Maria Teresa Meli, Corriere della Sera 30/07/2010, 30 luglio 2010
FERRARA: SILVIO SBAGLIA E PAGHERA’ UN PREZZO. OGGI LA SUA ANOMALIA PRODUCE INSTABILITA’ —
L’altro ieri sera Giuliano Ferrara ci ha provato ancora a convincere Berlusconi alla tregua, ma non era aria. Anche la supercolomba Gianni Letta, raccontano, si era arreso.
Ferrara, come giudica la decisione di Berlusconi?
«È un errore. Berlusconi pagherà un prezzo notevole perché è brutta l’immagine di un leader politico che caccia una persona che dice di pensarla in modo diverso da lui e di voler continuare lealmente a collaborare dentro lo stesso partito. Per Berlusconi sarà sempre più difficile porsi come lo stabilizzatore e il riformatore politico di questo Paese e come "rassembleur": questa è una scelta che lo condanna di nuovo a un’immagine di forte faziosità e di populismo spinto».
Veramente Ferrara non capisce perché lo abbia fatto?
«Io gli ho sempre consigliato di non rompere perché pagherà un prezzo troppo alto. Detto ciò, ammetto che c’è qualcosa di intellettualistico e di astratto in questo mio giudizio perché in realtà la questione che ha posto Fini è una questione esistenziale per la leadership berlusconiana». Ossia? «All’inizio Fini gli aveva detto: tu ti sei preso il corpo di An, hai fatto questo partito unico, io sono presidente della Camera, metto su un pensatoio e cerco di costruire il mio futuro dopo di te, tra molto tempo, delineando una destra diversa da quella anomala che rappresenti tu, ma lo faccio con gli intellettuali. Poi però, siccome Berlusconi ha respinto con asprezza anche questo, Fini ha cominciato a organizzare un’altra cosa: un conto lavorare con Filippo Rossi e Alessandro Campi, un conto è mettere in piazza Briguglio, Granata e Bocchino e teorizzare la necessità di una corrente organizzata fino alla sfida aperta. Con questo Fini ha contestato l’essenza di Berlusconi, perché lui non usò a caso l’espressione "discesa in campo", che è diversa da "entrare in politica". La sua è una partita personale con questa triangolazione: io, il popolo italiano e un sistema istituzionale da cambiare. Fini gli ha detto "questa identità non va più bene, si fa politica in un partito politico" e questo vuol dire che Berlusconi non è più il profeta ma il segretario generale. Gli ha prospettato una cosa che lui vede come il diavolo: un partito politico tradizionale secondo un modello che spegne quel fuoco nella pancia che in Berlusconi deriva dall’idolatria di se stesso. E così, effettivamente, ha ottenuto dei risultati in questi quindici anni: ha riformato nella prassi il sistema politico italiano» . Rottura definitiva, secondo lei? «Rompono, ma poi dovranno rimettersi insieme e fare insieme le elezioni sennò sarebbe un suicidio per entrambi. E allora perché non fare una separazione consensuale, un divorzio razionale? E invece no, Berlusconi ha scelto la lite».
Berlusconi sostiene che Fini dovrebbe anche lasciare la presidenza della Camera.
«È una questione molto spinosa, quella della presidenza della Camera. Non si può dire che non abbia fondamento l’osservazione di Berlusconi, c’è una maggioranza che ha eletto Fini, e adesso questa maggioranza sostanzialmente lo sfiducia, però la prassi costituzionale non lo prevede, peraltro non prevede tante altre cose che dice Berlusconi. I presidenti del Parlamento sono cariche dello Stato e non incarichi politici, quindi si produrrà un altro conflitto tra la visione sbrigativa di Berlusconi e quella un po’ parruccona di Fini. Comunque il problema vero è un altro: io non vedo lo sbocco di tutta questa vicenda». Non lo vede nessuno... «Capirei di più se Berlusconi dicesse "non mi fanno governare perché adesso mi tolgono il legittimo impedimento con la Corte costituzionale, vogliono assolutamente stroncarmi con le iniziative della magistratura, il Pd sta riprendendo le vecchie trame ribaltonistiche e se ne frega del risultato delle elezioni, io perciò ho bisogno di un nuovo involucro politico e quindi rompo con Fini per fare le elezioni e per riformare la Costituzione". E poi c’è la domanda delle domande che però va fatta se si è onesti». Se la faccia e si dia una risposta. «L’anomalia Berlusconi ha prodotto delle cose importanti, ma ha ancora delle cose da dire al Paese? Berlusconi... e ora cito grandi personalità della storia, ma non vorrei che questo fosse troppo eccitante per lui, non è Metternich, che disegna una mappa e crea un sistema di equilibrio. Però, vorrei dirgli, è dura essere Napoleone, che poi si sa come è finito: a Sant’Elena. Non puoi fare una crisi dietro l’altra, alla fine di questa parabola berlusconiana ci doveva essere il lieto fine stabilizzatore. Se lui riuscisse in questa legislatura, ma mi sembra un po’ tardi, a portare a compimento un processo di maturazione del suo rapporto con le istituzioni, se facesse un po’ pace anche con i vecchi meccanismi pure impolverati... Sulle intercettazioni per esempio poteva trovare una maggioranza presentando il ddl Mastella, ma niente. Lui rimette sempre tutto in discussione: è un gioco molto rischioso che mette in luce che l’anomalia berlusconiana oggi produce più che altro instabilità».
Nel frattempo Berlusconi è impegnato anche su un altro fronte, quello della giustizia.
«Io sono furioso per questa degenerazione da Stato di polizia della giustizia italiana. Mi sono così arrabbiato sulla storia P3. Dico, dimostratemi che c’è la corruzione, ma non c’è, non c’è nessuna prova, allora tirano fuori l’associazione segreta. Abbiamo già fatto l’esperienza nel ’94: la cospirazione contro lo Stato della P2 si è sgonfiata come una bolla di sapone, tutti assolti, e si trattava di una loggia massonica con gente molto diversa da Pasquale Lombardi. Ecco, anche se dovessi stabilire che tutto quello che fa Berlusconi è errato politicamente, il solo fatto che sia l’ultimo baluardo contro una logica di quel tipo, contro lo Stato di polizia, me lo fa scegliere come uomo politico da sostenere».
Maria Teresa Meli