Lina Palmerini, Il Sole-24 Ore 1/8/2010;, 1 agosto 2010
C’È ANCORA SPAZIO PER RIALLACCIARE IL DIALOGO - I
l «paradosso dei paradossi». E cioè una «finale resipiscenza che porti a un accordo tra i due». Alessandro Campi, direttore di FareFuturo, molto vicino al presidente della Camera, azzarda ciò che ormai tutti hanno archiviato avventurandosi negli scenari conseguenti alla rottura tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Tutti incerti, tutti imprevedibili come gli stessi analisti e protagonisti politici ammettono. Il voto anticipato viene descritto come l’obiettivo del premier ed è certo che per «Fini il ritorno alle urne significa l’azzeramento ma per Berlusconi la strada è davvero piena di incognite». Prova a raccontarcele Campi e comincia dalla più allarmante: la delicata congiuntura internazionale che vedrebbe l’Italia particolarmente esposta in caso di elezioni. Esposta anche all’eventualità di manovre speculative sull’euro che userebbero l’instabilità politica come varco. Ma questa che è la più pesante delle incognite,non è però l’unica.
Ce ne sono almeno altre tre. La prima: per Campi il patto di ferro tra il cavaliere e Bossi potrebbe rivelarsi meno solido. «Nel rapporto tra i due c’è una forte dose di strumentalità, la Lega si è sempre mossa con ampi margini di libertà senza contare che nel suo corpo vivo c’è un buon tasso di anti-berlusconismo. Dunque, non escluderei del tutto l’ipotesi che Bossi possa dire di sì a un governo di transizione, magari a guida Tremonti, con la missione del federalismo e di una legge elettorale semi- proporzionale che gli garantisca un futuro nel post-berlusconismo». In fondo,è l’esca che prova a lanciargli il Pd inducendo i leghisti a ragionare nella prospettiva della fine di Berlusconi e del Pdl con un Porcellum che, a quel punto, sarebbe inservibile per il Carroccio.
Ma c’è un altro gradino che il premier dovrebbe scalare per arrivare al voto. «Convincere gli stessi parlamentari del Pdl. Un terzo sono eletti al Nord: è così scontato che diranno sì al votosapendo che non saranno confermati a vantaggio della Lega? ». Una domanda che certo il premier ha presente visto che lo scambio con il Carroccio si baserebbe proprio su questa "cessione" di consensi. I calcoli dei singoli sono però inafferrabili e –se e quando –l’ipotesi urne diventerà concreta, potrebbe anche esserci una campagna acquisti al contrario, anti-voto. E Berlusconi dovrebbe conoscere la fragilità umana. Terza incognita, la più insidiosa per il paese. «È chiaro che Berlusconi per avere il voto dovrà aprire una stagione di alta tensione con il Quirinale perchè l’ultimo miglio della crisi lo decide il capo dello stato, non lui. E lo stesso vale in caso di governo di transizione: immagino che la scelta del Colle verrebbe attaccata violentemente innescando uno scontro istituzionale senza precedenti».
È dunque per queste ragioni che Campi osa pensare al «paradosso dei paradossi». Da una parte, c’è Fini «che in caso di voto anticipato, verrebbe marginalizzato alle urne ma dall’altra c’è un premier che non ha certezze». Anche perchè i finiani potrebbero rendersi disponibili perfino a un governo Tremonti. «Gioco o forza, dovranno dire sì. La scelta per loro sarebbe obbligata: o mettere la testa sotto il patibolo delle urne o sopravvivere, quindi..». Ma il governo di transizione, chiunque possa guidarlo, ha una certezza che non piace a Campi. «Certificherà la fine del bipolarismo e avrà tra gli obiettivi quello di una nuova legge proporzionale che sancirà questo cambio radicale. Berlusconi rischia di essere responsabile della fine del modello bipolare e in effetti già lo è con la scelta di mettere fuori Fini». Da artefice a carnefice del modello È per questo che Campi insiste. «Tutti gli altri scenari all’infuori del paradosso dei paradossi hanno un margine di imprevedibilità e rischio altissimi per il Paese. E dunque ragionevolezza suggerirebbe di optare per un atto di reciproca responsabilità politica. Le basi potenziali di riorganizzare il loro rapporto ancora ci sono: Fini non ha fatto un partito, ha costituito dei gruppi parlamentari come conseguenza del gesto di Berlusconi ma i gruppi restano dentro la maggioranza». Certo, un premier intenzionato al voto cercherà l’inciampo parlamentare e ai finiani non resta che la prudenza «per evitare trappole e impedire di essere il pretesto di una crisi». Nel frattempo lavorare a un terzo polo con Casini e Rutelli? «La prospettiva di Fini non sta in uno schema da Palazzo ma in una novità politica sfruttando l’attenzione che ora ha su di sè e realizzando le aspettative di cambiamento. Lavorare a una squadra di quarantenni,mettere insieme legalità e riforme ispirandosi all’esperienza inglese Cameron-Clegg: qui vedo la sua prospettiva politica per poter intaccare quel 30 35% di astenuti che sono la vera posta in gioco».