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 2010  agosto 03 Martedì calendario

SCHEDONE SU FINI E LA CASA DI MONTECARLO

Più di dieci anni fa la vedova Anna Maria Colleoni, fascista convinta, morì. Nel testamento aveva inserito un lascito da due miliardi e mezzo di lire al Movimento sociale italiano, dell’’allora segretario Gianfranco Fini: una grande casa a Monterotondo (vicino Roma) dove la contessa aveva sempre vissuto, un terreno edificabile nei dintorni della stessa cittadina, un appartamento a Roma e uno a Ostia, un terreno a Terni e un appartamento di 70 metri quadrati più terrazzo in un’elegante palazzina del Principato di Monaco. La roba fu messa a bilancio e utilizzata da An, nel 2001, per andare in attivo.

La contessa Anna Maria Colleoni, stroncata da un tumore a 65 anni, il 12 giugno del 1999. Discendente di Bartolomeo Colleoni, condottiero del 1400, e figlia del gerarca fascista Guardino Colleoni, aveva acquistato la casa di Montecarlo il 10 luglio del 1962. «Con lei andavamo a tutti i comizi di Fini - racconta l’amica del cuore, Delfina Montenucci, 72 anni, di Monterotondo - e insieme gli portavamo sempre in dono un cesto di albicocche, perché Anna Maria tra i tanti beni aveva pure un frutteto e curava di persona la crescita delle piante». La nobildonna era senza eredi perché - ricorda Delfina - «diceva di non aver mai incontrato il suo principe azzurro». Così lasciò tutto all’amato partito.

«Questa storia era iniziata in una calda serata del giugno del 1991. A Monterotondo si è da poco votato per le elezioni e al ristorante Villa Ramarini il popolo missino sta festeggiando l’elezione di Roberto Buonasorte (oggi consigliere regionale per il partito di Francesco Storace), primo uomo della destra a fare il suo ingresso in un consiglio comunale da sempre dominato dalla sinistra, tanto che la cittadina alle porte di Roma si era meritata la fama di “Stalingrado del centro Italia”. In quella cena di un centinaio persone a un certo punto in una saletta riservata si appartano la contessa Anna Maria Colleoni, il segretario del Msi, Gianfranco Fini, e l’avvocato e militante missino Marco Di Andrea. E qui la contessa manifesta a Fini la volontà di lasciare tutto il suo patrimonio, beni mobili e immobili, al Movimento sociale per portare avanti la sua battaglia politica. Fini, un po’ imbarazzato, ringrazia e dice: “Cara contessa, non si preoccupi, tanto lei camperà altri cento anni...”» (Franco Bechis e Gianluca Roselli, Libero 29/7/2010).

L’appartamento monegasco si trova nel Palais Milton al civico 14 di rue Princess Charlotte: una sala, due camere, cucina, bagno e balcone nel cuore del Principato. Secondo le agenzie immobiliari il prezzo di mercato per un appartamento del genere in quella zona si aggira almeno sui venticinquemila euro a metro quadro, per un valore complessivo che oscillerebbe tra uno e due milioni di euro.

Il 29 luglio il Giornale scrive che questo appartamento un paio di anni fa è stato venduto e attualmente è abitato da Giancarlo Tulliani, 33 anni, fratello di Elisabetta Tulliani, compagna di Gianfranco Fini. Giancarlo Tulliani paga un affitto, che però nessuno sa a quanto ammonti. Il proprietario attuale della casa è una società offshore, la Timara Ltd con sede nel paradiso fiscale caraibico di Santa Lucia, nelle Piccole Antille, al numero 10 di Manoel Street della cittadina di Castries, capitale del minuscolo stato. La società, a capitale di mille dollari americani, è a capitale anonimo ed è quindi impossibile sapere chi siano i soci.

Ad acquistare da Alleanza nazionale l’appartamento monegasco nel luglio 2008 non fu però la Timara Ltd, ma un’altra società offshore: la Printemps Ltd, che versò al partito 300mila euro. Davanti al notaio monegasco era presente al rogito il senatore di An Francesco Pontone. Anche la Printemps ha sede nell’isola di Santa Lucia e l’indirizzo della società è 10, Manoel Street nella città di Castries (lo stesso della Timara). Come la Timara, ha capitale sociale di mille dollari americani e gli stessi amministratori, tutti monegaschi. È stata la Printemps Ltd a vendere l’appartamento di Montecarlo alla Timara Ltd. Tutto si svolse in pochissimi mesi: la vendita a Timara della casa per la somma di 330 mila euro è avvenuta il 15 ottobre di quello stesso anno. Il che significa che la complessa operazione immobiliare si è perfezionata in appena quattro mesi e mezzo. Ricapitolando: il 30 maggio è stata costituita la Printemps; negli stessi giorni ha visto la luce la Timara; a luglio Printemps è entrata in possesso l’appartamento e a metà ottobre l’ha ceduto a Timara, che adesso l’ha affittato a Tulliani.

Amministratore delegato della Printemps Ltd è un professionista del Principato, Bastiaan Anthonie Izelaar, che rappresenta molteplici interessi dal settore finanziario a quello petrolifero. Nel rogito notarile relativo alla casa ora nella disponibilità della famiglia Tulliani, Izelaar figura anche come direttore generale della società Jaman Directors Ltd, anch’essa partecipante alla compravendita. La Jaman Directors ha qualche anno in più delle altre finanziarie, essendo stata fondata il 2 novembre 2005; ma con la Printemps e la Timara condivide la sede di Manoel Street a Castries. Nel board di Jaman appare anche il nome del finanziere Gianfranco Comparetti, proprietario dello Yacht Club Villas at Cul de sac ad Anguilla, altro paradiso fiscale vicino all’isola di Santa Lucia, segnalato dall’Ocse come possibile terminale di operazioni di riciclaggio internazionale.

