Palazzo Campa­nella, dove tutti li possono ammi­rare all’interno del laboratorio di restauro. Verranno poi esposti nel pieno rispetto di quel “godimen­to” di un’opera d’arte che la vec­chia legge di tutela 1089 saggia­mente raccomandava. È chiaro che la circolazione delle opere è raccomandabile, io stessa la so­stengo, ma per alcune proprio no, sia perché sono troppo fragili per viaggiare sia perché hanno un si­gn­ificato così importante per il mu­seo e per la comunità locale che to­gliendole da dove stanno, anche per poco, museo e città perdereb­bero moltissimo del loro peso cul­turale ed economico. Poi non è ve­ro che le opere possano viaggiare senza danni. E poi non capisco: se i turisti vanno a Shanghai per vede­re un museo, non possono venire a Reggio per vedere i Bronzi?L’ar­te italiana va valorizzata in Italia, nel mondo è già ben conosciuta e celebrata». Rossella Vodret , sovrintenden­te del Polo museale romano, pro­pone una visione diversa: «Oggi in Italia circolano più di 10mila ope­re. Per rimanere al Polo romano, abbiamo prestato a Porto Ercole il San Giovannino di Caravaggio del­la Galleria Borghese. Alla mostra del Quirinale, abbiamo dato quat­tro Caravaggio su ventiquattro. Non ricordo l’ultima volta che ho detto di no al prestito di un’opera. Settanta nostre opere della Galle­ria Borghese sono state in Giappo­ne per sei mesi. Sa qual è stato il risultato? Il 25 per cento in più di visitatori giapponesi nei nostri mu­sei di Roma. Ho fatto il sovrinten­dente in Calabria per tre anni, il problema dei Bronzi è diverso: ci sarebbe una rivolta popolare se si tentasse di toglierli da lì. Il proble­ma generale, però, è questo: sta cambiando drasticamente il tipo di esposizione. Prima chi chiede­va un’opera proponeva un proget­to scientifico forte e la collocazio­ne all’interno di un percorso criti­co di spessore. Oggi le mostre so­no innanzitutto mostre di se stes­se, simboliche, come il caso del Ca­ravaggio collezione Odescalchi a Milano o il San Giovannino di Leo­nardo arrivato a Roma dal Louvre. Folle di visitatori incredibili per quelli che sono degli eventi media­­tici tout court. Ma che a ogni modo portano introiti e conseguenze po­­sitive: per questo sono favorevole a che le opere circolino, tutte quel­le che possono farlo, almeno». «È un tema molto dibattuto - ci dice Maria Vittoria Marini Clarel­li , sovrintendente alla Galleria na­zionale di arte moderna a Roma- : un anno fa l’amministrazione chiese a tutte le sovrintendenze quali opere fossero da considera­re inamovibili, per fragilità o per importanza, e quali invece poteva­no viaggiare. L’intento era più quello di avere un elenco delle se­conde che delle prime, che sono poche e tutte conosciute: i Bronzi, Ercole e Lica di Canova, eccetera. Far viaggiare le opere comporta dei rischi: il Louvre non presta più la Gioconda, perché se cadesse l’aereo che la trasporta,il danno sa­rebbe tale da snaturare per sem­pre il museo stesso. In Austria una legge nazionale impedisce che il Bacio di Klimt esca dai confini del Paese. Certo che l’Italia si sta aprendo: nel 1996 la durata di un prestito delle nostre opere all’este­ro era sei mesi, oggi 18. Ma consi­deriamo la reciprocità: alcuni mu­sei esteri vogliono le nostre opere senza dare in cambio le loro, che fare in questo caso? E se una serie di musei fa richieste tali da svuota­re un’intera sala di un mio museo, la svuoto? E i turisti?». Pare comunque che siano stati fatti progressi anche nel trasporto delle opere: «Tanto che - spiega Marco Carminati, autore di Il Da­vid in carrozza. Le avventure di viaggio delle opere d’arte dagli obe­lischi egizi al boom delle mostre (Longanesi) - certe statue sono più sicure nelle casse dove viaggia­no che nelle sale dei musei. In ge­nere, i funzionari illuminati sono sia custodi che valorizzatori. Pur­troppo i conflitti di interesse sono molti: se gli organizzatori di mo­stre, nuova professione nata al di fuori delle sovrintendenze, vedo­no i musei come dei caveau da cui prelevare materiale, qualche volta per operazioni discutibili, i sovrin­tendenti hanno una visione più territoriale, più cauta. Certo che sa­rebbe bello vedere la Gioconda a Milano, ma non accadrà. È altret­tanto bello, però, che alcune navi da crociera facciano scalo a Messi­na, per permettere ai viaggiatori di raggiungere Reggio e vedere i Bronzi.Rimane il fatto che la deci­sione di prestare o meno un’opera è eminentemente politica».