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 2010  luglio 31 Sabato calendario

Una vita da chirurgo degli angeli - Apre una scatola di legno e mostra gli occhiali che indossa in sala operatoria: al centro delle lenti sono applicati 2 piccoli cannocchiali

Una vita da chirurgo degli angeli - Apre una scatola di legno e mostra gli occhiali che indossa in sala operatoria: al centro delle lenti sono applicati 2 piccoli cannocchiali. «Sono gli stessi che utilizzano anche i cardiochirurghi. Io uso dai 2 ai 4 ingrandimenti», spiega il professor Maurizio Torricelli. Sorride: «Il problema è la dimensione delle mie mani. A volte mi dico che, se fossero grandi la metà, forse lavorerei ancora meglio!». In questi anni le mani di Torricelli, chirurgo degli angeli, hanno operato più di 30 mila bambini e neonati sempre più minuscoli e teneri. Milano, 27 luglio, ore 18, Policlinico-Fondazione Ca’Granda. Nella città con la maggior parte dei bambini in vacanza stringe il cuore entrare, accanto alla Mangiagalli, ospedale-culla dei neonati, nel padiglione Alfieri, dove Maurizio Torricelli, 62 anni, dirige l’unità operativa di chirurgia pediatrica. Giovani genitori dal volto provato; fiocchi rosa e azzurri troppo fragili. Molto si parla d’aborti e pillola RU486 non abbastanza di quello che, in centri d’eccellenza come questo (ma anche, per esempio, al Gaslini di Genova, al Bambin Gesù di Roma, a Padova) straordinarie equipe interdisciplinari di medici riescono a fare salvando la vita a tanti bambini con malattie o malformazioni congenite spesso diagnosticate in epoca fetale. E, miracolo nel miracolo, i sempre più numerosi interventi- l’ultima sfida della chirurgia neonatale- su «ELBWI» (Extremely low birth weight infant) ovvero bebè di peso inferiore ai 1000 grammi: nell’ultimo anno il 18% dei 100 neonati operati dal team di Torricelli. «Il piccolo che in questo momento più mi preoccupa è nato con una malformazione ano-rettale (capita in 1 caso ogni 2.500-3.000 nascite). Pesava 540 grammi. Riconosciuto il problema -la patologia neonatale della Mangiagalli diretta dal prof Fabio Mosca è di altissimo livello- ho dovuto intervenire, a 24 ore dalla nascita, deviandogli il colon in modo che scaricasse il meconio all’esterno. Ora pesa 900 grammi ma non ha un buon quadro addominale», osserva pensieroso il chirurgo. I suoi due cellulari e un telefono fisso squillano in continuazione: conforta genitori angosciati («Spesso il loro dolore m’insegue la notte a casa; certe decisioni drammatiche le vivo come una sconfitta»)e fissa nuove operazioni: «Operiamo 4 mattine la settimana. Solo con una politica d’incentivi si potrebbe avere, come avviene nel privato, più disponibilità della sala operatoria e, dunque evitare, le liste d’attesa. Ma, del resto, questi piccolissimi malati non sono “redditizzi”, i rimborsi sono ridicoli, quindi di loro non si occupano le strutture private». Cresciuto tra i bambini (è figlio di un pediatra) Maurizio Torricelli non ha fatto una scelta di vita comoda anche dal punto di vista remunerativo. Anni di specializzazione, ritmi pazzeschi. Le sue giornate cominciano alle 7.45 con un briefing prima di entrare, alle 8, in sala operatoria. «Oggi? Ho fatto 6 interventi, cose relativamente modeste, su 4 bambini e 2 neonati». Con il suo team di 9 medici e 18 infermieri («Grande squadra, credo di aver trasmesso la mia passione») Torricelli, per autodefinizione «un talebano dell’intramoenia» - garantisce 24 ore le emergenze, segue il decorso post-operatorio e partecipa al delicato lavoro di «counseling» con le famiglie. «Noi viviamo molto insieme ai neonati e ai loro genitori. Abbiamo anche dovuto imparare a comunicare», dice Maurizio Torricelli. «Prima che, giustamente, s’introducesse il "consenso informato" e non esisteva ancora la diagnosi prenatale, soprattutto noi chirurghi ci limitavamo a dare informazioni generiche. Oggi la realtà è diversa; ci siamo dovuti attrezzare. Quando con il neonatologo, il genetista, il ginecologo e lo psicologo incontriamo questi i genitori abbiamo il dovere di rispondere a tutte le loro domande e, per tutto il tempo necessario. In certi ospedali il pomeriggio non ho visto un solo medico nei reparti; forse sono un fanatico ma la chirurgia neonatale o la fai così o è meglio fare altro».