Emanuele Scarci, il Sole-24 Ore 3/8/2010;, 3 agosto 2010
L’ESTATE PIATTA DEI SALONI AUTO QUELLI APERTI RESTANO DESERTI
«Che vuole, qui non si vede più nessuno. Fino allo scorso dicembre nel salone espositivo venivano le famiglie intere a guardare i nuovi modelli. Addirittura sul monovolume si sedevano in 7 e dicevano: che bella, che comoda! Basta, chiuso, ora non vediamo più nemmeno i curiosi».
Oreste Ruggeri, concessionario Peugeot di Rimini, allarga le braccia, è sconsolato. Poi aggiunge: «Di questi tempi, un paio di migliaia di euro di incentivi facevano la differenza per le famiglie. Ora, con la crisi dell’economia, la cassa integrazione che galoppa, le incertezze sul futuro, qui da noi i clienti latitano. E non c’è finanziamento o promozione che tenga ». Oreste è un caso tra i tanti. Girando per l’Italia, di realtà simili ce ne sono molte: punti vendita in difficoltà, alle prese con un mercato che si restringe e che nel mese di luglio ha ceduto un altro 26% di immatricolazioni. Per trovare un livello più basso nelle vendite di vetture in Italia bisogna tornare al 1995.
Ad altri concessionari, però, è andata peggio. Erano oltre 5mila i punti vendita in Italia appena sei anni fa, ora il loro numero è quasi dimezzato. E il settore lancia l’allarme sul futuro. Se il trend di vendite dovesse continuare – spiegano i vertici di Federauto – metterebbe a rischio 45mila addetti sui 178mila complessivi. Un esercito di venditori e di servizi aggiuntivi, che ruota intorno all’auto e che paga il prezzo di uno scenario sempre più complesso: fatto di consumi deboli e spese rimandate, di margini risicati, mai oltre l’1%dei ricavi, di una concorrenza che inizia ad affacciarsi in realtà nuove, come la grande distribuzione.
E il futuro? Oreste spiega che ha una ventina di addetti, tutti indispensabili. Per ora ridurrà altrove. Ma il futuro, cupo, è dietro l’angolo. «Forse – spiega –tagliare le spese generali non basterà».