Il Catalogo dei viventi 2007, 2 agosto 2010
AMMANITI
Niccolò 2007 - Roma 25 settembre 1966. Scrittore. «Scrivere è faticoso».
VITA Figlio dello psicanalista Massimo e dell’architetto Fausta • «Dal genitore psicoanalista ti aspetti molto più che da un padre normale. Pensi di essere capito in modo speciale. E invece il mio era un papà come tutti gli altri, amorevolissimo e dunque pieno di paure, di ansie, di attese che temevo di deludere» • Ha studiato Biologia e si è occupato di riproduzione dei pesci d’acqua. Esordio nel 94 con il romanzo Branchie, nel 95 ha pubblicato col padre Nel nome del figlio, nel 96 ha scritto la raccolta di racconti Fango, nel 97 Ti prendo e ti porto via, nel 2001 Io non ho paura (una bambino scopre che il bambino legato in una buca là fuori è stato rapito dal padre: Salvatores ci ha fatto un film con Abatantuono). È stato il più giovane vincitore del premio Viareggio. «All’università avevo superato 15 esami, ma avevo detto d’averne fatti 18. Dopo il diciannovesimo devi cominciare la tesi. Io ero molto lontano da poter scrivere una tesi. Quando mio padre mi ha proposto di andare a scriverla nel suo ufficio ho detto di sì, perché mi sembrava una specie di punizione. Il mio stato mentale era completamente disturbato, fino a quando ho deciso di accendere il computer e scrivere. Ho scritto la storia di un malato terminale, che aveva tre mesi di vita. Era abbastanza autobiografica, perché dopo tre mesi avrei dovuto dire a mio padre che non mi sarei laureato. Era una storia tristissima. Poi incontrai un ex mio compagno che lavorava per una casa editrice. Doveva fare una collana di scrittori esordienti. Gli ho subito mollato la prima parte, lui mi ha detto che se finivo il romanzo lo avrebbe pubblicato. Così ho cominciato a essere di ottimo umore e, quindi, Branchie ha una prima parte molto triste e una seconda che fa molto ridere» • «Diciamo che accumulo col tempo una serie di trame. Ne ho parecchie a disposizione e poi ne scelgo una che è più adatta al momento personale che sto vivendo. Quindi è più forte. Ci può essere una storia di gelosia o una di paura, ma se la gelosia in quel momento mi affascina di più, devo scriverla» • Dice che fare lo scrittore «è il solo mestiere che ti permetta di continuare a giocare. Ma anche di stare a casa, di annoiarti e di fantasticare. In fondo continuo a fare oggi quel che facevo da bambino, quando d’una trama reinventavo innumerevoli finali, sempre attratto da storie di solitudine e incomprensione» • «Lo scrivere in se stesso è bruttissimo, la letteratura è una cosa fantastica. Scrivere è faticoso e diventa sempre più faticoso col tempo. Se ti prefiggi di fare ogni volta uno scalino magari con la mente ci arrivi, ma ti accorgi che forse i tuoi mezzi espressivi non sono abbastanza raffinati» • «Cominci a essere un personaggio alla moda. Vai a una cena e vieni riconosciuto da persone importanti, che dimostrano curiosità per te e i tuoi libri. È allora che scatta la regressione: il successo finisce per riportarti indietro, come una zavorra che ti spalma sul passato, impedendoti di guardare al futuro. Un delirio narcisistico che può farti male, perché il tuo mestiere è guardarti intorno, osservare gli altri. Guardare quelli che ballano, non stare tu al centro della pista» • Vive «in un palazzetto veneziano dal fascino un po’ cupo, grandi specchi bruniti a coprire le alte porte ora murate, che aprono a chissà quali mondi misteriosi» (Simonetta Fiori): «Mi sveglio presto, guardo un film, gioco con la playstation, leggo. Poi mi metto a scrivere fino al pomeriggio, in un dialogo continuo con i personaggi delle mie storie».
CRITICA «Ammaniti è bravissimo...» (Cesare Segre) • «Non sbaglia un colpo» (Massimo Onofri) • «È un narratore nato» (Angelo Guglielmi).
VIZI È un grande appassionato di videogiochi: «Tutto è cambiato con la playstation: quando ho visto che esisteva la possibilità di una narrazione ho cominciato a guardare i videogiochi con altro occhio» • «Ho una grandissima passione per i pesci e per gli acquari, ho moltissima musica, i miei film, tutto quello che mi astrae dalla scrittura».