Notizie tratte da: Karin Wieland # Margherita Sarfatti. L’amante del Duce # Utet 2006 # pp. 360, 9,90 euro., 2 agosto 2010
Notizie tratte da: Karin Wieland, Margherita Sarfatti. L’amante del Duce, Utet 2006, pp. 360, 9,90 euro
Notizie tratte da: Karin Wieland, Margherita Sarfatti. L’amante del Duce, Utet 2006, pp. 360, 9,90 euro.
Margherita Grassini Sarfatti, Venezia 8 aprile 1880, Cavallasca (Como) 30 ottobre 1961 • Ebrea, figlia di ebrei, nata nel Ghetto Vecchio di Venezia. Cresciuta «nell’incanto del giardino lagunare» del palazzo in cui vivevano i genitori, eredità di famiglia, fino al 1894, poi a Palazzo Bembo, sul Canale Grande, che il padre aveva acquistato • Il padre, Amedeo Grassini, laureato all’Università di Padova, abile dottore in legge, osservante, ricco. Dopo aver esercitato la libera professione per alcuni anni, iniziò a lavorare per il governo veneziano come consulente giuridico-finanziario. Investì poi nel potenziamento del sistema di trasporto locale con piccole imbarcazioni a motore e nella costruzione di alberghi di lusso al Lido (uno di questi era l’Hotel des Bains, reso famoso da Morte a Venezia di Thomas Mann) • La madre, Emma Levi, discendente di una famiglia triestina di scienziati e banchieri. Uno dei suoi nipoti era il professore di anatomia Giuseppe Levi, padre di Natalia Ginzburg. Emma leggeva molto, si faceva confezionare gli abiti a Parigi e si occupava della numerosa famiglia. Quattro figli: Colomba, detta Lina (1871), Marco Oscar (1873), Nella (1874) e Margherita (1880) • Infanzia lussuosa ma strettamente sorvegliata. Studi in casa, con i migliori insegnanti privati: Pompeo Momenti, Pietro Orsi e Antonio Fradelletto • Socialista fin dai quindici anni. Usciva di nascosto con la governante svizzera per andare a far visita alle famiglie povere e comprare gli opuscoletti in cui era rappresentata la miseria degli operai • Nel 1895 l’incontro con Cesare Sarfatti, avvocato ventinovenne, che sposa a diciotto anni contro l’opinione del padre • «A tredici anni mi sono innamorata della pittura, a quindici di un’idea, a sedici di un uomo. A diciassette anni ho sposato in un colpo solo la letteratura, le arti, quell’idea e quell’uomo» • Libera dalla censura paterna, inizia allora a scrivere e a pubblicare i primi articoli sull’arte su piccole riviste socialiste • Tre figli: Roberto (1900), Amedeo (1902) e Fiammetta (1903) • Nel 1902 si trasferisce con la famiglia a Milano, dove entra a far parte del salotto di Anna Kuliscioff, compagna di Filippo Turati • Quando si conobbero Margherita aveva 22 anni, la Kuliscioff 48 • Nel 1908, con la morte del padre Amedeo, Margherita ereditò una piccola fortuna e si trasferì assieme al marito in un grande appartamento in Corso Venezia • Tra la Kuliscioff e la Sarfatti regnava l’invidia e la concorrenza. Nel dicembre del 1910 la Kuliscioff scrisse a Turati che la ricca Margherita era stata da lei e aveva a tutti i costi voluto invitarla a colazione. Ringraziando, Anna aveva rifiutato. Con Turati la definiva la ricca rentière e per di più avara • Margherita voleva essere per l’arte socialista ciò che Anna era stata per la politica. A partire dal 1904 iniziò a scrivere per l’Avanti della Domenica, dal 1908 la collaborazione si fece regolare, si firmava allora con lo pseudonimo El Sereno (in spagnolo guardiano notturno) • Andava spesso a Parigi dove visitava gallerie e acquistava opere d’arte. Comprò una serie completa di litografie di Toulouse-Lautrec quando l’artista era ancora deriso da tutti • Come critica d’arte fu premiata e riconosciuta • L’amicizia con i futuristi, che Margherita sponsorizzò a lungo con articoli e finanziamenti e facendo loro da mecenate • Dal 1910 iniziò a gestire un salotto proprio in Corso Venezia, tenendo testa ad Anna Kuliscioff. La Sarfatti apriva il proprio salotto ogni mercoledì e si circondava di pittori, scultori, poeti, architetti