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 2010  luglio 30 Venerdì calendario

LA CRISI DELL´EURO NON È FINITA, GOVERNI ATTENTI" - ROMA

Se si guarda alle quotazioni dell´euro di questo scorcio di luglio, la moneta europea pare godere ottima salute. Ieri ad esempio, per la prima volta da maggio, ha persino riconquistato quota 1,31 sul dollaro e la notizia è stata debitamente segnalata da tutte le agenzie di stampa. Eppure da qualche giorno la comunità finanziaria internazionale sembra tutt´altro che rassicurata dalla performance del cambio: «La crisi non è finita. Governi attenti», questo il lietmotiv. Ecco allora il Financial Times riferire della creazione di una task-force messa in piedi dall´Isda, l´International swaps and derivates association, per studiare le conseguenze legali e finanziarie sui derivati e sui bond dell´eventuale uscita dall´accordo di cambio di qualche paese di Eurolandia. Herald Tribune dedica al futuro dell´euro un editoriale in cui nota che i leader Ue sono passati dal "panico" dei giorni terribili di metà maggio, quando la speculazione colpiva senza tregua la Grecia e i paesi deboli della zona euro e le Borse di tutto il Continente crollavano, all´ "autocompiacimento" di oggi. Ammonisce: «Questo è pericoloso. La crisi non è alle spalle. Nessuno dei problemi di base della moneta è stato risolto», a cominciare dagli abissali squilibri di bilancio tra i 16.
Nella sua analisi, il quotidiano non solo menziona anche l´Italia insieme ai Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) ovvero i paesi-maiale e dunque più a rischio secondo l´ormai famoso, dispregiativo acronimo anglosassone. Ma soprattutto fornisce le indicazioni di ciò che i governi dovrebbero fare per voltare pagina. «Scelte dolorose», così le definisce, nella convinzione che i piani di austerità e la ripresa economica da soli non bastano a risolvere i guai. Le opzioni poste sul tavolo includono tra l´altro un aumento delle tasse, un taglio ulteriore dei servizi e il rinvio degli investimenti pubblici, oltre naturalmente a sanzioni politiche e finanziarie per chi viola i tetti al deficit e al debito. Ma «non sarà facile» perché «molti dei leader Ue sono politicamente deboli» o «assenti». La speculazione, invece, è sempre in agguato, pronta a colpire chi è più debole.
Ed è per questo che gli operatori si stanno attrezzando. Di qui appunto la task force chiamata a «prendere in considerazione ciò che potrebbe essere necessario fare se un paese dell´Eurozona venisse espulso», si legge sul Financial Times. Pur riconoscendo che si tratta di una eventualità «remota», tuttavia gli esperti ascoltati dal quotidiano della City assicurano che la crisi dei debiti sovrani ha spinto banche e altre società finanziare a cominciare a studiare la questione e i suoi possibili effetti.
In un altro articolo comparso sullo stesso giornale si ricorda non a caso che il rapporto debito-Pil della Grecia, nonostante l´austerity varata dal governo Papandreou, sarà a quota 150 per cento nel 2013. E si ricorda pure che Spagna, Portogallo e Irlanda, sebbene tutti con un debito più basso di quello greco, avranno una crescita minima quest´anno e il prossimo: in questo caso, l´Italia non è menzionata.