Carlo Antonio Biscotto, il Fatto Quotidiano 1/8/2010;, 1 agosto 2010
I “DIARI DI GUERRA” CHE FANNO VERGOGNARE L’AMERICA
Il 30 agosto 2008 le forze speciali americane (Squadrone Scorpio 26) bombardano alcune posizioni dei Taliban nella provincia di Helmand. Secondo il comunicato del comando Nato restano sul terreno 24 Taliban. Il comunicato non parla di altre vittime né tra i militari americani né tra i civili. Il sergente Patrick Bishop, di stanza insieme ad altri paracadutisti britannici nella vicina base di Sangin, fornisce immediatamente una versione diversa dell’accaduto: “La notte del 30 agosto arrivarono in ospedale molti civili alcuni dei quali gravemente feriti. Diversi erano bambini e alcuni sono morti per le ferite riportate”. Secca è la smentita dei vertici militari e Patrick Bishop – come racconta oggi - viene sollevato da ogni responsabilità militare e successivamente rimpatriato. A due anni di distanza tra le pagine dei 92.000 documenti pubblicati dal sito Wikileaks la prova che Patrick aveva ragione. “Magra consolazione” , dice con un filo di voce. “Non potrò mai dimenticare quei bambini sofferenti e lo strazio dei genitori”.
Il cosiddetto “Diario della guerra in Afghanistan” è una guida ragionata ai tanti episodi insabbiati, nascosti, dimenticati di quella che appare sempre più come una “sporca guerra”. Esaminando la cartina dell’Afghanistan dove con punti colorati sono indicati gli “incidenti” per fuoco amico afgano (puntino blu), quelli per fuoco amico della coalizione (puntino celeste), le vittime civili (puntino rosso) e i disordini (puntino giallo) Patrick Bishop ha trovato quello che cercava e forse anche un po’ di pace.
Il risarcimento delle forze Nato per ogni civile morto è di meno di 2.000 dollari. Una cifra non indifferente in quello sciagurato Paese. Ma se a morire sono un figlio o una figlia, quale somma potrebbe lenire il dolore di una mamma?
Uno dei fatti più gravi emersi dai documenti di Wikileaks è avvenuto il 9 settembre del 2009 in un villaggio della provincia di Helmand. All’epoca il comando militare americano diffuse un comunicato in cui – pur con qualche ambiguità – si parlava di razzi lanciati dai Taliban. Oggi sappiamo la verità: le 26 vittime civili sono state causate “dal malfunzionamento del sistema di guida di alcune bombe intelligenti”. Commenta Halima, unica superstite della sua famiglia: “Quel giorno non lo scorderò mai. Ho perso mio marito e i miei tre figli e sono morta con loro. Non ho mai creduto alla versione ufficiale perché per quanto ne sapevamo non c’erano Taliban in zona. E poi non avevano bombe come quelle. Ora magari saranno costretti a risarcirmi. Ma che me ne faccio dei soldi? Io rivoglio la mia famiglia”. Fondatore del portale Wikileaks è Julian Assange, australiano, 39 anni, il quale presentando il suo scoop a Londra ha detto che dalle carte potrebbero emergere crimini di guerra. “Spetta alla magistratura indagare. Noi abbiamo fornito solamente la materia prima”. Assange una ventina di anni fa faceva l’hacker per gli International Subversives, pagò parecchie multe salate e fece anche un po’ di carcere. C’è da dire che Assange è un personaggio controverso e un anti-americano della prima ora: “La Cina è forse più totalitaria, ma gli Stati Uniti hanno più volte interferito militarmente in altri Paesi. Il budget dell’intelligence militare americana è più grande di quello di tutto il resto del mondo. E poi dispongono di 700 basi militari in territorio straniero nel contesto di due guerre molto discusse, quella dell’Iraq e quella dell’Afghanistan”.
