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 2010  agosto 01 Domenica calendario

Intervista a Donato Santoianni - Va da sé che oggi lo ricono­scano in pochi, Donato Santo­ianni, se non altro perché ha diciassette anni, milanese e timi­do, e non si è neanche appeso a una canzoncina pop di quelle che fanno boom in mezzora

Intervista a Donato Santoianni - Va da sé che oggi lo ricono­scano in pochi, Donato Santo­ianni, se non altro perché ha diciassette anni, milanese e timi­do, e non si è neanche appeso a una canzoncina pop di quelle che fanno boom in mezzora. Macché: giusto qualche concor­so vocale e le apparizioni a Ti la­scio una canzone su Raiuno. È un crooner, già, o perlomeno merita di diventarlo. Un ragazzo con una voce fuori dal normale, corposa e duttile, capace di sali­re­e scendere nei toni con incon­sueta abilità adolescente e basta ascoltare come la accompagna nel primo cd Swinging pop : con un talento innato. Intanto, a par­te il bell’inedito Di nuovo , sono soltanto cosiddette cover, ma le più imprevedibili come Adesso tu di Ramazzotti,Cercami di Re­nato Zero, Nessuno mi può giudi­care della Caselli e una fenome­nale e irriconoscibile Billie Jean di Michael Jackson,tutte rivest­i­te di uno swing che non t’aspetti. Qualcuno, i più sbrigativi, lo ha paragonato a Michael Bublé ma,figurarsi,è un’altra cosa.Vo­lendo, sembra arrivare dagli an­ni Cinquanta ed è metaforica­mente nato con lo smoking che oggi veste con quel gusto disin­volto e coraggioso che una volta mica c’era. Santoianni, va bene che conviene iniziare presto: ma swing a diciassette anni è raro. «E dire che la prima volta che mi sono esibito con una band ne avevo solo otto». Brano preferito? « My way di Frank Sinatra. Ma la prima volta ho cantato E se do­mani di Mina». E adesso? «Oltre ai brani del mio cd, ho un repertorio molto vasto che va da Sinatra fino a Bublé passan­do per You don’t know me e A song for you di Ray Charles». Bravo però. Ma perché così tante? «Ogni sera ho una scaletta di­versa ». E dove canta? «In un grande albergo a Villasi­mius in Sardegna. Mi hanno chiamato per qualche concerto e poi sono piaciuto così tanto che mi hanno confermato altre esibizioni». È esattamente ciò che face­vano i crooner americani negli anni Sessanta: le sera­te negli alberghi di lusso. «E ho imparato moltissimo, così tanto che mi piacerebbe ri­petere l’esperienza nei prossimi mesi. Devo dire la verità: all’ini­zio pensavo di non farlo. Ma adesso mi sono convinto del contrario». Perché? «Mi ritrovo davanti un pubbli­co esperto, cosmopolita, capace di ascoltare con attenzione. E la mia è una musica che definitiva­mente va cantata dal vivo». A Ti lascio una canzone su Raiuno ha stupito tutti. «Mi ha dato visibilità e mi è pia­ciuto molto. Ma ho un legame maggiore con altri concorsi, co­me SanremoLab, perché lì forse si cresce di più». Santoianni, è così giovane che non ha neanche l’età della patente. «Dice che, visto da fuori, sem­bro una pecora nera?». Per carità. Però alla sua età è raro avere Sinatra o Nat King Cole come i doli. «E, se proprio devo dirla tutta, ho rinunciato a comprare un motorino per prendere un pia­noforte ». A coda? «Ma va, a casa mia neanche ci starebbe. Ho preso un digitale che potevo permettermi». E a scuola come va? «Liceo scientifico. Ho la me­dia del sette e mezzo: mi piace l’italiano ma faccio fatica con il latino». E mamma e papà? Di solito un giovane musicista in fa­miglia non se la passa bene. «Invece i miei sono avanti. Mi dicono: è il tuo destino, sei nato per questo, hai la voce giusta». E com’è? «Non è tenorile, ma ho note molto basse e la mia estensione è proprio quella dei crooner». Come Michael Bublé? «Il paragone non mi piace. Lui ha una voce più lineare, la mia è talvolta più sporca. Insomma siamo assai diversi». Lui forse non penserebbe di cantare Billie Jean in ver­sione swing. «Michael Jackson mi è sem­pre piaciuto molto e ho sofferto davvero per la sua morte. In real­tà avrei potuto cantare brani standard, magari qualcuno che Bublé non ha mai cantato. Ma con il mio produttore Giuliano Boursier (uno dei più bravi in cir­colazione -ndr )abbiamo scelto canzoni imprevedibili anche se molto famose comeIn assenza di te della Pausini.La gente cono­sce quelle c­anzoni ma non cono­sce me e così io mi presento can­tandole». Alla sera in un albergo. «Faccio tanti altri concerti in posti piccoli con un pubblico molto critico. Sto facendo ciò che non si vede più fare: la gavet­ta, che è davvero la palestra per uno che da grande vuole fare il crooner».