La cifra con cui la Printemps acquistò l’appartamento è giudicata da tutte le agenzie immobiliari troppo bassa. Senza contare che il partito aveva ricevuto svariate offerte ben più corpose: solo cinque anni fa negli uffici di Alleanza nazionale a Roma venne recapitata l’ultima offerta di acquisto dell’appartamento, messa nero su bianco da un condomino, e ammontava a oltre un milione e mezzo di euro. Donato Lamorte, che ai tempi era capo della segreteria di An: «I trecentomila euro sono regolarmente iscritti in bilancio e comunque la casa era molto fatiscente». Lamorte ha raccontato di aver fatto un sopralluogo nell’appartamento poco prima della vendita, nel 2008: «Tremenda. Era in uno stato deplorevole, fatiscente. Cataste, vetri rotti, spazzolini da denti dentro scatole di Simmenthal. Se toccavi qualcosa rischiavi di prenderti la setticemia e morire».

Dopo l’acquisto, la Timara ha affidato la ristrutturazione dell’appartamento al colosso delle costruzioni Engeco: abbattimento di muri interni e rifacimenti del pavimento. Il committente dei lavori è Giancarlo Tulliani.

Giancarlo Tulliani, che vive nella casa: «Sono state scritte tante cose false sul mio conto, quest’appartamento è grande 45 metri quadri, non 70. E io non ci vivo gratis né ho il comodato d’uso, ma pago alla società un affitto congruo (però non dice quanto, ndr). Eppoi è vero che ho la residenza fiscale nel Principato, ma io a Montecarlo ci vivo e ci lavoro tutto l’anno. E non faccio neanche il produttore tv, questa è un’altra invenzione!».

Il 2 agosto Gianfranco Fini ha deciso di querelare il Giornale di Vittorio Feltri. L’accusa mossa nei confronti del quotidiano è «di aver pubblicato negli ultimi giorni una serie di notizie false e diffamatorie... Il presidente Fini non è titolare dell’appartamento e non sono a lui riconducibili le società che hanno acquistato l’immobile». La risposta di Feltri non s’è fatta attendere: «Fini ha annunciato che vuole querelarci? Quereli pure. Ride bene chi ride ultimo».

«Una storia enorme. Che però giace per giorni solo su due quotidiani. I più berlusconiani d’Italia: oltre al Giornale di Feltri, anche Libero di Maurizio Belpietro. Così il duello finale tra il Cavaliere e l’ex delfino Gianfranco fa piegare il valore oggettivo della notizia, innegabile, alle convenienze politiche di parte. C’è chi bastona Fini e chi no. Le polemiche si sprecano. Due case e due misure, appunto, per comparare Scajola e Fini. Epperò. A Feltri e Belpietro, secondo molti i dioscuri del giornalismo con il manganello, va dato atto che hanno menato in entrambi i casi, contribuendo pure alle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico. Da ieri, poi, la notizia sugli altri quotidiani c’è finita. Per un motivo semplice: i legali di Tulliani hanno annunciato querele varie» (Fabrizio d’Esposito, il Riformista 3/8).

«Corriere della Sera e Repubblica sono appassionati del giornalismo libero, d’inchiesta, quello che mette il potere a nudo, di fronte alle sue responsabilità politiche, etiche, giudiziarie. La libertà di stampa, la sacralità della notizia sono valori assoluti, indiscutibili, che vengono prima del diritto alla privacy, soprattutto se si parla di personaggi pubblici. Per questo ci chiediamo come mai in questi giorni i due quotidiani non scavino sulla questione della casa di Montecarlo lasciata in eredità ad An, cioè a Fini, e finita in uso al cognato del presidente della Camera dopo essere passata per due finanziarie estere a prezzi che nulla hanno che fare con i valori di mercato. Non vogliamo insegnare nulla a nessuno, e ogni giornale ha il diritto e la libertà di occuparsi di ciò che meglio crede. Ma ieri i due quotidiani sono andati oltre. Negli editoriale firmati da Massimo Franco sul Corriere e da Ezio Mauro su Repubblica, si sostiene che l’inchiesta del Giornale sulla casa di Montecarlo è un’operazione politica, una campagna di fango. Ora, si dà il caso che gli articoli del Giornale sono frutto del lavoro di giornalisti che tra mille difficoltà e omertà hanno indagato, interrogato testimoni, rintracciato atti e documenti che non hanno ricevuto la ben che minima smentita. Nessun pm ci ha passato sottobanco intercettazioni o verbali coperti dal segreto istruttorio. Per carità, nessuna medaglia. Ma lezioni di giornalismo da due testate che da anni, con chiari fini politici, raccolgono e pubblicano ricatti di escort, sfoghi e minacce di moglie frustrate, che spacciano per verità teoremi giudiziari che si sgonfiano in poche settimane, che insomma sono campioni di notizie spazzatura vestite in abiti da sera, questo ci sembra troppo. Massimo Franco ed Ezio Mauro si possono occupare delle case che credono, da quelle di Scajola a quelle della cricca, di Bertolaso, fino alla villa in Sardegna di Berlusconi. Ezio Mauro è anche libero di non raccontare ai lettori la storia (imbarazzante) della sua di casa. Entrambi hanno il diritto di non scatenare i cronisti sugli affari immobiliari dei loro editori. Ma il fatto che non si occupino di quella che coinvolge la famiglia Fini è più che sospetto. O si stanno inchinando al potere, o sono servi di una parte politica, o stanno facendo politica. In ogni caso nulla che abbia a che fare con la libertà di stampa» (Alessandro Sallusti, il Giornale 3/8/2010).