Maurizio Piccirilli, Il Tempo 2/8/2010, 2 agosto 2010
SCENARIO INQUIETANTE CHE RISCRIVE LA STORIA
Documenti ignorati o precipitosamente liquidati come inconsistenti da molte procure. Così l’informativa dei carabinieri di Padova, datata 1983, che contiene gli appunti del capo brigatista Giovanni Senzani e che fanno riferimento anche all’attentato di Bologna, sono rimasti lettera morta. Nessuno ha indagato più a fondo. Nessuno ha cercato di saperne di più. Un fatto che lascia perplesso lo stesso giudice Rosario Priore per anni in prima linea nella lotta al terrorismo interno e internazionale.
«Quei documenti li trovammo in tasca a Senzani quando fu arrestato nel 1982 - ricorda Rosario Priore - Elementi fondamentali per capire tutta una sere di connessioni internazionali. Inviai copia a tutte le procure interessate. Cosa ne abbiano fatto non posso saperlo. Le informazioni che vi sono contenute aprono uno scenario inquietante. Gran parte le ho utilizzate nei processi contro le brigate Rosse. Altre notizie erano competenza di altre procure». Resta il fatto che su Bologna tutte le piste diversa da quella «fascista» non sono state percorse. A trent’anni dalla strage di Bologna, Rosario Priore nel libro-intervista scritto con Giovanni Fasanella «Intrigo internazionale: perchè la guerra in Italia. Le verità che non si sono mai potute dire», ripercorre le possibili tappe che potrebbero aver portato alla strage del 2 agosto. Così ritorna quel documento di Senzani che consentì al magistrato di comprendere quale struttura esistesse a Parigi.
«Il famoso cervello nella capitale francese - spiega il giudice Priore - che legava le Brigate Rosse a altre strutture». Ma nel libro si rilancia quella pista palestinese tanto frettolosamente archiviata. La strage di Bologna come reazione del terrorismo palestinese all’arresto di un responsabile di alto livello del Fronte popolare, che aveva la sua base operativa proprio nel capoluogo emiliano. «Nel novembre del ’79 avevamo arrestato a Ortona tre autonomi romani (Daniele Pifano, Giuseppe Nieri e Giorgio Baumgartner, ndr) che stavano trasportavano due missili terra-aria bulgari, destinate ai terroristi palestinesi - ricorda Priore -. Quell’operazione portò anche all’arresto di Abu Anzeh Saleh, un dirigente del Fronte popolare che era il responsabile dell’organizzazione in Italia. L’organizzazione pretendeva assolutamente la liberazione di questa persona, perchè la ritenevano una violazione del "lodo Moro" (basi logistiche in Italia in cambio della non belligeranza, ndr)».
Nonostante un comunicato ufficiale del Comitato centrale del Fplp, Saleh invece condannato dal Tribunale di Chieti e la sentenza venne poi confermata dalla Corte di Appello dell’Aquila. «Gli appunti di Senzani fanno riferimento a un arabo che è in questa riunione di Parigi. Ed è l’arabo che spiega alcuni dettagli importanti per compredeere cosa avveniva in quegli anni», sottolinea Priore. Parigi non era una camera di compensazione tra servizi segreti. Era qualcosa di più dove si studiavano strategie e si preparavano operazioni in varie parti del mondo. Servizi di varie bandiere, oggi si parla anche della Cia, tutti però impegnati in un lavoro di destabilizzazione, sfruttando le diverse sigle più o meno rivoluzionarie che si muovevano in quegli anni nel mondo. In Europa, Africa, Medioriente. In questo scenario torna anche lo spettro del gruppo Carlos, lo sciacallo. Del resto la presenza di Thomas Kram, membro dell’internazionale del terrore, a Bologna è cosa acquisita. Se per Priore, e nel libro scritto con Fasanella lo dice a chiare lettere, la pista palestinese della strage di Bologna è più che concreta, per altri rimane solo sullo sfondo.
Per Giovanni Pellegrino, ex presidente della Commissione Stragi, la strage di Bologna non è impunita perché la magistratura ha condannato tre persone all’ergastolo Fioravanti, Mambro e Ciavardini. «Dunque - ha spiegato l’ex presidente della Commissione Stragi - la verità giudiziaria non manca, ma non è soddisfacente. Anche il movente, l’obiettivo di fermare l’avanzata del Partito comunista nel 1980, non è convincente. Insomma, tutto il contesto in cui è maturata la strage è incerto e la verità storica non coincide con quella giudiziaria».