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 2010  luglio 29 Giovedì calendario

MEDICINA, IL LAVORO È (QUASI) GARANTITO

Lavorare in emergenza passando le giornate -e le nottate- a completa disposizione di un numero di telefono breve e perentorio come il 118. O indossare il camice verde e trascorrere ore sotto il neon asettico delle sale operatorie e tra i monitor delle stanze di rianimazione. Le professioni sanitarie non sono certamente mestieri per tutti. Sangue freddo, estrema precisione e competenza, passione sono sicuramente doti necessarie per intraprendere gli studi medico-sanitari. Ma certamente sono anche le discipline che nel mercato del lavoro rendono di più, dal punto di vista occupazionale e remunerativo.
Secondo i dati del consorzio interuniversitario AlmaLaurea il 79,8 per cento dei laureati di primo livello in Medicina e Chirurgia nell´anno solare 2008, intervistati ad un anno dal conseguimento del titolo, ha già un lavoro. Si tratta della percentuale più alta dei laureati che trovano un impiego in un lasso di tempo così breve dopo la laurea: un record. Con la prima busta paga i novelli infermieri poi non si possono lamentare: sempre secondo AlmaLaurea tra i laureati pre riforma in Medicina e Chirurgia che hanno conseguito il titolo nella sessione estiva del 2006 e del 2004, il guadagno mensile netto è pari a 1.380 euro a un anno dalla laurea e 1.942 euro dopo cinque anni. Così si assicurano lo stipendio più alto di tutti gli altri colleghi. Ma chi è lo studente tipo che si iscrive alla facoltà di Medicina e chirurgia per poi scegliere la strada delle professioni sanitarie? Dal profilo tracciato da AlmaLaurea, su dati che riguardano i laureati di primo livello del 2009, emerge che il 33,9 per cento di chi sceglie una professione sanitaria è di sesso maschile, netta presenza femminile quindi. Il 34, 6 per cento di chi si iscrive proviene in maggioranza da una scuola superiore di tipo tecnico, dal liceo scientifico arriva il 39 per cento del futuro personale ospedaliero, soltanto 7 studenti su cento hanno precedentemente frequentato il liceo classico e il restante 28,7 per cento proviene invece da un altro tipo di diploma o da studi all´estero. Per rispondere alla grande domanda di professionisti sanitari l´università italiana è ben attrezzata con 38 facoltà di Medicina e Chirurgia: tra queste la migliore secondo le classifiche del Censis è quella di Padova che si è distinta per i giudizi favorevoli sia riguardo ai rapporti internazionali che alla ricerca, non trascurando produttività e soprattutto didattica. Da poco infatti è stato attivato il nuovo indirizzo umanistico che mira ad insegnare agli studenti ad avere una visione olistica: al centro del rapporto col medico non c´è più la malattia ma il paziente stesso.
Per questo motivo sono state inserite anche nuove materie di studio come la Filosofia morale e l´Italianistica affinché i dottori sappiano rapportarsi in maniera adeguata con le persone da curare. Per Giorgio Palù, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell´università di Padova il successo risiede in diversi aspetti: «Da diversi anni seminiamo iniziative eccellenti come la certificazione Iso 9001, gli accreditamenti internazionali, i nuovi sistemi audiovisivi di insegnamento come i podcast delle lezioni scaricabili in rete, i controlli telematici delle aule.
Per incentivare la scelta di percorsi finalizzati alla ricerca scientifica, dal prossimo anno accademico sarà inoltre avviata la nuova Scuola di biomedicina Pietro d´Abano. Si tratta di percorso di laurea e dottorato (md-phd) che consente, attraverso l´acquisizione di crediti formativi durante l´iter universitario, di ottenere il titolo di Dottore di ricerca in due anni anziché tre». Questa iniziativa è una vera novità per l´Italia: a Padova il primato nazionale è stato già conquistato. Ora si guarda all´estero.
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