BENEDETTA TOBAGI, la Repubblica 31/7/2010, 31 luglio 2010
SCRIVERE DISEGNANDO
Il nuovo romanzo? Forse c´è già. Ma è disegnato. La scrittura è stilizzata, vincono le immagini. Si chiama "graphic novel" e ora ha l´ambizione di raccontare il mondo. Non solo storie, ma la storia. Dall´Olocausto a Gaza, dalle stragi italiane alla crisi dei supereroi.
Il nome l´ha coniato Will Eisner nel 1978, ma l´oggetto esisteva da tempo, almeno in Italia: nel 1969 Buzzati pubblica il provocatorio Poema a fumetti che porta Orfeo ed Euridice nell´inferno della società dello spettacolo. Perché un romanzo a fumetti? «Mi sono illuso disegnando - spiegava - di poter dire cose che con le parole non sarei riuscito a dire abbastanza chiaramente. E poi credo che si vada verso una civiltà d´informazione sempre più visiva». Ancor prima esce Una ballata del mare salato (1967), atto di nascita del seducente Corto Maltese di Hugo Pratt, che si definiva "un autore di letteratura disegnata".
Secondo Goffredo Fofi il graphic novel è «il campo espressivo e artistico più vitale oggi nel mondo». Pensato per un pubblico adulto ed esigente, si distingue dal fumetto perché non è seriale, non ha limiti di lunghezza né vincoli di forma, esibisce una complessità narrativa e una profondità psicologica sconosciute ai comics e trova posto in libreria anziché in edicola. Nel graphic novel, parola e immagine si fondono in un corpo unico, che ha una cifra letteraria, ma - come intuì Buzzati - è figlio della crescente affermazione di una cultura visuale.
Non a caso vive in osmosi con il cinema (tra le trasposizioni per lo schermo: Sin City, V per Vendetta, 300). Mantiene però uno spazio tutto suo: il disegno non ha i limiti di budget del set. L´astrazione, l´essenzialità della linea, l´uso espressivo del colore e del bianco e nero schiudono spazi vergini all´immaginazione dell´artista come del lettore. Il disegno evoca, non descrive né illustra semplicemente - insegna Mattotti -, catalizza le emozioni e smuove l´inconscio: proprio come i misteriosi Fuochi del suo celebrato racconto espressionista. Col libro, condivide la risorsa di un tempo di fruizione libero, variabile, reversibile.
Il potenziale narrativo e sperimentale del fumetto affiora in America negli anni Sessanta. Accanto a vignette, albi e strisce di satira politica e intrattenimento, nel cuore dell´apparato industriale Usa dominato da Disney e dai supereroi della Marvel irrompe il fumetto underground: la controcultura trova in questo genere "povero" ed estraneo all´establishment culturale campo libero per innovare l´immaginario visivo e contestare l´american way of life. Un fiume carsico che aprirà crepe anche nel fumetto commerciale, tradizionale veicolo dei valori dominanti della società (come il proibizionista Dick Tracy o il Superman dell´America fiduciosa degli anni Cinquanta). Nell´era reaganiana il fumetto diventa adulto, autori raffinati come Frank Miller scavano nei traumi dei supereroi per mettere a nudo le ombre del neoliberismo e l´isteria della Guerra fredda: il Batman de Il cavaliere oscuro è scisso, tormentato, la sua sete di giustizia sconfina nel fanatismo.
Le due anime del graphic novel, il filone fantastico alla Moebius e la penetrazione cruda della realtà, spesso unita a una forte sensibilità politica e sociale, come negli argentini Muñoz e Sampayo, si alternano e s´intrecciano, specchio di una dicotomia che segna il fumetto sin dalle origini a cavallo tra Otto e Novecento, quando al brutale realismo del ghetto newyorkese di Yellow kid si affiancò l´universo immaginario di Little Nemo.
