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 2010  agosto 01 Domenica calendario

TREMONTI? NON ESCLUDO ALCUNA SOLUZIONE

L’importante è sancire lafine del berlusconismo. Per questo, nelle parole di Paolo Gentiloni, deputato Pd ed ex ministro delle Comunicazioni, va evitato il voto anticipato a ogni costo. E non va escluso perfino l’appoggio a un governo Tremonti.
Il Pd offre la via d’uscita del governo di transizione. Non temete di essere marcati come il partito del ribaltone?
Di fronte all’avventura delle urne il tema non è il ribaltone ma l’unità delle forze responsabili. È evidente che siamo di fronte al fallimento di questa maggioranza che non è più in grado di affrontare i problemi economici, che è assente nelle crisi industriali ed è travolta dallo squallore delle cricche. E che non ha più il Pdl come pilastro su cui era nato il governo.
Come porterete la crisi in Parlamento, metterete alle strette i finiani?
Abbiamo già chiesto al premier di venire alle Camere ma faremo emergere la crisi anche attraverso l’iniziativa parlamentare: la più evidente ora è la mozione di sfiducia al sottosegretario Giacomo Caliendo. Non ci sono forzature o trappole verso nessuno. Ma se il premier ha deciso l’espulsione di Fini come primo atto per andare alla forzatura del voto, deve sapere che questa ipotesi potrà non avere i numeri. E che in Parlamento potrà formarsi una maggioranza diversa per un governo senza Berlusconi.
Per convincere la Lega direte sì anche a un governo Tremonti?
La pregiudiziale è prendere atto del fallimento della maggioranza e della leadership di Berlusconi: come e con quali soluzioni, sarà il capo dello stato a dirlo. Non escludo alcuna soluzione purchè sia chiaro che la transizione assolva a tre compiti: la fine del capitolo Berlusconi, la gestione della congiuntura economica e che si affronti l’emergenza morale. Con queste tre condizioni verrà fuori un governo che troverà una maggioranza. Non escludo nessuno.
Ma perfino Tremonti a cui voi imputate una crisi economica e sociale? Avete appena bocciato la manovra..
Quello che non possiamo accettare è che ancora una volta per interessi solo personali del premier il paese si pieghi a una situazione drammatica.
Il governo di transizione avrà tra i suoi obiettivi la legge elettorale ma il Pd su questo punto è diviso.
È vero c’è una discussione ma il Pd ha una posizione ufficiale, formalizzata da un voto dell’assemblea su un modello elettorale che non è proporzionale. Può darsi che un governo di transizione trovi tra i suoi obiettivi quello di una legge elettorale e il Pd avrà la necessaria flessibilità per un accordo ma dentro il bipolarismo.
Ma D’Alema parla di fine del bipolarismo.
La posizione del Pd è un’altra, formalizzata da un voto di assemblea che ha confermato l’impianto bipolare, ribadito anche dal segretario nella riunione di giovedì.
Ora che il Pdl è finito, finisce anche il Pd?
È chiaro che la rottura del Pdl e le difficoltà che senz’altro ci sono nel Pd potrebbero portare alla conclusione che sia finita la stagione dei due partiti-contenitore. Ma faccio due osservazioni. La prima è che il Pd non è l’urlo di un predellino ma un progetto nato e coltivato per più di dieci anni, ha quindi una solidità diversa. La seconda è che mi auguro – e di certo mi batterò – che il Pd non torni a essere l’evoluzione di una unica storia politica tutta chiusa nel post-comunismo. Continuo a pensare che il progetto sia valido anche se, senza dubbio, il bipolarismo con due partiti si è incrinato.