Sergio Romano, Corriere della Sera 1/8/2010, 1 agosto 2010
Come si svolge un incontro politico bilaterale tra presidenti o ministri degli Esteri di due Nazioni? Come viene preparata l’agenda? Come viene gestita la riunione? C’è spazio per il rapporto umano (antipatia o simpatia) o il tutto è molto clinico e formale? Cesare Cerri cesare
Come si svolge un incontro politico bilaterale tra presidenti o ministri degli Esteri di due Nazioni? Come viene preparata l’agenda? Come viene gestita la riunione? C’è spazio per il rapporto umano (antipatia o simpatia) o il tutto è molto clinico e formale? Cesare Cerri cesare.cerri@fastwebnet.it Caro Cerri, C on qualche variante da un Paese all’altro, le cose vanno più o meno così. Il presidente o il ministro chiedono ai loro collaboratori un elenco dei problemi «pendenti», vale a dire delle questioni su cui i due Paesi stanno negoziando o hanno interessi divergenti o, più semplicemente, desiderano avere uno scambio di opinioni. Può accadere allora che il ministero degli Esteri organizzi una riunione per raccogliere informazioni. Se l’incontro è con il segretario di Stato americano e Finmeccanica sta cercando di vendere i suoi elicotteri alla Casa Bianca, sarà bene chiedere all’azienda una memoria sullo stato delle trattative. Se l’incontro è con il capo del governo di Belgrado, sarà bene chiedere alla Fiat che cosa intenda fabbricare nel suo stabilimento serbo. Se l’incontro è con Gheddafi, occorrerà avere un dossier aggiornato sul respingimento degli immigrati clandestini e sul funzionamento dei campi dove vengono rinchiusi quelli che i libici hanno intercettato nel corso del viaggio. Se l’incontro è con il ministro degli Esteri o con il presidente dell’Argentina, sarà utile fare il punto sulla questione dei tango bond, magari interpellando il rappresentante della associazione dei creditori. In ogni incontro bilaterale ciascuno dei due ha qualcosa da chiedere e deve prepararsi alle richieste dell’altro. Per scrupolo gli uffici preparano una raccolta di appunti, memorie, analisi, pareri, e la affidano al presidente o al ministro nella speranza che trovi il tempo e la voglia di leggerla. Vi è poi un’agenda dettata dalle circostanze e dai grandi temi del momento: la crisi finanziaria, la ripresa, l’Iraq, l’Afghanistan, il nucleare iraniano, la politica monetaria del governo cinese. Cito a caso fra i molti problemi dell’attualità. Le agende sono importanti, ma finiscono spesso per essere sconvolte da ciò che è accaduto nelle ore precedenti. Alla sua seconda domanda — quanto contano i rapporti personali? — rispondo che sono utili ma non sufficienti. Berlusconi ha certamente ragione quando sostiene che i suoi buoni rapporti con Putin e con Erdogan possono giovare al Paese. Anche Francesco Crispi, per fare un esempio storico, era convinto che la cordialità dei suoi incontri con Bismarck fosse una buona carta della diplomazia italiana. Anche l’alleanza anglo-americana, durante la Seconda guerra mondiale, fu costruita sulle relazioni personali fra Churchill e Roosevelt. Ma ciò che veramente conta, in un incontro fra uomini pubblici, è la reciproca fiducia, vale a dire il sentimento condiviso che gli impegni verranno rispettati e le promesse mantenute. De Gaulle e Adeneuer non si davano del tu, non si abbracciavano, non si chiamavano per nome. Ma erano una coppia politicamente perfetta. P.S. Con questa risposta la rubrica va in congedo per quattro settimane. A tutti i lettori buone vacanze. Ci ritroveremo lunedì 30 agosto.