ALESSANDRO ALVIANI, La Stampa 30/7/2010, pagina 33, 30 luglio 2010
Bret Easton Ellys: American Psycho sono io - Sarà che sono passati ormai quasi vent’anni dalla pubblicazione di quel romanzo che l’ha fatto entrare nella ristretta cerchia dei più famosi scrittori statunitensi contemporanei
Bret Easton Ellys: American Psycho sono io - Sarà che sono passati ormai quasi vent’anni dalla pubblicazione di quel romanzo che l’ha fatto entrare nella ristretta cerchia dei più famosi scrittori statunitensi contemporanei. Sarà che, col sofferto trasloco da New York a Los Angeles, ha deciso di smetterla con le droghe. O forse, molto più semplicemente, sarà che la fatidica soglia dei cinquanta si avvicina anche per lui. Fatto sta che Bret Easton Ellis, l’autore del controverso romanzo American Psycho, ha deciso di confessarsi. American Psycho in realtà sono io, ha ammesso in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit. Tradotto: il leggendario Patrick Bateman, lo yuppie dalla doppia vita - eccentrico broker di Wall Street di giorno e sadico omicida di notte - altri non è che Ellis stesso. «Per anni ho rilasciato una dichiarazione che era facile da credere: Bret ha scritto il libro perché voleva riflettere su Wall Street e sugli yuppie. La verità è che ho riflettuto su me stesso. American Psycho è un romanzo molto personale e autobiografico», ha rivelato. «Concordavo e concordo ancora oggi con molte delle opinioni e dei sentimenti» di Patrick Bateman. Insomma «mi identifico con lui e adesso che l’ho ammesso mi sento bene». Da un lato tale confessione aiuterà a far luce finalmente sul personaggio su cui Ellis ha ricalcato la figura di Bateman: per lungo tempo, del resto, lo scrittore ha spiegato di essersi ispirato al padre, Robert, con cui ha sempre avuto un rapporto difficile («sono cresciuto con accanto una figura paterna molto instabile, il che mi ha reso un bambino molto inquieto, incline alle fantasie», ha spiegato). Dall’altra, però, l’equazione Bateman uguale Ellis non aiuterà forse l’autore statunitense a risolvere un problema che lo perseguita da quando ha pubblicato American Psycho, nel 1991, e, prima ancora, nel 1987, Meno di zero, storia del giovane studente Clay e delle sue vacanze di Natale a base di sesso, droghe e violenze nella Los Angeles Anni Ottanta. Le persone che incontro, ammette, mi scambiano con Patrick Bateman e con Clay, ma «hanno anche paura di Bret Easton Ellis, diventano nervose e si comportano in modo strano». Una reazione che ora probabilmente non cambierà. Patrick Bateman, incarnato sul grande schermo da Christian Bale e diventato dalla sua nascita letteraria il paladino di decine di gruppi di death metal, che lo citano a più non posso nei loro testi, è l’incarnazione dell’anti-eroe maledetto. Straricco, superficiale, ospite fisso dei migliori ristoranti di New York, attentissimo ai capi d’abbigliamento indossati dai colleghi di lavoro, che descrive con estenuante dovizia di particolari, ha una pulsione sadica che lo trasforma di notte in un serial killer dedito a fare a pezzi prostitute e colleghi. Non a caso la storia editoriale di American Psycho è stata travagliata. Al suo arrivo in Germania, ad esempio, il romanzo fu messo all’indice perché troppo brutale e arrivò nelle librerie soltanto nel 2001, dopo un braccio di ferro giuridico durato anni. Ora nelle librerie tedesche si appresta ad arrivare il nuovo lavoro di Ellis, Imperial Bedrooms, il capitolo secondo di Meno di zero. Palcoscenico dell’azione è tra l’altro l’appartamento di Ellis a Los Angeles, un’abitazione che era destinata originariamente a un giovane poi morto all’improvviso e che lo scrittore non vende perché, ammette, «a causa della recessione vale la metà di quello che l’ho pagato». Imperial Bedrooms, che in Italia dovrebbe essere pubblicato da Einaudi a fine ottobre, è già uscito negli Usa, dove viene pubblicizzato con un controverso gioco interattivo online in cui si impersona uno sceneggiatore senza scrupoli alle prese con un’aspirante attrice. Clay, infatti, non è più uno studente, bensì uno sceneggiatore di successo, «molto più di successo di me», scherza Ellis, che non vuole sentir parlare però di un prosieguo di Meno di zero. «Qui non si parla dell’estate del 1984, quando Clay torna dal college, questo romanzo ha a che fare con Clay oggi, 25 anni dopo». E Clay è cambiato, come il suo creatore, uno scrittore diventato un po’ meno maledetto: «Ho smesso di prender droghe» e «non bevo neanche vino o birra, al momento mi piace molto la tequila», confessa. «Non mi interessa più molto andare in un night club o assumere droghe per tutto il weekend. Forse sto solo invecchiando».