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 2010  agosto 03 Martedì calendario

SERVILLO «È IL TEATRO IL SIERO DELLA VERITÀ»

La Maddalena - Mentre la scuola italiana taglia ore e stipendi e l’insegnamento di ogni ordine e grado tira non sempre decorosamente a campare, un Maestro di quelli con la ’M’ maiuscola si chiude con una ventina d’allievi in un remoto angolo di Sardegna per trasmettere qualche granello del suo sapere e forse della sua arte.
Succede nel minuscolo Borgo di Stagnali, un ex-complesso militare arrampicato in bell’ordine sull’isola di Caprera, nel cuore del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena. È qui che per cinque giorni Toni Servillo ha tenuto un laboratorio intensivo di recitazione riservato a 18 giovani attrici e attori provenienti dalle scuole di tutta Italia (l’Accademia d’Arte drammatica, la scuola del Piccolo, il Centro Sperimentale di Cinematografia, la Paolo Grassi di Milano, la Scuola d’Arte Drammatica di Cagliari, la scuola di Paolo Rossi, eccetera).
Cinque giorni di prove dunque, su pagine di Goldoni, Molière e Marivaux (ma i primi due si sono rivelati così prodighi di spunti che Marivaux dovrà aspettare il prossimo giro). Cinque giorni di passione per spiegare a 10 ragazze e 8 ragazzi, che si vedevano quasi sempre per la prima volta, cosa significa davvero capire un testo; quali indicazioni nasconde la potenza di un verso («Goldoni moltiplica le didascalie, in Molière sta tutto magicamente nel dialogo»); come accogliere dentro di sé quelle parole per riversarvi la forza del loro vissuto e della loro immaginazione. In un intreccio così forte di vita e finzione, sogni e realtà, che a tratti sembrava di stare sul set del famoso Vanya sulla 42a strada di Louis Malle.
«Guardate come il testo rimbalza sui vostri volti e sui vostri corpi», incalza Servillo i giovani impegnati in una lunga scaramuccia fra il protagonista Alceste e la scaltra Célimène dal Misantropo di Molière. «Approfittate della ricchezza lessicale di Alceste, il suo vocabolario è parte del suo fascino, siamo davanti a un intellettuale, a un oppositore per natura. Se Célimène ne è attratta è perché sente la sua diversità, se finirà per respingerlo è perché è una donna libera e non vuole rinunciare alla vita a vent’anni. Non vi siete forse trovati mille volte in situazioni simili? Non avete riaccompagnato a casa una ragazza parlando e riparlando di cinema, politica, letteratura, mentre dentro sapevate che lei pensava a ben altro? Non fatevi intimidire dal capolavoro, dentro Molière ci siete anche voi, anzi voi in quanto giovani avete proprio bisogno di Molière», si accalora Servillo, «con la sua libertà, il suo sguardo aperto sulla vita, è l’autore perfetto per la vostra età».
I ragazzi leggono e rileggono, alternandosi nei ruoli e dosando i toni, il ritmo, l’intensità dell’interpretazione, ma Servillo insiste sulle mille risonanze del testo: anzi non li lascia proprio alzare in piedi finché non hanno sviscerato ogni virgola della scintillante traduzione di Cesare Garboli.
«All’Italia è mancato un Molière», spiega il protagonista del Divo. «In Francia tutto discende da Molière, a partire dai grandi personaggi femminili della letteratura e del cinema, da Balzac e Stendhal fino alle eroine di Truffaut, di Rohmer o di Agnès Jaoui, donne fiere e indipendenti. Mentre noi qui siamo sempre fermi alle solite maschere, il furbo, la ragazza “disponibile”, per non dir altro, che oggi magari vuol fare la velina. Il cattolicesimo retrivo in Italia ha fatto danni ancora più devastanti proprio perché non abbiamo avuto un Molière. Pensate a Célimène, così padrona di sé nel Misantropo, e pensate a Giacinta, alla sua rinuncia finale, alle tante ipocrisie che nutrono la Trilogia della villeggiatura di Goldoni. Non è solo teatro, sono due modelli che la drammaturgia consegna alla formazione emotiva e intellettuale di un paese». Dove la parola chiave è proprio “emotiva”.
«Non aver avuto un Molière ci ha condannati a fare a meno di idee e valori su cui poteva fondarsi un’altra mentalità nazionale», prosegue Servillo. «Non a caso la nostra cultura ufficiale ha sempre combattuto l’autore del Misantropo, vedendoci qualcosa di addirittura luciferino. Invece il teatro di Molière è un paradiso, un luogo di perfezione attraverso cui ogni attore dovrebbe passare. Anche per questo», ci racconta uscendo esausto dal laboratorio, «dico sempre che il nostro mestiere, con tutto il carico di disciplina fisica e intellettuale che impone, concede privilegi unici. Non per il successo o l’apparire, come oggi purtroppo si tende a credere, al contrario. Le prove sono necessarie ma il bello del teatro è proprio nella tournée, nella lunga convivenza con i personaggi. Passare due o tre anni in compagnia di Amleto è una delle esperienze più intense che la vita possa regalare».
Vallo a spiegare a quei giovani che vedono piccolo e grande schermo come una scorciatoia per la vita facile. Ma forse il senso di questa esperienza sta proprio qui. Nell’incontro fra un luogo così straordinario e un grande interprete e regista, consumato dagli impegni teatrali e cinematografici, che per la prima volta in vita sua recita il ruolo del docente (fra poche settimane lo vedremo a Venezia nei panni di Mazzini in Noi credevamo di Martone, nonché cassiere col vizio del gioco nel nuovo film di Stefano Incerti, Gorbaciof. Ma il 10 settembre Servillo sarà già a Ravello, per poi venire all’Auditorium di Roma, con un nuovo spettacolo musicale di Giorgio Battistelli su libretto di Franco Marcoaldi, Sconcerto, una specie di Prova d’orchestra a rovescio in cui il grande attore napoletano veste i panni del direttore d’orchestra).
Convincerlo a insegnare non dev’essere stato facile. Ci voleva l’autorità di un festival diverso da tutti come “La Valigia dell’Attore”, la manifestazione diretta da Giovanna Gravina, la figlia di Gian Maria Volonté, che in ricordo del padre da sette anni porta ogni estate sull’isola i migliori interpreti del cinema, del teatro e della televisione italiani. E che ha varato questa sua prima master class in collaborazione con il Centro Teatro Ateneo della Sapienza di Roma. Leggi Ferruccio Marotti e Fabrizio Deriu, antichi complici del festival, che hanno anche filmato l’intero laboratorio tenuto da Servillo (presto in rete su www.europeana.eu, sito della Comunità Europea nato per digitalizzare il patrimonio bibliotecario del vecchio continente, ma aperto a ogni orizzonte della creatività.
L’ambizione è fare della Maddalena non solo un luogo di incontro ma «una scuola europea di formazione per attori, con sede nell’isola», sintetizza Marotti. La prima pietra è posata. Ora serve l’adesione degli artisti e delle istituzioni. Una cosa però è certa. Comunque vada, i cinque giorni passati con Servillo resteranno stampati nella memoria di questi 18 allievi prescelti su più di 200 candidati. Di iniziative del genere, in un paese in cui la trasmissione del sapere è ormai un’emergenza nazionale, ce ne vorrebbero non dieci ma cento ogni anno.