e giornalisti. In genere era presente anche suo marito Cesare, che però si teneva in disparte o si occupava dei figli. Lei fumava ininterrottamente e, quando qualcosa non le piaceva, tamburellava spazientita con le unghie sul tavolo • Iniziò poi a collaborare con La Voce, il giornale di Giuseppe Prezzolini, mentre in politica si impegnò per l’introduzione del suffragio universale • Nel 1912, nel salotto della Kuliscioff, l’incontro con Benito Mussolini, 27 anni, maestro elementare, basso di statura, timido e impacciato, a volte trasandato, deciso a trasformare il partito socialista in un gruppo combattente e a diventare il direttore dell’Avanti • La prima volta che si trova da sola con lui, nella redazione dell’Avanti, vuole rassegnare le dimissioni al nuovo direttore. Mussolini le rifiuta. E le fa «capire, in quel modo indiretto che noi donne comprendiamo così direttamente, che gli piacevano le bionde del mio tipo» • Diventano presto amanti • Nel 1914 il figlio maggiore, Roberto, parte per la guerra. Morirà sulle montagne vicino Asolo • Nel dicembre del 1915 Margherita si schiera a favore della guerra, rompendo con i socialisti • Dopo la morte del figlio Roberto, Margherita e Mussolini trasformano il loro rapporto in una storia d’amore. Lei è distrutta dal dolore e si affida a lui sia dal punto di vista umano che politico. Intanto Mussolini aveva sposato Rachele nel 1917 • La Sarfatti e Mussolini lavoravano al Popolo d’Italia, lei come redattrice lui come direttore. Mantenevano segreta la loro relazione. Quando non potevano vedersi, si scambiavano lettere amichevoli, per non destare sospetti in Rachele e Cesare. Dopo la chiusura della redazione andavano in qualche piccolo albergo tranquillo e si amavano • Più tempo passava dalla morte di Roberto, più Margherita si calava nella parte della madre orgogliosa di un eroe. Era fermamente convinta del fatto che, se suo figlio fosse stato ancora vivo, avrebbe ricoperto una posizione importante all’interno del partito fascista. Credeva inoltre di agire a suo nome unendosi ai fascisti • In quegli anni decisivi (1918-1922) Margherita fu una delle principali collaboratrici di Mussolini, nonché suo sostegno emotivo. Possedeva un’automobile e quindi lo poteva accompagnare ovunque lui ritenesse necessario. In un’intervista del 1983 la figlia Fiammetta rivelò di avere la sensazione di aver trascorso la propria infanzia in auto • Il successo dei fascisti mutò il rapporto tra i due amanti. Margherita vigilava gelosamente sulla carriera di Mussolini. Nel frattempo si era completamente identificata con lui e con la sua politica • Una volta, alla fine del 1919, nel salotto della Sarfatti, si tenne un concerto da camera organizzato da Toscanini per una giovane violinista da lui scoperta. Quella sera Mussolina, che si dilettava con il violino, era stravaccato sul divano. Subito dopo l’esecuzione della violinista, la Sarfatti si rivolse a Mussolini, chiedendogli a voce alta: «Non vuole darci un saggio della sua abilità?» Chiedere a un autodidatta di suonare in presenza di Toscanini e della violinista era uno scherno. Mussolini infatti mormorò qualcosa a proposito di un’indisposizione. Ma Margherita lo pregò di suonare un pezzo per lei. Mussolini allora si alzò e lasciò il salotto • Quando Mussolini, ala fine del 1922, prese il potere si trasferì a Roma. La Sarfatti invece rimase a Milano. Mussolini aveva conferito a lei e a tutta la famiglia il distintivo d’onore dei fascisti • Poco prima della marcia su Roma, assieme ad altri artisti la Sarfatti aveva fondato il gruppo Novecento: ne facevano parte Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Lino Pesaro, Gian Emilio Malerba, Piero Mussig, Ubaldo Coppi, Mario Sironi. Dovevano rappresentare l’arte fascista • Margherita sapeva di non essere l’unica amante di Mussolini, e la gelosia la tormentava continuamente. Mussolini e la