Ma i sottogeneri sono infiniti: dal bio-graphic novel (un classico è la vita del Che di Oesterheld e Breccia), al saggio (Al tempo di Bocchan di Jiro Taniguchi, storia dei grandi scrittori di epoca Meiji), agli ibridi tra ricostruzione storica e memoir, come Maus di Art Spiegelman, figlio di un sopravvissuto all´Olocausto, premio Pulitzer che ha portato il romanzo disegnato al grande pubblico. A "Mauschwitz" i nazisti sono gatti, gli ebrei topi: forse quegli animali antropomorfi toccano corde così profonde perché ci fanno tornare i bambini che leggevano Topolino, tra coinvolgimento e straniamento. E quanti hanno potuto respirare per la prima volta l´atmosfera claustrofobica di Teheran grazie alla rappresentazione stilizzata, insieme intima, poetica e politica di Marjane Satrapi, erede dell´arte affabulatoria di Sherazad?
Non sorprende che in parallelo ai successi della scrittura non fiction in cui s´impone la soggettività del narratore, si diffonda il "graphic journalism": un linguaggio che accentua il carattere "militante" dei reportage. Capofila è il maltese Joe Sacco, "giornalista inviato di guerra a fumetti" in Palestina, Bosnia e Iraq. Nell´era digitale, in cui qualsiasi immagine può essere catturata e riprodotta a basso costo, l´infedeltà della matita dà forma anche alle sensazioni e può cogliere qualcosa di più autentico delle fotografie.
Negli anni Settanta in Italia il fumetto si lega spesso alla militanza, per raccontare la realtà da prospettive inedite e a basso costo. Una stagione creativa che prosegue negli anni Ottanta, a dispetto del "riflusso". Nel 1977, mentre Paz creava Le straordinarie avventure di Pentothal, visionario reportage dall´interno del Movimento, Elfo esordì con uno Statuto dei lavoratori illustrato; oggi racconta a fumetti il proprio romanzo di formazione negli anni della contestazione (Tutta colpa del ´68): il "suo" linguaggio è perfetto per una ricostruzione storicamente accurata e insieme evocativa. L´editore Becco Giallo propone graphic novel sui misteri italiani, nel solco della controinformazione tra impegno, storia e memoria: la speranza è che possano raggiungere un pubblico giovane e sempre più disaffezionato alla lettura.
Il graphic novel, figlio della civiltà dell´immagine, oggi si trova a competere anche con i nuovi media in un mondo inflazionato di foto, filmati, animazioni, videogames. La situazione non è rosea: si fatica a vivere dell´attività di disegnatore, osserva Elfo, e questo ostacola lo sviluppo di forti personalità autoriali. Luca Boschi, tra i massimi esperti italiani, avverte che il mercato del graphic novel è assai ristretto: una tiratura di 2000 copie è già un azzardo. Se il libro è in crisi, figurarsi un genere così ricercato. Gli italiani non ci sono abituati: il grande pubblico resta fedele ai comics, i lettori di romanzi sono diffidenti. Eppure i grandi editori sono entrati nel mercato, affiancando i "piccoli" che coltivano il genere da tempi non sospetti, come Coconino. E alcuni autori italiani, come Gipi o Igort, hanno ormai varcato con successo i confini italiani, ottenendo grandi consensi anche all´estero.
L´introduzione stessa della dicitura graphic novel negli ultimi anni obbedisce a logiche commerciali, nella speranza di replicare i successi all´estero, soprattutto in Francia, dove c´è un mercato fiorente che scala le classifiche. Le definizioni lasciano il tempo che trovano. Ma il fascino della letteratura disegnata sta proprio nel rifuggire gli schemi, giocare tra forme "alte" e intrattenimento, tentare strade nuove tra sogno e realtà: è nel suo dna. Come disse Hugo Pratt: «Sono un fumettaro. Mi avvalgo di tutto quello che posso avere per dare un buon prodotto».