Luciano Fruttero, Massimo Gramellini, La Stampa 2/8/2010, pagina 72, 2 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
26 aprile 1913
Da Zero a tutto
Al salone dell’Auto di Torino viene presentata la Fiat Zero. Il successo è immediato. Se ne producono duemila esemplari, un numero cospicuo per i tempi. Oltre al radiatore disegnato da un ventenne Pinin Farina, può vantare grande maneggevolezza, robustezza, buona velocità. È il primo passo verso la visione utopistica di Giovanni Agnelli: motorizzare l’Italia. Agnelli è già un nome illustre nell’industria italiana. Tenente del Savoia Cavalleria, ha lasciato il servizio nel 1893 per dedicarsi ai nuovi veicoli che cominciano a circolare. Appassionato di meccanica, siede spesso in un caffé di corso Vittorio a confrontarsi con altri entusiasti dell’auto e finisce per trovare un certo numero di finanziatori con cui nel 1899 fonda la Fiat. Nel primo consiglio di amministrazione viene nominato segretario generale, ma fin da subito è lui a manovrare la piccola azienda. Quando scoppia la guerra di Libia avrà buone commesse per i camion dell’esercito e negli anni a seguire assorbirà a una a una le altre fabbriche automobilistiche nate a Torino e dintorni. Tutti lo ricordano come un uomo autoritario, imperioso, di poche parole (spesso in dialetto piemontese), ma abilissimo negoziatore, pronto a sfruttare ogni occasione di crescita per la sua impresa. Con la Grande Guerra fornisce all’esercito migliaia di automezzi e nel dopoguerra riesce a riconvertirsi, sia pure con molti scossoni, all’industria di pace. C’è il biennio rosso con scioperi, occupazione degli stabilimenti, minacce di nazionalizzazione alla sovietica. Poi viene il biennio nero, dove la Fiat parteggia per la legge e l’ordine, ma senza darlo troppo a vedere. Mussolini lo nomina senatore già nel 1923 e nel 1932 lo iscrive d’ufficio al PNF, ma Agnelli fascista non è, il suo unico partito è l’azienda. Incontra regolarmente il capo del governo, cede su molti punti, ottiene concessioni, privilegi, dazi contro le auto straniere, ma fa sempre prevalere il concetto che la Fiat è un’istituzione indipendente: ai massimi livelli dirigenziali nessuno verrà mai assunto per meriti fascisti. E la Fiat cresce, si espande, fabbrica motori navali, motori aerei, motori per carri armati, è già intrinsecamente avviata verso la globalizzazione. Si salva anche dalla crisi mondiale degli anni Trenta, scampa, sia pure con gravi danni, ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, evita che i macchinari vengano trasportati nella Germania nazista. Dopo la Liberazione, Agnelli è accusato di collaborazionismo e privato temporaneamente della proprietà delle sue imprese. Muore poco dopo. Suo nipote Gianni, l’Avvocato, racconterà che al funerale c’erano la famiglia e una ventina di dirigenti. Nessun altro si è scomodato.