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 2010  agosto 03 Martedì calendario

STORIA D’ITALIA IN 150 DATE

24 maggio 1915
Il maggio radioso
Come membro della Triplice Alleanza, allo scoppio della prima guerra mondiale l’Italia dovrebbe schierarsi con gli Imperi Centrali. Invece rimane neutrale per mercanteggiare meglio. Trieste, Istria, Dalmazia, chi offre di più? Il ministro degli esteri Sonnino aspetta di capire quale sarà il vincitore per salire sul carro giusto. Quando ritiene imminente il trionfo degli anglo-francesi, firma con loro il Patto di Londra. Il giorno dopo gli austro-tedeschi sfondano in Galizia, ma ormai è tardi per cambiare idea. Oppure no? Il Patto ci dà un mese di tempo per dichiarare guerra ai nostri alleati. Gli italiani restano in maggioranza neutralisti. Lo è Giolitti, al momento fuori dal governo, però sempre padrone del Parlamento. Lo sono i cattolici perché lo è il Vaticano, che punta a una conferenza di pace da tenersi a Roma sotto l’egida del Papa come nel Medio Evo. E lo sono i socialisti, nonostante la scissione di Mussolini, maturata sull’onda di un articolo intitolato «Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante» al cui confronto le «convergenze parallele» di Moro appaiono un esempio di nitida prosa.
Gli interventisti, invece, sono una minoranza. Ma una minoranza decisa e chiassosa. Dalla loro hanno i grandi giornali (tranne «La Stampa» di Frassati, giolittiana), il convertito Mussolini, l’irredentista Cesare Battisti e l’immaginifico D’Annunzio, che in un discorso orribile e applauditissimo aizza le squadracce guerrafondaie contro «il mestatore di Dronero», alias Giolitti. «Codesto servidorame ha spavento del castigo corporale. Io ve li raccomando. Vorrei poter dire: io ve li consegno». Il giorno dopo centinaia di deputati si recano a casa di Giolitti, protetta dai cavalli di Frisia, per lasciare un biglietto di solidarietà. «Il mestatore» ringrazia, poi va dal Re e dal presidente del consiglio Salandra per convincerli a non entrare in guerra. Ricorda che l’esercito versa in condizioni penose: «Ho sempre dovuto falsificare i bollettini della campagna di Libia per non far vedere che si vinceva solo quando si era dieci contro uno». Suggerisce di riprendere i negoziati con l’Austria, che si è rifatta sotto con promesse allettanti contro le quali tuona il solito D’Annunzio: «Vogliamo un’Italia più grande non per acquisto ma per conquisto». Con una Camera in maggioranza neutralista, Salandra si dimette ma Giolitti non se la sente di prenderne il posto. Alla fine decide il Re, respingendo le dimissioni del governo, che torna in Parlamento per farsi votare i pieni poteri, cioè il potere di dichiarare la guerra agli austriaci. È il «maggio radioso». Una minoranza determinata e manesca è stata capace di imporsi al Re e ai deputati. Mussolini prende nota: sta partendo per le trincee dell’Isonzo, ma di fatto la sua marcia su Roma è già cominciata.