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 2010  luglio 29 Giovedì calendario

«BELEN INCARNA LA MODERNITÀ»

Ma davvero María Belén Rodriguez Cozzali, 26 anni, argentina di Buenos Aires, per tutti semplicemente Belén, è come l’ha dipinta Caterina Soffici sul Riformista di ieri? E cioè: «Una ragazza che non ballare né cantare, non un’attrice né una comica, una che non sa insomma fare alcunché se non mostrare in ogni posizione e sotto qualsiasi angolazione l’unica cosa che possiede: un corpo perfetto». Non bastasse, «Belén rappresenta a prescindere il marcio di questa società, anche se non avesse mai sniffato un grammo di cocaina». Sicché «credo che la gioventù italiana potrebbe fare a meno anche di Belén (oltre che di Morgan, ndr). E non solo a Sanremo».
Tanta severità colpisce Eugenio Cappuccio, già assistente di Fellini e co-autore del pregevole Il caricatore, nonché regista di due film da festival come Volevo solo dormirle addosso e Uno su due e del recente Abecedario di Andrea Camilleri, un lessico del Novecento in cui lo scrittore siciliano si racconta in chiave ironica e sofisticata. Cappuccio ha voluto Belén accanto a Emilio Solfrizzi per un film che girerà a ottobre, prodotto dai fratelli Avati e Medusa, riprese tra Roma, Puglia e Texas. Titolo: Se sei così, ti dico sì. Una commedia dalle rifrangenze malinconiche, buffa ma non comicarola, lieve ma non superficiale, almeno nelle intenzioni. Insomma d’autore. Un azzardo prendere la 26enne soubrette sudamericana? Non per il regista, classe 1961. «Belén è una figura della modernità, un fenomeno classico della civiltà dello spettacolo, dove impera il potere del corpo. Certo, è una ragazza-immagine che trovi ovunque, ma vive questo suo momento con consapevolezza e intelligenza, pure con furbizia. Tutti credono che mi sia stata imposta, chissà quante volte dovrò sentirmelo dire. Sbagliano. È una donna spiritosa, possiede una verve comica, proprio quella che intendo far venir fuori».
Cappuccio non è proprio d’accordo con l’articolo del Riformista. «Mi pare un’esagerazione. Belén rappresenterebbe il marcio della società italiana? Francamente c’è di peggio. Quanto ai giovani, penso che dovrebbero innanzitutto riappropriarsi del proprio destino. Serve morale, non moralismo. Poi saranno loro a decidere se preferiscono Morgan o Belén, magari nessuno dei due». E pensare che Belén sembrava mettere tutti d’accordo. Invece all’improvviso, dopo quelle dichiarazioni sulla cocaina rese al giudice in qualità di testimone nell’inchiesta sullo sballo notturno milanese, la donna più desiderata, sognata, ammirata dagli italiani, inclusi i bambini, è diventata un personaggio scomodo. Il sindaco di Sanremo, l’inflessibile Maurizio Zoccarato, non la vuole al festival per via della «sua incerta moralità», salvo poi ammorbidire la posizione riconoscendo che spetta alla Rai decidere. Mentre, nel montare delle critiche a Belén per via dei suoi amori scapestrati e delle frequentazioni rischiose, Caterina Soffici ironizza sugli inesistenti meriti artistici di una show-girl che avrebbe «costruito la sua fama sul niente».
Eppure non c’è solo Teleboario, L’isola dei famosi e i tormentoni per la Tim. Ad esempio, a Sanremo 2010 duettò con Toto Cutugno, nel brano Aeroplani, guadagnandosi i complimenti dei critici musicali. In primavera ha presentato su Raidue un programma di satira, Stiamo tutti bene, scritto tra gli altri da Stefano Disegni. Ha girato in Sicilia uno dei quattro nuovi episodi delle serie su Montalbano, accanto a Luca Zingaretti (si chiama Il campo del vasaio e sarà una sorpresa vederla nei panni di una dark lady che taglia in trenta pezzi un cadavere). A ottobre l’aspetta il set del cine-panettone 2010 Natale in Sudafrica, starring Christian De Sica e Massimo Ghini. E poi, a novembre, il film di Cappuccio, quasi un ingresso nel cinema dalla porta principale. Dove farà Belén senza essere Belén. «Sarà lei a scegliere il nome del personaggio», rivela Cappuccio. L’ambizione del regista è di reinventarla sullo schermo facendola interpretare una se stessa uguale e diversa. «Quando ci siamo visti l’ho trovata disponibile e sincera, aperta e attenta. Mi ha raccontato della sua fuga da Buenos Aires, nei mesi del tracollo economico, dopo aver subito un sequestro in casa ad opera di malviventi».
Nel film la bombastica Bélen si confronterà con uno sgualcito Emilio Solfrizzi. Lui è un ex cantante che ha ballato una sola estate sfornando un singolo di successo negli anni Ottanta, poi perse tutto, sperperando i soldi in una vita incasinata. Adesso fa il cuoco in Puglia, sempre ai ferri corti con l’ex moglie. Ma un revival televisivo lo porta a Roma, dove incontra per caso una ragazza sudamericana, appunto Belén, sulla cresta dell’onda. Lui la vede come una marziana, lei lo scambia per uno famoso. Nasce una strana amicizia, a un passo dall’amore, tra situazioni ridicole e risvegli dolorosi.
«A pensarci bene la storia è un confronto tra due modi di vivere il successo, due forme di popolarità, l’una bruciata in un solo episodio, l’altra amministrata con cura», spiega Cappuccio. «Ma comunque c’è sempre un prezzo da pagare che sta nel rapporto col tempo: l’autobiografia spesso diventa una merce». Il regista non vuole pronunciarsi sull’uso sporadico di droga ammesso da Belén. «No comment. Sono scelte individuali, che non mi spingono a giudicare una persona. Però le ho trovate dichiarazioni oneste, di persona informata dei fatti. Invece all’improvviso tutti ci si risveglia, un po’ ipocritamente, per urlare allo scandalo e trattarla più o meno da cocainomane incallita». Magari sono gli inconvenienti del successo. «Il divismo si alimenta di amori e odi oltre misura. Sono due facce della stessa medaglia. Belén se ne sta accorgendo sulla propria pelle».