Sarfatti si telefonavano spesso, si scrivevano brevi lettere e si inviavano telegrammi. Quando andava a trovarlo a Roma, come succedeva per le altre amanti, doveva passare per la scala di servizio dell’hotel in cui alloggiava il Duce. Una volta diventato presidente del Consiglio, Mussolini aveva però iniziato a trascurare la sua amante. Non aveva tempo per una relazione faticosa, perché la politica lo aveva assorbito completamente. Però la faceva controllare e pretendeva che fosse al suo posto quando la chiamava. Le telefonava tre volte al giorno: verso le nove del mattino, alle tre del pomeriggio e la sera, dopo cena • Mussolini, che ai tempi del loro amore le suonava serenate di violino al telefono • Il 23 gennaio del 1924 morì Cesare Sarfatti, il marito di Margherita. Lei aveva 44 anni • Proprio quell’anno la Sarfatti iniziò a lavorare a una biografia del Duce. L’opera prese vita per lo più nella sua casa di villeggiatura e per l’inverno era già finita. Mussolini, entusiasta del progetto, la appoggiò, fornendole documenti e storie della propria vita. Nel settembre del 1925 uscì la prima edizione in Inghilterra e negli Stati Uniti. “The Life of Benito Mussolini” vendette magnificamente e già a dicembre uscì la seconda edizione. Nel giugno del 1926 uscì la versione italiana, edita da Mondadori • Grazie al suo rapporto privilegiato con Mussolini poteva escludere gli artisti sgraditi e promuovere i suoi favoriti. Si sentiva la dittatrice della cultura italiana • Nel 1927 la Sarfatti si trasferì a Roma con la figlia, prima in albergo poi in un grande appartamento di fronte a Villa Torlonia, dove viveva Mussolini. Questa vicinanza mutò il loro rapporto. Il Duce si annunciava come di consueto, desiderando la casa vuota. Se la Sarfatti aveva ospiti, fingeva di essere colta da un improvviso mal di testa e gli ospiti venivano gentilmente accomiatati. Madre e figlia lo ascoltavano a volte suonare il violino • Nel novembre del 1929 Rachele, la moglie di Mussolini, si trasferì a Roma • I rapporti tra il Duce e la Sarfatti si allentarono. Lui iniziava a non poterne più. A Roma correva voce che avesse dichiarato in modo sprezzante che la Sarfatti si tingeva i capelli, come tutte le intellettuali. Più invecchiava più il suo abbigliamento diventava vistoso. Prediligeva accostamenti cromatici stridenti, portava innumerevoli braccialetti e cappelli appariscenti • La Sarfatti, secondo il giornalista americano Kenneth Roberts «una bionda ossigenata del Nord Italia, con la voce dura e la pelle ruvida» • La Sarfatti si rifiutava di ammettere che Mussolini aveva perso interesse per lei. Dal 1929 iniziò quindi il periodo dell’autoinganno. In passato, di fronte ad amici o conoscenti, parlava raramente o addirittura mai di Mussolini. Ora aspettava solo che qualcuno pronunciasse il suo nome per esprimersi su di lui. Quando aveva ospiti e veniva chiamata al telefono, tornando da loro fingeva fosse stato il Duce, il quale l’avrebbe dovuta incontrare quel giorno stesso per un consiglio • Nel 1934 partì tre mesi per l’America, dove scrisse su Mussolini vari articoli e incontrò personaggi di primo piano • Nel 1938, una settimana prima che gli ebrei, compresa lei, fossero espulsi dal partito fascista, la Sarfatti fece le valigie e si trasferì a Parigi • «Quando l’avevo vista la prima volta era la regina senza corona d’Italia. Ora è la mendicante incoronata dell’esilio. È coraggiosa e arguta come sempre, ma piena di amarezza. Il suo amore profondo per Mussolini ha lasciato il posto a un’ostilità sconfinata» (Alma Mahler, che la incontrò a Parigi in quegli anni) • La Sarfatti visse fino al 1947 a Monte Video e a Buenos Aires, soggiornando sempre in buoni alberghi. Tornò poi in Italia, in un appartamento di un hotel a Via Veneto, a Roma. Si divideva tra la casa di Roma e la sua abitazione di campagna nei pressi di Como, dove morì il 30 ottobre del 1961