Antonello Guerrera, Il Riformista 29/7/2010, 29 luglio 2010
«TRANQUILLI, LE CASE EDITRICI NON SPARIRANNO»
Il ciclone Andrew Wylie, l’agente letterario più potente della Terra che la settimana scorsa ha strappato i diritti elettronici dei suoi gloriosi assistiti Philip Roth, John Updike e via dicendo alle tradizionali case editrici americane, ha scosso il mondo editoriale e tutti i suoi protagonisti. Che, da ogni parte del globo, stanno ancora tremando. L’ultima notizia in ordine di tempo è un documento pubblicato dall’associazione di scrittori americani Authors Guild, con a capo nientemeno che il romanziere Scott Turow, che scarica la colpa dell’accordo “ebook” ideato da Wylie agli editori americani stessi, rei di «procrastinare l’inevitabile» e di destinare agli autori compensi pari a un terzo di quello che dovrebbero guadagnare con il nuovo accordo. Insomma, meglio stare con lo “squalo” Wylie che con i dinosauri. Intanto, il defunto Stieg Larsson ha sfondato il record di un milione di copie vendute per Kindle-Amazon.
Insomma, come profetizzavano Isaac Asimov, Guerre Stellari o Minority Report di Steven Spielberg, i tempi per una digitalizzazione radicale dell’editoria sembrano finalmente maturi. Ma se, in un’intervista a Repubblica di ieri, Mondadori, Feltrinelli e Gruppo Gems pressano per puntare al più presto sull’ebook (non a caso diversi scrittori hanno già ricevuto i loro contratti aggiornati, come Nicola Lagioia di Einaudi), nello stesso giorno Aragno e Marsilio erano molto più scettici. Come la mossa di Wylie potrebbe far credere, il digitale non sarà un suicidio per le case editrici mondiali? «Non credo proprio», dice al Riformista l’esperto Gino Roncaglia, autore de La Quarta Rivoluzione, illuminante saggio sul futuro del libro recentemente pubblicato da Laterza. «Roth e gli altri hanno accettato un contratto simile con Wylie solo perché sono autori di altissimo livello. Hanno usato l’editore sino a quando ha fatto loro comodo, poi hanno deciso di scendere dal treno».
Ieri, però, Stefano Mauri a Repubblica diceva invece che si potrebbero lanciare gli esordienti sul digitale: «I giovani possono partire con l’ebook, ma, come diceva lo stesso presidente e ad di Gems, sempre rimanendo nell’orbita di una casa editrice, magari in collane sperimentali», dice Roncaglia. «Molto probabilmente ci sarà nei prossimi anni un aumento di opere autoprodotte, ma poi sarà comunque fondamentale la mediazione dell’editore. Magari nell’ambito di un mercato cartaceo concentrato sulle alte tirature e un mercato elettronico per quelle minori. Ma, insisto, le case editrici rimarranno fondamentali. Altrimenti, chi garantirà al popolo letterario qualità, talent scouting e attività promozionali?».
Questi, secondo Roncaglia, non sono gli unici rischi che gli agenti letterari travestiti da editori comporterebbero al sistema: «Così si occuperebbero molto di più dei propri interessi, e meno di quelli degli autori assistiti». Resta una fondamentale differenza, tuttavia, tra mercato americano e quello italiano. Negli Usa Wylie schiaffeggia l’editoria, da noi l’agente Santachiara ammonisce gli scrittori a non fare la stessa cosa: «In Italia per gli editori ci sono diversi costi aggiuntivi rispetto agli Stati Uniti, come l’Iva. Ma, nonostante le apparenze, non credo che in America siano molto più avanti di noi. I prezzi degli ebook sono ancora troppo alti così come le spese del mercato digitale, dalla redazione dei file alla distribuzione sulle piattaforme Internet».
Ma c’è un enorme ma. E se, convertendosi al digitale, l’editoria facesse la stessa fine di alcune case discografiche, lacerate dalla pirateria e dalla condivisione selvaggia dei file in Rete? Roncaglia non vede tutto nero: «Innanzitutto», sostiene lo studioso, «è diversa la fruizione tra musica e letteratura. È chiaro che un ragazzino non può spendere un euro a canzone, perché così ne spenderebbe migliaia a settimana per la musica che ascolta. Mentre per un libro la questione è differente, perché leggere è un’attività che richiede molto più tempo, nonché dedizione. E quindi, tendenzialmente, i lettori sarebbero più propensi ad acquistare legalmente i libri elettronici».
Ma in Internet già circolano file pdf di libri, scaricabili gratis da programmi come eMule. Come fare per evitare tutto questo? «La pirateria c’è, ci sarà sempre e coinvolgerà sicuramente anche gli ebook. Proprio da questo punto di partenza le case editrici non devono compiere gli stessi errori delle label musicali, che hanno speso male una caterva di soldi per arginare questo fenomeno, per poi puntare giustamente su piattaforme come iTunes. Come per la musica, nel caso dell’ebook è impossibile un meccanismo di protezione. L’unica soluzione per i libri elettronici sono quindi prezzi ragionevoli, semplicità dell’acquisto e servizi one-shot aggiuntivi. Come, ad esempio, collegarsi tramite il lettore, mediante un codice, al podcast con le conferenze dell’autore, o al suo blog, o magari regalare uno sconto sui prossimi ebook». «Allora», sottolinea Roncaglia, «la pirateria diventerà marginale, ristretta ai più giovani e ai cosiddetti “maniaci dell’informazione” che accumulano ogni tipo di materiale, alla branca dei libri di testo e a coloro che non possono permettersi i libri. Ma questi pirati, più che un danno, saranno una forma di promozione per le case editrici».
Rimangono, però, alcuni dubbi sulla valanga ebook. Tipo, la possibile estinzione delle librerie tradizionali o la perdita di posti di lavoro nel settore: «Ogni rivoluzione porta problemi del genere», ammonisce Roncaglia, «si perdono posti di lavoro ma se ne guadagneranno di altri. Indubbiamente ci saranno conseguenze anche sulle librerie, che si dovranno reinventare a mo’ di biblioteche, come luogo di mediazione culturale e non solo di vendita. Secondo me, comunque, il vero rischio dei libri elettronici è un altro». Ossia? «Lo spezzettamento, all’interno dell’ebook, di certi tipi di contenuti e applicazioni esterne che potrebbero distrarre dalla lettura, con il rischio di un effetto zapping per il libro. Del resto, viviamo in un’epoca dove il ragionamento e l’argomentazione articolata sono sempre più rari».