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 2010  agosto 03 Martedì calendario

IL PAKISTAN SOTT’ACQUA: GIA’ 2,5 MILIONI DI COLPITI


Si allarga il fronte delle alluvioni in Pakistan. Con esso crescono il numero delle vittime, ormai 1.500 i morti accertati, e i ca­si di colera, gastroenterite e dissenteria, che secondo le autorità sanitarie avrebbero già superato i 100mila.

Dalla regione del Khyber al confine afghano, di cui da sempre rappresenta l’acces­so più diretto, all’Azad Kash­mir (il Kashmir libero, ovve­ro rimasto al Pakistan a ri­dosso della linea d’armisti­zio con l’India, che è oggi il più lungo ed elevato fronte tra due Paesi), l’intera regio­ne montuosa settentrionale del Pakistan, un’area vasta oltre metà dell’Italia, è sott’acqua e in lutto, con 30mila persone che atten­dono di essere soccorse sui tetti delle loro case.

Se si aggiungono le aree del­la provincia del Baluchistan e di quella del Punjab, da gior­ni battute da piogge torren­ziali e soggette a piene deva­stanti, un terzo del Paese è in­teressato dall’emergenza e con esso, come confermato dalla Croce Rossa, 2,5 milio­ni di pachistani. In regioni so­vente fuori controllo del go­verno centrale per autono­mia riconosciuta o per prete­sa d’indipendenza sostenuta dai kalashnikov, il governo di Islamabad può fare ben poco se non contare il crescente numero di vittime e danni che sono già oggi al di sopra delle sue possibilità.

I muri d’acqua, che improv­visi riempiono le valli più sco­scese o i letti ampi ma spes­so privi di argini dei fiumi maggiori, non hanno lascia­to scampo a tantissimi villag­gi. Il maggior numero di vit­time si conta proprio nelle a­ree dove le vallate si aprono per entrare nella pianura del Kabul e dell’Indo. Zone che allineano tra Peshawar e Isla­mabad un gran numero di centri abitati, tra cui Now­shera e Charsadda.

Con minori perdite di vite u­mane ma gravi danni, anche le aree montane, i distretti di Swat, Dir, Buner, Malakand, Chitral, Gilgit-Baltistan, cro­cevia di culture e di conqui­ste da anni infiltrati dalla guerriglia taleban, hanno su­bito un urto che mai nelle val­li un tempo percorse dai commerci sulla Via della Se­ta e dai pellegrini buddhisti ricordano tanto brutale e i da­ti storici riportano indietro di almeno 80 anni.

Circa 4mila le case finora di­strutte, decine di strade prin­cipali sono state interrotte e i soccorsi in diverse regioni do­vranno aspettare un deflusso che elimini anche il costante pericolo delle frane, che nel­le valli più esposte hanno cancellato intere comunità. Sono 1.500 i turisti bloccati ma non in pericolo nello Swat.

Oggi fierezza tribale e or­goglio di fe­de, la tena­cia degli a­gricoltori e dei pastori, persino la potenza dei mezzi mili­tari sono i­nermi da­vanti alla forza delle acque e gli sfollati san­no che per loro, in que­sto Paese sempre sulla linea della povertà e del sottosvilup­po, attraver­sato dai semi dell’odio reli­gioso e dell’intolleranza, po­tranno contare – una volta salvata la vita – solo su se stes­si e sulla solidarietà interna­zionale. Solidarietà che sta at­tivandosi. Le Nazioni Unite hanno stanziato 10 milioni di dollari, la Cina, tradizionale alleato e anch’essa colpita in questi giorni dalla furia delle acque, ha reso disponibili 1,5 milioni di dollari; Stati Uniti e Unione Europea stanno ap­prontando propri soccorsi. In tutto finora sono stati pro­messi 60,8 milioni di dollari, ma l’Onu ha chiesto al mon­do di fare di più. Da ieri, nuove piogge mon­soniche, da lungo previste ma mai come quest’anno im­provvide, hanno cominciato ad affacciarsi sul Paese e si te­me un peggioramento ulte­riore della situazione. Il go­verno ha promesso un soste­gno di 300mila rupie (circa 2.700 euro) per ciascuna fa­miglia colpita, ma ha dovuto ammettere la sconfitta sul fronte della prevenzione e dei primi soccorsi.