GIORDANO STABILE, La Stampa 1/8/2010, pagina 14, 1 agosto 2010
Pena di morte, Usa e Cina i “cattivi” - Calano, lentamente, le esecuzioni. Diminuiscono di un quarto i Paesi che hanno applicato la pena capitale, si riduce la pattuglia delle nazioni che mantengono la pena di morte nella loro legislazioni, con due continenti, l’Europa e le Americhe, quasi completamente liberi dai patiboli
Pena di morte, Usa e Cina i “cattivi” - Calano, lentamente, le esecuzioni. Diminuiscono di un quarto i Paesi che hanno applicato la pena capitale, si riduce la pattuglia delle nazioni che mantengono la pena di morte nella loro legislazioni, con due continenti, l’Europa e le Americhe, quasi completamente liberi dai patiboli. Il Rapporto 2010 di Nessuno tocchi Caino, presentato ieri a Roma, dipinge un mondo dove le caselle abolizioniste progrediscono con passo costante mentre restano moltissimi i giustiziati: 5679 esecuzioni nel 2009, in 18 Paesi, contro le 5735 del 2008, in 26. Anche quest’anno la Cina si aggiudica il primato di maggior numero di condannati a morte, con 5 mila esecuzioni, l’88 per cento del totale. Al secondo posto l’Iran (402), poi l’Iraq (77), l’Arabia Saudita (69). Sono ancora 43 gli Stati detentori della pena capitale, in calo costante dal 2005, quando erano 55. Di questi 36 sono «Paesi dittatoriali, autoritari o illiberali». Per questo, avverte la curatrice del Rapporto, Elisabetta Zamparutti, molti di questi Stati non forniscono statistiche: è quindi probabile che il numero delle esecuzioni sia più alto. Come è probabile che alcune esecuzioni siano state effettuate anche in Malesia, ma non risultano ufficialmente. «A ben vedere - dice il rapporto - in tutti questi Paesi la soluzione definitiva del problema, più che alla lotta contro la pena di morte, attiene alla lotta per la democrazia, l’affermazione dello Stato di diritto, il rispetto delle libertà civili». Gli stessi valori che avevano portato tre anni fa, era il 18 dicembre 2007, all’approvazione di una moratoria universale alle Nazioni Unite. Una vittoria dell’Italia, la nazione che più di tutti aveva lavorato in questa direzione. Verso, come ha sottolineato ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «un traguardo di civiltà giuridica a favore del quale il nostro Paese opera coerentemente in ogni foro». La moratoria universale è ancora lontanissima, ma a livello, se non culturale, di immagine, i cambiamenti ci sono stati. Quasi più nessuno «esibisce» la pena di morte, in molti la nascondono. L’Africa è il continente che si è mosso più rapidamente. Sono rimasti soltanto quattro i Paesi mantenitori (Sudan, Egitto, Libia e Botswana, 19 esecuzioni in tutto), dimezzati in tre anni: «Dal 2007 - sottolinea Nessuno tocchi Caino - i passi più significativi sono stati fatti proprio in Africa». Tanto che l’associazione ha premiato un africano, l’ex ministro degli Esteri del Gabon Jean Ping, come «abolizionista dell’anno 2010». È a portata di mano quindi il traguardo del primo continente senza pena di morte. In Europa resta soltanto la Bielorussia ad applicarla (con zero esecuzioni nel 2009 ma due nei primi mesi del 2010). Nelle Americhe c’è la vistosa eccezione degli Stati Uniti, che l’anno scorso hanno mandato al patibolo 52 persone. E poi c’è l’Asia, dove si concentra il 95 per cento dei morti. Ma anche in Cina, sottolinea Nessuno tocchi Caino, «si è potuto sapere, da fonti ufficiali, che le condanne a morte emesse dai tribunali sono diminuite fino al 30% rispetto all’anno precedente». La diminuzione è stata più significativa a partire dal primo gennaio 2007, «quando è entrata in vigore la riforma in base alla quale ogni condanna a morte emessa in Cina da tribunali di grado inferiore deve essere rivista dalla Corte Suprema». Secondo le stime della Dui Hua Foundation, il numero dei detenuti giustiziati in Cina è sceso della metà rispetto ai 10 mila giustiziati del 2004. La Fondazione stima che siano state effettuate 5.000 esecuzioni nel 2009, in calo rispetto al 2008 quando, secondo la Fondazione, «il dato reale potrebbe essersi avvicinato a 7.000».