Le vittime e i dati
ufficiali
A suscitare un’ondata di reazioni – non tutte dello stesso segno – non sono stati i dati che erano in larga misura noti. Le vittime civili in Afghanistan sarebbero 195 e i feriti 174. Gli incidenti rivelati dai 92.000 documenti 144. È terribile doverlo dire, ma in quasi dieci anni di guerra non sono numeri così alti. Fanno più impressione gli oltre 5.000 soldati americani morti. A indignare l’opinionepubblicatantodasuscitare un’ondata di lettere, di post sui blog militari e civili, di interviste, di email è stata l’amara sorpresa di essere nuovamente alle prese con le bugie, le menzogne, le falsità, le coperture, i segreti, i maneggi per giustificare l’ingiustificabileeingannaregliamericanie non solo loro. E poi ancora una volta è stato toccato un nervo scopertodegliamericani:iltimoredinonesseresemprei“goodfellas”, i bravi ragazzi, quelli che stanno inevitabilmente dalla partedellaragioneecombattonosolo le guerre “giuste”. Questa radicataconvinzioneculturaleaveva subito un primo duro colpo con la guerra del Vietnam, ma i soldati e gli ufficiali che oggi si trovano in Afghanistan a quei tempi non erano ancora nati e per di più i terribili attentati dell’11 settembre, gli 3.000 morti delle Torri Gemelle e la paura mondiale del terrorismo islamico avevano restituito una sorta di verginità all’intervento militare americano. Forse anche per questo la reazione sui blog militari è stata così appassionata.
Ma c’è anche chi non resiste alla tentazione di ricordare che tutto era stato già detto e previsto. Su Threat Matrix, blog del Long War Journal, Bill Roggio scrive: “chi ci seguenonpuòesserestupito.Da anni documentiamo la complicita’ dell’esercito e dei servizi segretidelPakistanconigruppiterroristiciviciniadAlQaedaeaiTaliban”. “Certo e’” – controbatte Rex Brynen su Small Wars Journal – “che Wikileaks ha regalato su un piatto d’argento ai Taliban il quadro dettagliato di tutto quello che sappiamo di loro”. E sempre Rex: “non siamo ai Pentagon Papers, non esattamente. La differenza principale va individuata nell’apatia generale dell’opinione pubblica americana nei confronti della guerra in Afghanistan mentre ai tempi della guerra del Vietnam la partecipazione dei cittadiniallevicendedellaguerra era appassionata e persino dolorosa. La eco dei Pentagon Papers si fece sentire per anni. Questa vicenda invece è destinata a scomparire dalle prime pagine dei giornali nel giro di pochi giorni”. Sullo stesso blog il sergente Abu Muqawama commenta: “non bisogna fermarsi alla notizia delle vittime civili e della connivenza di pezzi dei servizi segreti pakistani con gli insorti, ma bisogna cercare di capire e di prevedere quale sarà la reazione dell’opinione pubblica”. Su Antiwar.com , Justin Raimondo scrive: “La cosa terribile dal punto di vista dei funzionari della Casa Bianca che debbono “vendere” questa guerra agli americani è il drammatico quadro di confusione, di autentico caos che caratterizza l’azione delle nostre forze armate…”. Era inevitabile che si tirassero fuori dai cassetti della storia i Pentagon Papers, uno studio segreto commissionato dal ministro della Difesa Robert McNamara durante l’amministrazione Johnson, terminato nel 1968 e reso pubblico nel 1971. Va ricordato che Lyndon Johnson lasciò la CasaBiancanel1969quandovenne elettoRichardNixon.Comecontinua a sottolineare la Casa Bianca, i documenti resi noti da Wikileaks sono tutti antecedenti alla decisione del presidente Obama di cambiare politica in Afghanistanequindiriguardanosoltanto la precedente amministrazione.
Come i Pentagon
papers sul Vietnam
“E poi” – scrive il signor Tofel su Small Wars Journal - “nel 1971, a differenza di oggi, i Pentagon Papers avevano rivelato una incredibile sequela di discrepanze tra laposizioneufficialedelgoverno sul Vietnam e la verità”.
La guerra in Afghanistan è costata sinora circa 300 miliardi di dollari. La guerra in Iraq poco più di 700. In totale 1.000 miliardi di dollari, l’1,6% del Pil americano, meno di quanto nello stesso periodo gli americani hanno speso in patatine, hamburger e soft drinks. E non di meno c’è chi si indigna per questo spreco di denaro. Scrive un lettore di Boston al New York Times: “Caro signor Obama, ho fatto oltre 100.000 dollari di debiti per pagarmi gli studi all’università. Mi sono laureato un anno fa e non sono ancora riuscito a trovare un lavoro decente. La prego, saldi i miei debiti.SepuòregalaremiliardialPakistan, sono certo che puo’ anche pagare il mio modesto debito. Robert. P.S. Non ho armi nucleari e non sono un terrorista”.