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 2010  luglio 30 Venerdì calendario

GUERRA DI ARBITRI - A

più di un mese dall’inizio del campionato, il mondo arbitrale arde di suo. Per autocombustione appunto, essendo una faccenda tutta interna all’Associazione italiana arbitri (Aia). Per provare a capirci qualcosa bisogna tornare al marzo 2009, quando la lotta per sostituire il commissario Gussoni alla presidenza, sorrise all’aretino Marcello Nicchi, ex fischietto internazionale, sul fiorentino Matteo Apricena, ex direttore di gara di serie C. Derby vinto per un soffio, solo 8 voti di differenza: 50 virgola qualcosa contro 49 virgola qualcos’altro. Nella politica politicante ci sarebbero stati appelli al Tar per la riconta dei voti e l’invito a un quasi scontato governo di larghe intese. Gli arbitri no: hanno accettato l’esito con reciproco grande fair play – ci mancherebbe – e poi hanno iniziato a scannarsi.
DIFFICILE avere versioni ufficiali visto che l’Aia ha mutuato le regole di comunicazione da quelle di un convento cistercense: parla uno (il presidente) per tutti, e basta. Una frase detta da un arbitro senza autorizzazione al giornale locale, o Dio ce ne scampi, ad uno nazionale o ad una televisione, si trasforma quasi in automatico in deferimento e squalifica. Per fortuna, come sempre, la censura moltiplica gli spifferi, il mondo del Web ci ha poi messo del suo: i commenti su arbitri.com , pur redatti dietro copertura di nickname, dicono molto. Grosso modo, a sentire la tribù degli “apriceniani”, un minuto dopo la proclamazione del verdetto sarebbe iniziata una sorta di caccia (metaforica, è chiaro) all’uomo, con proclami da resa dei conti del genere “adesso comandiamo noi”, e cambiali pagate a chi aveva contribuito al successo, più o meno in extremis, in termini di poltrone e strapuntini e cariche ben remunerate . Esempio: una presidenza del settore tecnico, remunerata con 70 mila euro l’anno. Pochi giorni fa Apricena, rompendo “un silenzio che durava da un anno”, ha pubblicato una lettera aperta, mettendo nero su bianco malumori vari circa l’attuale gestione. Le accuse sono di vario genere: mancanza di consultazioni per le modifiche allo statuto e al regolamento, norme di funzionamento degli organi tecnici, la divisione tra Can A (affidata all’ex arbitro Braschi) e Can B (affidata all’ex arbitro Rosetti), più la Can C (affidata all’ex arbitro Farina) - oltre a “quella cosa che lascia sgomenti nella forma e nella sostanza”. Ossia? Il ruolo che il presidente Nicchi si sarebbe riservato, quello di “coordinatore degli organi tecnici, che potrà/dovrà ratificare e/o modificare le designazioni”. Un anonimissimo arbitro spiega: “Il compito del presidente Aia è quello di coordinare e vigilare sugli organi tecnici e associativi. Deve sovrintendere le gestioni, ma non può entrare nelle decisioni singole. Facciamo un esempio: Abete può scegliere Lippi, ma non può convincerlo a convocare Cassano. Da noi invece potrebbe succedere che il designatore Braschi designi l’arbitro Rossi per Inter-Lecce, Nicchi non gradisca e metta Bianchi al posto di Rossi. Ha senso? Le nomine spettano al responsabile del settore tecnico, che non ha bisogno di ulteriori ratifiche”.
All’obiezione “ma se fosse davvero così, Braschi o chi per lui si ribellerebbe”, l’anonimo arbitro sorride ironicamente e con le mani falcia l’aria come a dire: “Figurarsi”. Apricena ha anche allegato una vecchia lettera scritta dallo stesso Nicchi, datata 2007, in cui l’ex arbitro aretino accusava l’allora presidente Gussoni di aver accumulato un doppio incarico: “Uno dei capisaldi indissolubili - scriveva - è la separazione delle competenze tecniche da quelle associative. Ebbene il primo atto del commissario straordinario Figc è stato quello di riunire nella figura del presidente nazionale associativo anche le competenze tecniche della massima commissione nazionale”. Due anni dopo, sedutosi su quella poltrona, ci aveva ripensato. Alla lettera di Arpicena, condivisa con accenti entusiastici da molti arbitri della cosiddetta base, Nicchi ha risposto con un’altra, pubblicata sul sito ufficiale dell’Aia, dove si è difeso da tutte le accuse, invitando il collega a leggere bene gli atti, affermando che sorvegliare gli organi tecnici era una prerogativa del presidente, e che il cambiamento era obbligatorio dopo la separazione delle leghe, di A e di B.
QUANTO alle designazioni, Nicchi si è difeso dicendo di aver scelto i tre nuovi designa-tori “perché sul campo hanno sempre dimostrato di avere la schiena dritta”. Qualcuno ha alzato un sopracciglio, facendo notare che dopo l’esperienza alla Can C, Braschi si dimise dall’Aia andando a fare il dirigente del Siena, “beccandosi 18 mesi di sospensione poi abbonati con una sentenza vergognosa”. Ancora l’anonimo direttore di gara: “In campagna elettorale il Nicchi diceva che i dirigenti dovevano essere formati dalla base e poi portati ad incarichi importanti, poi ha fatto il contrario, chiamando a ruoli dirigenziali arbitri famosi, fino a ieri in attività”.
La chiusa della missiva, è piaciuta ancora meno: “Caro Apri-cena, chiudo preannunciando che sarà un unicuum giustificato dal tuo passato”. Come a dire: alla prossima si va alla disciplinare. E’ vero che il precedente della lettera aperta di Nicchi, ha messo per ora Apricena al riparo da possibili deferimenti, ma sul Web c’è chi è arrivato a proporre l’istituzione di un sottogruppo intitolato “Nessuno tocchi Matteo”, e a ipotizzare forme di difesa collettiva contro “il duce”, contro le campagne “in stile regime argentino”, usando toni davvero esagerati per il contesto e le persone.
C’È DA aggiungere che stiamo parlando di vertici, ma poi c’è il malcontento della base, delle 30 mila e passa giacchette nere che ogni settimana vanno a rischiare l’incolumità sui più spelacchiati campi delle periferie italiane, con rimborsi miseri (20 euro) che magari arrivano dopo cinque mesi e tariffe chilometriche vecchie e ferme da 10 anni. Ancora l’anonimo: “L’Aia è una democrazia ancora troppo giovane, abituata da sempre alla gerarchia e al controllo ferreo di tutte le informazioni. Quelle sgradite non devono uscire”. Abbiamo provato a cercare, via telefono e mail, il presidente Nicchi. Ci ha risposto con una mail dove ringrazia ma declina l’invito a intervenire. Poi la chiusa: “Qualora lei dovesse redigere un articolo sulla questione sono certo che effettuerà una verifica di eventuali fonti informative, diversamente considerando le conseguenze del caso. Molto cordialmente”. Molto cordialmente?