Raffaele Niri, il venerdì 30/07/2010, 30 luglio 2010
LA MIA SEICENTO TRISTE, CHE MEZZO SECOLO FA FECE ARRABBIARE LA FIAT
In vita sua ha fatto arrabbiare tutti. «Sarà stato il ’63» racconta Flavio Costantini, «l’ufficio pubblicità della Fiat mi commissiona i disegni per lanciare la nuova Seicento. Mi portano in gran segreto a vedere l’utilitaria bianca, butto giù i primi schizzi, li
mando a Torino. Mi chiamano, allarmatissimi, gli ingegneri: “La
macchina va benissimo, ma attorno ha disegnato solo gente triste”.
Per forza, rispondo, se ho la Maserati sono un uomo felice. Ma se ho la Seicento sono triste. In questo mezzo secolo, dalla Fiat non si è più fatto vivo nessuno».
Oppure gli animalisti. «Mi hanno tempestato con decine di lettere offese: ho disegnato tori neri, brutti e cattivi, e toreri radiosi e felici di colpirli a morte. Caciaroni, non hanno la più pallida idea di come funzioni una corrida». Tra lo zar e i bolscevichi, poi, non ha dubbi: «È stato uno scannatoio, quelle quattro figlie candide massacrate col medico dello zar, assurdo. Lo ammetto, sono un integralista. Di centro». Con il suo amico del cuore, Lele Luzzati, in cinquant’anni ha litigato una volta sola: «Detesto quegli illuministi imbecilli, e poi Voltaire era pure antisemita: una delle figure più bieche dell’umanità. Lele scuoteva dolcemente la testa, mi faceva parlare, io ci provavo a baccagliare con lui, ma poi crollavo».
Tutti i mercoledì mattina, per una vita intera, Flavio Costantini
– 84 anni, un’esistenza passata a disegnare anarchici in azione e Titanic che affondano – partiva da Zoagli (e, prima, da Rapallo) per andare a pranzo da Luzzati, nella casa genovese dove l’artista era nato e dove era poi tornato, dopo l’esilio svizzero dovuto alle leggi razziali. E tutti i martedì notte questo rissoso, irascibile capitano di lungo corso prestato – e mai restituito – alle arti non riusciva a dormire «per l’emozione di incontrare, l’indomani, il mio Lele».
Adesso, a due anni dalla morte, il suo amico Luzzati lo ospita di
nuovo: dieci anni dopo l’ultima grande mostra alla Triennale
di Milano, Flavio Costantini, uno degli ultimi maestri contemporanei, torna a esporre anarchici e corride, Rivoluzione francese e scrittori al Museo Luzzati di Porta Siberia, in pieno Porto antico genovese. In questi giorni Costantini sta scegliendo tra le opere vecchie e quelle nuove (moltissime) duecento quadri per La veglia della ragione genera i mostri. «È un titolo che mi piace e sarebbe piaciuto al mio amico Leonardo Sciascia. Del resto il fascismo ha ereditato almeno lo Stato liberale. Noi abbiamo ereditato il fascismo, e solo quello: sono passati cinquant’anni e, ancora, non si parla d’altro».
Sciascia è uno dei pochi che Costantini salva. Con D’Annunzio,
Manzoni e Pascoli. Gli altri, Maestro? «Calvino lo detesto: raffinato, antipatico, le città invisibili erano insulse. Lo riconosco, era un grande scrittore, ma lo metto tra i dannati. Carlo Levi non esiste, Natalia Ginzbug non l’ho mai potuta soffrire e Moravia scriveva in un italiano pessimo». Maestro, sta abbattendo, come birilli, tutti i Mostri sacri. «Continuo anche nelle altre arti? Zavattini era un regista superfluo, come Eduardo che ha massacrato il teatro italiano e passa per eroe. E, se vogliamo parlare di urbanistica, eliminerei col lanciafiamme Trinità dei Monti e tutti quelli che scattano fotografie e prendono il sole».
Proviamo a salvare qualcuno? «Sciascia, ovviamente. Gli bastava un’occhiata per capire tutto. Me l’ha portato in casa un grande fotografo, Ferdinando Scianna, è diventato la persona con cui ho comunicato di più in vita mia. Tra i Padri, naturalmente, salvo gli autori dei Promessi sposie del Piacere. Dolente, lì ci fermiamo».
E il Novecento? Un secolo da saltare. Anche se poi, andando a
vedere i dettagli, la mostra genovese raccoglierà- da settembre a novembre - non solo le tauromachie, gli anarchici, il Titanic, gli zar, le ultime tavole sulla Rivoluzione francese, ma anche ritratti degli scrittori, dei politici, una selezione di disegni per Mayakovsky, Dostoevsky, Lorenz più un particolare percorso, nato dalla collaborazione tra Costantini e Luzzati, chiamato Una notte all’opera, con dodici ritratti di musicisti realizzati da
Costantini e i relativi progetti scenici creati da Luzzati.
«È un sodalizio artistico che continua, come un tempo» spiega
Sergio Noberini, che del Mil, il museo internazionale Luzzati è
direttore e motore instancabile. «Costantini mostrerà il suo lavoro nella nuova casa Luzzati, anche se la sede più giusta per l’esposizione forse sarebbe stata un museo d’arte contemporanea. Ma la suggestione di dare continuità a un legame fortissimo e indissolubile ha prevalso sulla logica». E poi, Costantini è il presidente dell’associazione Mil onlus, dà pareri, idee, indirizzo alle scelte dei programmi. Nei pranzi del mercoledì, Noberini era spesso chiamato a prendere appunti, in un angolo, in religioso silenzio. «È quasi un dovere per me, per il museo che dirigo, testimoniare il loro patrimonio artistico» spiega Noberini, «mentre per Luzzati questo impegno vive e ravviva da tempo programmi di ogni genere, con un forte bisogno di rendere scientificamente più esplorabile e fruibile la sua opera, è ora di rendere un omaggio come si deve a Costantini, protagonista e autore di opere che meritano di essere conosciute, lette, respirate».
Del resto, gli spazi del Mil a Porta Siberia si connotano sempre di più come cantiere di linguaggi, museo dell’arte applicata, officina didattica in dialogo con le altre realtà nazionali e internazionali analoghe. Insomma, esattamente com’era Luzzati e com’era la sua casa di via Caffaro, da cui si dominava tutta Genova: un cantiere solare, improntato all’ottimismo.