Simone Di Meo, Panorama 7/8/2010, 7 agosto 2010
QUANTO COSTA UN CLAN
La camorra cambia pelle. E con l’uscita di scena dei vecchi padrini, morti ammazzati o sepolti in carcere da decine di ergastoli, il potere passa a figli e nipoti. Giovani, pregiudicati e spregiudicati, come Marco Di Lauro, l’erede del boss Paolo Di Lauro (detto «Ciruzzo ’o milionario» e in carcere dal 2005), che a 30 anni appena è nell’elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia per omicidio e traffico di droga.
Di Lauro jr, raccontano gli ultimi pentiti del clan, si è appena autotassato di 300 mila euro per pagare gli stipendi agli affiliati,
dopo un sequestro di 1 milione di euro in contanti che aveva messo a rischio la tenuta finanziaria dell’organizzazione. L’aumento di capitale ha sortito gli effetti sperati, tanto che nel giro di un mese il clan è tornato in attivo di 870 mila euro.
Nel libro mastro della cosca, sequestrato nell’appartamento di un picciotto alla fine di giugno, sono annotati anche gli stipendi dei fratelli del giovane capo: ad Antonio, 18 anni, vanno 16 mila euro al mese. La contabilità della camorra comprende un fondo cassa perfino per i gelati, per le spese di falegnameria e per la voce «corruzione degli sbirri»; nel maggio scorso, secondo il documento, le «divise sporche» sarebbero costate almeno alcune migliata di euro.
Che i figli di Ciruzzo ’o milionario fossero stati avviati, fin da piccoli, a percorrere le orme del genitore l’aveva raccontato per primo il pentito Maurizio Prestieri: «Cosimo, il primogenito, nei progetti del padre viene allevato per essere un malavitoso... C’è un vero e proprio addestramento da parte del padre al figlio, in cui Paolo Di Lauro cerca di inculcare a Cosimo il proprio modo di essere camorrista, fatto di sostanza e non di apparenza». Un altro figlio di Paolo Di Lauro, Salvatore, è stato arrestato il giorno dopo il diciottesimo compleanno e condannato a 10 anni di carcere per associazione mafiosa.
C’è poi Raffaele Amato jr, elemento di vertice degli scissionisti, che ha cercato di ingannare i pm che gli davano la caccia organizzando il finto ricovero in ospedale di un suo sosia, per avere così campo libero e fuggire a Barcellona. Amato jr, che ha 19 anni, prima di finire in manette nel maggio 2009 si occupava di import-export di stupefacenti tra Napoli e la Spagna. Agli ordini dei nuovi padrini ci sono decine di minorenni, quasi tutti sconosciuti alle forze dell’ordine. Cani sciolti, che preoccupano gli stessi malavitosi più anziani, come emerge da un’intercettazione ambientale in cui un camorrista si lamenta con un amico perché «le armi sono state messe in mano ai ragazzini».
È la mutazione genetica della criminalità organizzata, come riferisce un babykiller di Secondigliano che sta collaborando con i magistrati antimafia. Si chiama Carlo Capasso e ha ucciso per la prima volta a 17 anni. Oggi che ne ha 22, però, ha chiesto la protezione allo Stato, perché i suoi ex amici volevano eliminarlo. Grazie alle sue dichiarazioni sono stati identificati mandanti ed esecutori dell’omicidio di Attilio Romanò, trucidato per sbaglio da un cecchino ventenne che al suo battesimo di sangue ha aperto il fuoco su un innocente. Un altro killer giovane e, inevitabilmente, inesperto.