Massimo Gaggi, Corriere della Sera 1/8/2010, 1 agosto 2010
SFILANO LE «VELONE», IL SOLITO KITSCH MA STAVOLTA INNOCUO
Non pensavo certo che, in uno dei miei recenti viaggi cultural-turisticia Ostuni, mi sarei imbattuto in una rappresentazione per me del tutto inattesa. L’invito a un dibattito architettonico e artistico da parte di uno degli architetti di punta (anche se non archistar), Giuseppe Melpignano, prevedeva le solite disquisizioni sui problemi più scottanti dei nostri tempi. Fu con mia grande sorpresa pertanto, che mi giunse l’invito da parte del sindaco a partecipare alla «passerella delle velone». Non mi si chiedeva naturalmente di partecipare alla sfilata; dovevo soltanto, benevolmente, assistervi. Ma non mi rendevo ben conto di quale atteggiamento dovessi tenere di fronte a uno spettacolo di cui non conoscevo la natura e la portata (forse malignamente esilarante). E invece «la passerella» risultò davvero imbarazzante, anche se più gradevole del previsto: si trattava infatti di un gruppo di «ragazze», o meglio giovani (ma non tanto) donne, vestite più o meno da festa, ampiamente scollate, ma non scollacciate, che si esibivano sopra un palcoscenico provvisorio installato proprio al vertice della piazza maggiore della cittadina. Non ho bisogno di ricordare lo straordinario fascino del centro storico di Ostuni, dove il «bianco su bianco» delle case dalle pareti rivestite di calce costituisce un esempio perfetto di quella architettura mediterranea e spontanea presente dalle isole dell’Egeo fino alle sponde del Salento, e più giù fino a Taranto e Reggio Calabria. Ecco dunque le ragazze un po’ attempate fare la loro apparizione muovendosi leggiadramente sulla pedana del palcoscenico improvvisato con mossette malandrine, ma del resto molto moderate, e con atteggiamenti imitanti le «vere veline», anche se molto più domestici e per nulla conturbanti. L’idea di dare vita a questa passerella (che avrebbe poi proseguito il suo percorso regionale per il piacere del pubblico locale) mi sembra un’iniziativa, da un lato almeno in parte accettabile: finalmente un po’ di humour invece del consueto sexy; un po’ di divertimento, dove la bonarietà dell’esibizionismo rimane entro i confini del lecito e quindi non offende nessuno: né le «velone» certo soddisfatte della loro apparenza non proprio anoressica, né il pubblico che non è neppur tentato di ridere alle loro spalle o alla loro coraggiosa esibizione. Le antiche feste paesane, così frequenti un tempo, in molte delle nostre regioni, sono purtroppo quasi tutte scomparse: penso alla storica «sartiglia» di Oristano con la cavalcata in costume e il cavaliere dalla maschera femminile; per non parlare naturalmente dei diversi palii come quello fin troppo storico e solenne di Siena. Ebbene, mi sembra che la passerella delle «velone» non solo non presenti più nulla di autenticamente folkloristico, né storicamente documentato e che — mi spiace di doverlo affermare — non possa che costituire ancora una volta un sintomo di quella tendenza al kitsch di cui a ogni passo constatiamo la presenza: riscattabile soltanto se chi ci si diverte — attori e spettatori — non la prende troppo sul serio.