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 2010  luglio 30 Venerdì calendario

ARIZONA, PROTESTE E ARRESTI PER LA LEGGE ANTI-IMMIGRATI —

Davanti al municipio Sheila, ventenne bionda acqua e sapone, sembra la tipica manifestante pro diritti civili, una sostenitrice della decisione del giudice Bolton di sospendere l’applicazione delle misure più dure della legge anti-immigrati varata dall’Arizona. E invece sta protestando per la causa opposta: «Con questa gente che arriva e accetta un salario di due dollari l’ora, quando lo troverò un lavoro?».
La protesta contro la legge è più avanti, presso gli uffici dello sceriffo della contea: poche centinaia di manifestanti fronteggiati dalla polizia in divisa antisommossa. Molti vengono arrestati per aver invaso la sede stradale della Washington Avenue.
Lo stop imposto dalla corte federale di Phoenix alla norma che impone alla polizia di ricercare i clandestini e di arrestarli non ha chiuso la partita: la governatrice Jan Brewer ieri ha presentato ricorso alla corte d’Appello di San Francisco. E i primi sondaggi dicono che solo il 10% dei cittadini dello Stato condivide la decisione del tribunale che ha giudicato parti della legge SB 1070 contrarie alla Costituzione che riserva le regole sull’ immigrazione ai poteri federali. L’82% avrebbe voluto vedere la legge applicata.
«La decisione di ieri è un sollievo, non una vittoria: abbiamo solo guadagnato tempo. Ora è Washington — governo e Congresso— che deve fare la sua parte», mi dice il sindaco di Phoenix, Phil Gordon, nel suo ufficio all’undicesimo piano della torre municipale, proprio di fronte a quella della banca Wells Fargo che, curiosamente, ospita al suo interno gli uffici dello sceriffo Joe Arpaio, nemico giurato del sindaco.
I cittadini di Phoenix hanno eletto senza problemi un sindaco democratico, campione della lotta contro la criminalità ma anche protettore degli immigrati, da lui considerati una ricchezza per la vita economica della città, e un capo della polizia repubblicano e ultraconservatore, che da tre anni è impegnato in una crociata contro i lavoratori clandestini. I suoi metodi sbrigativi hanno indotto il sindaco — è la prima volta che accade con un «primo cittadino» non di origine ispanica — a chiedere la rimozione del suo sceriffo: «Per questo ho pagato un prezzo elevato, politico e non» racconta Gordon. «Sono stato attaccato e sottoposto a indagini di ogni tipo».
Ma ora, mentre Arpaio sta compiendo uno dei suoi raid dimostrativi— 200 vetture della polizia che setacciano la periferia latina di Phoenix con telecamere al seguito — il sindaco ragiona sugli sbocchi possibili di questa situazione. «Le angherie dello sceriffo sono intollerabili, ma se vogliamo rispondere all’esasperazione di chi considera quella degli immigrati una concorrenza sleale perché chi non ha documenti accetta qualunque salario, dobbiamo arrivare a una regolarizzazione del fenomeno che non può che passare attraverso un intervento federale».
Una sanatoria era stata proposta qualche anno fa, quando l’economia era ancora florida, dal presidente George Bush che, però, fu bloccato dal suo stesso partito. Oggi per Obama è ancora più difficile perché la forte crescita della disoccupazione negli Usa spinge molti a chiedere il rimpatrio forzato degli stranieri accusati di «togliere lavoro ai nostri concittadini». Fino a ieri si diceva che gli immigrati svolgevano incarichi rifiutati dagli americani, come la raccolta della frutta e dell’insalata nei campi o le pulizie negli alberghi. Alcuni conservatori, però, ora sostengono che la crisi porterà molti disoccupati ad accettare mestieri più umili. E’ un argomento cavalcato anche dallo sceriffo Arpaio: «Considero offensivo sostenere che un giovane americano non può lavorare in campagna. Io da ragazzo raccoglievo foglie di tabacco in Massachusetts. E con molti latinos che se ne stanno andando, già vedo più giovani americani dietro i banchi dei fast food».
Il sindaco Gordon scuote la testa: «Non ha senso: nessun bianco accetta di andare a raccogliere frutta sotto il sole a 45 gradi». Anche l’altro argomento economico usato dai conservatori — i contribuenti pagano 2,5 miliardi di dollari per le spese scolastiche e sanitarie delle famiglie degli immigrati senza documenti— non lo convince: «Sono situazioni da regolarizzare, ma già oggi molti clandestini pagano le tasse e, comunque, la loro fuga sta già producendo grossi danni economici: centri commerciali che chiudono, un pezzo del patrimonio immobiliare della città abbandonato, che perde valore, imprese che faticano a trovare gente disposta a fare alcuni lavori».
Insomma adesso tocca a Obama, ma per lui questa è un’altra questione incandescente da affrontare. Il suo metodo— cercare di spingere la gente a ragionare con fredda razionalità - qui rischia di funzionare meno che altrove. «Le confesso una cosa che da politico non dovrei mai dire, una cosa che fa perdere voti— mormora Gordon — Almeno qui nel West è molto diffusa la sindrome dello scorpione. Quello che nella favola uccide la rana che lo sta traghettando dall’altra parte del fiume perché questa è la sua natura. Molti si innamorano delle proprie idee e non le cambiano nemmeno quando dimostri loro che sono sbagliate, che non sono nel loro interesse».
Massimo Gaggi