Varie, 3 agosto 2010
Suso Cecchi D’Amico è morta sabato a Roma a 96 anni. I funerali si svolgeranno oggi alle ore 11 nella chiesa di Santa Maria del Popolo
Suso Cecchi D’Amico è morta sabato a Roma a 96 anni. I funerali si svolgeranno oggi alle ore 11 nella chiesa di Santa Maria del Popolo. «La scomparsa della sceneggiatrice, annunciata dai figli Masolino, Silvia e Caterina, non segna solo la fine di una stagione del cinema italiano. È anche la fine di un certo modo di intendere il “mestiere” del cinema». [1] Nata, col nome Giovanna Cecchi, il 21 luglio 1914. Esordio nel 1946 (Mio figlio professore, di Renato Castellani). Ha lavorato con i più importanti registi e sceneggiatori italiani: Ennio Flaiano, Luchino Visconti, Luigi Zampa, Alessandro Blasetti, Michelangelo Antonioni, Francesco Rosi, Luigi Comencini, Roberto Rossellini, Renato Castellani, Cesare Zavattini, Mario Monicelli, Age e Scarpelli, Vittorio De Sica. In totale fanno più di cento film, tra i più famosi: Ladri di Biciclette (sua l’idea del furto finale della bicicletta), Rocco e i suoi fratelli, I soliti ignoti. [2] Palombelli: «Quando ha compiuto i novanta, lei che non ama proprio le celebrazioni, è stata definita la madre di tutto il cinema italiano: “Forse perché offrivo tè e biscotti Gentilini, c’era aria di casa, erano tutti simpaticissimi. Siamo peggiorati con gli anni, ma eravamo davvero un bel gruppo. Sono proprio contenta di averli avuti tutti qui” [a casa sua ai Parioli, dove abitualmente lavorava]». [5] Figlia di Emilio Cecchi, critico letterario tra i più importanti della prima metà del Novecento, e di Leonetta Pieraccini, pittrice. Nel 1938 sposa il 26enne musicologo Fedele D’Amico (figlio di Silvio, cui è intitolata l’Accademia nazionale d’Arte drammatica). Kezich e Levantesi: «Il viaggio a Parigi, che segue nel novembre 1938 la cerimonia nuziale, è caratterizzato da una nota paraddosale, che testimonia l’originalità della coppia. [...] Thomas Wood, borsista dell’Accademia americana, si è innamorato di Suso, ma ne è stato amabilmente respinto. Al momento del matrimonio dell’amata con Lele, Thomas avanza la bizzarra richiesta di addolcire la propria delusione unendosi alla coppia durante la luna di miele; e i due novelli coniugi non se la sentono di rispondergli di no». [3] Dal 1932 al 1940 lavora al ministero delle Corporazioni. Cecchi D’Amico: «Una volta, Mussolini si sedette di traverso sulla mia scrivania e si mise in posa... Era galante, ma mi parve che portasse il busto e mi sembrò ridicolo. Fu allora, tra questi esperti di economia e finanza, che ho conosciuto Enrico Cuccia, di poco più grande di me. Parlavamo di libri, di cinema, andavamo alla birreria Dreher, non faceva sport e non alzava mai la voce. Siamo rimasti in contatto sempre». [5] Primo film italiano visto al cinema: Sole, di Alessandro Blasetti, in proiezione privata accompagnata dal padre Emilio nella primavera del 1929. Inaugura «un vestituccio di voile di cotone verdolino che la sartina a giornata aveva appena finito di cucire». Nell’occasione la futura sceneggiatrice conosce il regista Blasetti, con cui poi lavorerà in svariate occasioni. [3] 200.000 lire, compenso per soggetto e sceneggiatura di Vivere in pace (Luigi Zampa, 1947). [3] Nel 1946, in un momento di difficoltà economica, scrive un libro di ricette, pur non avendo mai messo piede in cucina. [3] Per Proibito rubare (esordio di Luigi Comencini, 1948) dà una mano anche sul set. Kezich e Levantesi: «Per guadagnare tempo, lei va avanti e indietro in macchina di notte insieme con il produttore Ponti, soggetto a pericolosi colpi di sonno. Sempre pragmatica, Suso capisce che è il momento di prendere la patente e passare alla guida». [3] Casa in via Paisiello, quartiere Parioli a Roma. Palombelli: «Una casa che è già nella leggenda: sono stati scritti qui quasi tutti i capolavori del cinema italiano». [5] Nei primi anni Cinquanta, nel momento più prolifico della carriera, lavora spesso in gruppo con altri sceneggiatori, tutti uomini. Si invaghiscono di lei: Antonio Pietrangeli, critico cinematografico e futuro regista; Ennio Flaiano, anche amico di famiglia, che sparirà per due anni dopo essersi dichiarato. [3] Cecchi D’Amico su Flaiano: «Scriveva pochissimo. Passato il momento dell’idea brillante non gli interessava più, non gli andava di fare il compito a casa». [4] Con Luchino Visconti un rapporto di collaborazione lungo trent’anni. Kezich e Levantesi: «I due continuano a darsi del lei: lui si ostina a chiamarla Susanna (che non è mai stato il suo nome), lei gli si rivolge con l’appellativo, tra deferente e scherzoso, “Conte mio”». [3] «Ti ho sentito dire che non ti piace mandar fiori e forse nemmeno riceverli. Te ne mando lo stesso: fa’ un po’ tu. Dopo questa meravigliosa storia mi sei diventata simpaticissima, e so adesso che posso contare su un’amica fidata per confidare un... Bah, ti racconterò» (biglietto recapitato da Federico Fellini a casa della Cecchi D’Amico. La storia cui fa riferimento il regista è quella di una figlia segreta di Nino Rota: «l’amica Suso» ebbe il compito di cominicare questo segreto a Fellini). [3] Quella volta che «quel giovane dandy figlio del costruttore Pincherle» (vale a dire Alberto Moravia) invitò a ballare Suso e le pestò regolarmente i piedi. Renzo Paris, autore di Moravia una vita controvoglia: «Nonostante fosse molto avvenente, Alberto si guardò bene dal farle la corte, forse per non predisporre male il padre nei suoi confronti...». [3] Quando Anna Magnani telefonava all’improvviso, la sera tardi e le diceva: «Suso, ho la ruzza» (ho voglia di divertirmi). Dopo cinque minuti era al portone di casa d’Amico al volante di una grossa cilindrata. A quel punto la Magnani, suo figlio Luca, Suso Cecchi d’Amico e il figlio Masolino andavano al Club 84, il night vicino via Veneto. Luca restava in silenzio, Suso e Masolino intrattenevano Anna aspettando che le passasse la ruzza. [6] «Suso possiede il dono di fare tutto, anche le imprese di lavoro più serie e pesanti, con leggerezza e letizia» (da un appunto della madre Leonetta datato 19 luglio 1971). [3] Monicelli: «Ho vissuto 50 anni con lei. Entravo ed uscivo da casa sua con la naturalezza di chi ci vive. Eravamo come una famiglia. La sua scomparsa mi lascia molto solo, ma dobbiamo piegarci al volere degli anni». [1] Note: [1] corriere.it 31/7; [2] Giorgio Dell’Arti e Massimo Parrini, Catalogo dei viventi (Marsilio, 2009); [3] Tullio Kezich, Alessandra Levantesi, Una dinastia italiana (Garzanti, 2010); [4] Suso Cecchi D’Amico, Storie di cinema (e d’altro) raccontate a Margherita D’Amico (Bompiani, 2002); [5] Barbara Palombelli, Corriere della Sera 08/10/2005; [6] Masolino D’Amico, La Stampa 13/4/2001.